“CAMP DE MACI” DI EUGEN JEBELEANU

Diretto da Eugen Jebeleanu (al suo esordio cinematografico), Camp de Maci prende ispirazione da un evento realmente accaduto a Bucarest, nel 2013, quando alcune proiezioni di film LGBTQ+ vennero interrotte da gruppi di manifestanti omofobi.

Sfruttando l’evento reale e ponendolo sullo sfondo della vicenda, Camp de Maci racconta di Cristi (Conrad Mericoffer), un ragazzo che vive due vite distinte. Nella vita pubblica è un poliziotto, esponente di un’istituzione ancora visibilmente maschilista; nella sua vita privata, Cristi è omosessuale (dichiarato solo in famiglia) e fidanzato con Hadi (Radouan Leflahi). Proprio durante la visita del fidanzato francese, Cristi viene chiamato sul lavoro per intervenire durante la protesta di un gruppo omofobo che ha sabotato la proiezione di un film LGBTQ+. Tra il caos della folla e le urla dei manifestanti nazionalisti, le due vite del protagonista si incrociano quando tra i manifestanti  incontra un ex amante, che compromette il segreto sul suo orientamento sessuale.  

Nella prima parte del film la situazione è coinvolgente. Non sappiamo pressoché nulla sulla vita del protagonista: le uniche informazioni che ci vengono fornite sono che Cristi è un poliziotto gay, evidentemente in crisi per questa situazione. Nonostante abbia informato la famiglia del proprio orientamento, non riesce a fare altrettanto con i suoi amici e compagni poliziotti. Certo, “poliziotto omosessuale” è un binomio pericoloso per un paese come la Romania, in cui la comunità LGBTQ+ lotta tutt’oggi in difesa dei propri diritti. Denunciare una società fondata sul maschilismo e la eteronormatività è infatti tra gli obiettivi del regista. L’idea è fare un film e che, attraverso il racconto di ciò che accade a un ragazzo comune, stimoli una riflessione più ampia sulla difficile condizione in cui vive la comunità LGBTQ+. Il protagonista – vittima dello stereotipo che vede nel corpo di polizia rumeno una sorta di “incarnazione” della mascolinità – rappresenta più in generale il conflitto e la vulnerabilità di questa comunità, rumena e non. Cercando di mascherare la sua storia e la sua reale identità, Cristi non affronta il problema e si autocensura, faticando a ottenere il proprio posto nella società.

La tensione incalzante e i presupposti della vicenda suggeriscono allo spettatore che presto accadrà qualcosa. Ma nulla accade. Cristi non cambia, rimane lo stesso, proprio come tutti i personaggi del film. La storia si arresta e con lei anche il protagonista. Per quanto provocatoria (e onestamente un po’ irritante), la scelta del regista fa sì che Cristi, e con lui o spettatore, resti imbrigliato nel suo disagio e nelle sue preoccupazioni. La cornice sociale lo costringe a un conflitto interiore molto intenso, del quale, letteralmente, sembra non potersi liberare.

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