“RETRATROS FANTASMAS” di Kleber Mendonça Filho

Nel film di esordio di Kleber Mendonça Filho, Il suono intorno (O Som ao Redor, 2012), c’è una scena in cui due giovani visitano un cinema abbandonato e il sonoro evoca i film che in passato venivano proiettati in quella sala. Attraverso la dimensione sonora, le immagini si manifestano come spettri, echeggiando in spazi fatiscenti e dimenticati, per comunicare con i vivi. L’ultima opera del regista brasiliano, Retratos fantasmas – presentato nel Concorso Documentari Internazionali alla 41ª edizione del Torino Film Festival – si basa su questa stessa idea di ritorno delle immagini.

Mendonça Filho realizza un film personale, in cui racconta la sua vita a Recife, mostrando i primi lavori amatoriali, realizzati dentro casa sua, parlando del suo rapporto con le immagini, il cinema, i filmati VHS, le fotografie e i materiali di repertorio. Dopo una prima parte interamente ambientata nell’appartamento in cui ha girato diverse sue opere, il regista racconta la storia delle grandi sale della città natale e la dimensione collettiva della fruizione cinematografica che ormai è un ricordo novecentesco. Retratos fantasmas diventa così un racconto al contempo intimo e pubblico del rapporto con il cinema.

Come in Aquarius (2016) – in cui una donna veniva presa di mira da una società immobiliare senza scrupoli, interessata ad acquistare l’appartamento dell’ultima persona rimasta nello stabile da cui prende il titolo il film – Mendonça Filho mostra i processi del cambiamento urbano e architettonico di Recife e il fenomeno della gentrificazione, che ha modificato la geografia urbana con la costruzione di altissimi palazzi residenziali e la chiusura di numerose sale cinematografiche, lasciando il posto a chiese e centri commerciali. Un cambiamento che ha eliminato molti dei luoghi fisici a cui appartenevano le immagini analogiche, spazzandone via la matericità e costringendole a vagare come fantasmi nel presente.

Come nella scena dei due giovani nell’edificio abbandonato di Il suono intorno, le immagini vagano dunque come spettri infestando i luoghi a cui erano legate in vita. Lo si vede anche in una scena di Retratos fantasmas in cui la protagonista di Aquarius entra in un negozio di elettrodomestici installato negli spazi di una ex sala cinematografica del centro di Recife. Ma Mendonça Filho non rimpiange il passato, perché le immagini, assumendo nuove forme e vivendo in nuovi contesti, si manifestano come uno spettacolo immortale.

Fabio Bertolotto

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