Milano, fine anni Sessanta. Umberto è un adolescente che decide di farsi crescere i capelli, i professori lo guardano storto e puntandogli l’indice in fronte gli suggeriscono di tagliarli. Un gruppo di suoi compagni di classe lo chiude in bagno, minacciando i suoi ciuffi con un paio di forbici da barbiere. Lui urla, si dimena e dopo pochi minuti gli amici fricchettoni scardinano la porta, entrano ed è subito rissa. Secondo Felice Pesoli tutto è cominciato lì, da una banda di capelloni che ha deciso, senza troppa coscienza politica, di minare quell’ideale conservatore di mascolinità che i genitori avevano ben ereditato dai loro padri, quarant’anni prima.