Archivi categoria: Torino Film Festival

“Sexx” di Davide Ferrario – Conferenza Stampa

Cosa vediamo quando guardiamo? Che rapporto si stabilisce tra l’osservatore e la cosa guardata?

Affollata la Conferenza stampa odierna per il film Sexxx, inserito nella sezione Festa Mobile / Palcoscenico. Presenti il regista Davide Ferrario, il coreografo Matteo Levaggi, il direttore della fotografia Fabrizio Vacca e Paolo Manera, direttore della Film Commission Torino Piemonte.

Il regista ha raccontato di aver visto il balletto Sexxx di Levaggi per una casualità, e per la curiosità suscitata dal titolo. Positivamente affascinato dallo spettacolo, ha voluto subito far sapere al coreografo che sarebbe stato disposto a filmarlo.

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“Strange Days” di Kathryn Bigelow

Los Angeles, 31 dicembre 1999. All’alba del nuovo Millennio le tensioni e il caos regnano in una città militarizzata e schiava di una nuova droga, potente e inarrestabile, “deck”, capace di trasmettere esperienze altrui registrate su mini-disc e collegate direttamente al cervello dei fruitori. Lenny Nero (Ralph Fiennes) è il maggiore spacciatore di “esperienze” in circolazione, ma quando riceve una clip che contiene un deck con la verità sull’omicidio del rapper Jeriko One, leader della nascente rivolta afroamericana, la sua vita prende una piega pericolosa.

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“La decima vittima” di Elio Petri

La decima vittima sarà una satira del mondo attuale, una trasposizione allegorica di aspirazioni di inquietudini dell’oggi dove verranno fustigati certi costumi, la ferocia dei rapporti individuali e collettivi, l’arrivismo sociale dei tempi moderni”   E’ con queste parole che Elio Petri presenta il suo film nel 1964.

La decima vittima, che viene proiettato nella retrospettiva “Cose che verranno”, è tratto dal racconto La settima vittima di Robert Sheckley, edito in Italia nell’antologia Le meraviglie del possibile. E’ sceneggiato tra gli altri da Ennio Flaiano e Tonino Guerra ed è magistralmente interpretato da Marcello Mastroianni e da Ursula Andress. Forse è uno dei pochi film italiani di fantascienza degni di nota: un insieme di commedia e dramma, azione e satira, di surrealismo e pop art. D’altra parte, sono evidenti anche le parentele con la tradizione della commedia italiana. 

La narrazione è fortemente surreale. Siamo in un ipotetico futuro in cui è stato creato il Ministero della Grande Caccia, un organo che controlla l’inseguimento e la lotta tra due antagonisti, un cacciatore e una vittima i quali fanno a gara a chi toglie per primo la vita all’altro. Ricompensa per  il cacciatore che uccide la propria decima vittima è una consistente somma di denaro e la vincita del titolo di decathlon. Una delle sequenze più surreali e avvincenti del film è quella della sfida tra Caroline (Ursula Andress) e Marcello.

Scelta perfetta degli sceneggiatori e del regista è quella di ambientare la sequenza finale a Roma, nel Tempio di Venere. Le rovine dell’antichità diventano il teatro di una vicenda ambientata in un futuro prossimo, per dimostrare che la violenza e il piacere provocato da essa appartengono a tutte le epoche. Questo è un forte spunto di riflessione che il film, con toni leggeri, cerca di sollevare, denunciando il sistema capitalistico nel quale viviamo. Gli uomini sono oggetti facilmente rimpiazzabili da altri, e uccidersi vicendevolmente è un atto legittimo e necessario per la convivenza pacifica. C’è un nemico predestinato, e deve necessariamente essere eliminato. 

Film più che mai attuale, allegoria di una realtà e di una società tipica dei nostri giorni. Emblematica la leggerezza con la quale Marcello ride della (finta) morte di Caroline: “Lei ha perso perché non ha bevuto una doppia razione di tè Ming!”.

“Dead Slow Ahead” di Mauro Herce

Mauro Herce, di origine catalana, al suo debutto da regista ci propone Dead Slow Ahead, un lungometraggio che – è stato detto in sede di proiezione, con il regista presente – è stato “conteso” fino all’ultimo tra la sezione “Cose che verrano” per il suo carattere fantascientifico e la sezione Tffdoc che infine è riuscita ad aggiudicarselo. Continua la lettura di “Dead Slow Ahead” di Mauro Herce

“Luce mia” di Lucio Viglierchio

Luce mia è il film di Lucio Viglierchio presentato nella sezione Festa Mobile della 33° edizione del Torino Film Festival. Il regista racconta, con sguardo documentaristico, il periodo trascorso in ospedale a causa di una malattia: la leucemia mieloide acuta. Viglierchio punta l’attenzione sul dolore provocato dalle cure, sull’isolamento terapeutico e su come, estinto il morbo, la vita sia cambiata inevitabilmente. Ma di fronte alla nascita di una figlia, il regista capisce che bisogna seppellire i tristi ricordi del passato per ricercare un equilibrio che permetta di sentirsi ancora vivi.

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“Borsalino City” di Enrica Viola

Borsalino City, della sempre molto fornita sezione Festa Mobile, è un documentario diretto da Enrica Viola e prodotto dalla UNA Film. Il film ripercorre la storia della ditta Borsalino; fondata ad Alessandria nel 1857 da Giuseppe Borsalino, ottenne fama internazionale con il Grand Prix del 1900 tenutosi a Parigi. Pochi mesi dopo, Giuseppe – che aveva studiato l’arte del cappellaio in giro per il mondo – morì, lasciando la Borsalino in eredità al figlio Teresio Borsalino. È in questi anni che si creò una faida all’interno della famiglia, con la scissione del cugino di Teresio, Giovanni Battista Borsalino, il quale fondò una nuova ditta chiamata Borsalino Fu Lazzaro; da questa faida nacque l’idea che forse, il vero inventore del cappello Borsalino, non era stato Giuseppe, ma suo fratello Lazzaro (il padre di Giovanni Battista). Teresio lasciò la ditta di famiglia in mano al nipote Teresio Usuelli, durante il cui mandato si festeggiò il centenario della nascita della ditta Borsalino, nel 1957; sono i loro discendenti, tra cui Vittorio Vaccarino, che raccontano le faide, le imprese e i ricordi della loro impresa di famiglia.

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“La felicità è un sistema complesso” di Gianni Zanasi

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Enrico Giusti fa un lavoro utile: avvicina incompetenti dirigenti d’azienda, li ascolta, ne diventa amico, e infine li convince a cedergli l’azienda che non sono in grado di dirigere. La sua bravura consiste nel far credere che sia stata una loro idea. È il migliore nel suo campo, ma un senso di colpa lo perseguita: saranno davvero tutti cavallette?

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“Rak ti khon kaen” (“Cemetery of Splendour”) di Apichatpong Weerasethakul

– Mi hanno detto che ha un’amante. Riesci a vedere dove la tiene nascosta?
– Riesco a vedere solo la sua vita passata.
– Focalizzati sul presente, per favore. Voglio saperlo.

Una moglie tradita siede al capezzale del marito in coma in compagnia di una giovane sensitiva la quale, come lo zio Boonmee, si ricorda le vite precedenti. Ci troviamo nel piccolo ospedale di un villaggio dell’entroterra thailandese. Lo stesso villaggio in cui è cresciuto il regista Apichatpong Weerasethakul (la madre era medico in una struttura molto simile) e in cui ritorna dopo aver vissuto e lavorato negli Stati Uniti.

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“Mountain” di Yaelle Kayam

Il Monte degli Ulivi, per tradizione biblica, è il luogo in cui Dio farà rinascere i morti quando sarà giunta la fine dei secoli. Dirupi e rocce delineano un paesaggio composto da tortuosi e labirintici sentieri costellati da un numero imprecisato di lapidi. Una casa scavata nella roccia separa il mondo dei morti da quello dei vivi. In questo luogo trascendentale e spirituale vive Tzvia (interpretata da Shani Klein), la protagonista del nuovo lavoro di Yaelle Kayam: Mountain.

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“Suffragette” di Sarah Gravon – Conferenza stampa

Se ieri sera la proiezione del film Suffragette ha inaugurato il 33° TFF, stamattina la prima conferenza stampa dell’edizione 2015 ha visto protagonista lo stesso film.  A rispondere alle domande dei giornalisti erano presenti la regista Sarah Gravon, la sceneggiatrice Abi Morgan, e una delle due produttrici, Faye Ward.

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The Press conference: Suffragette Opens 33 TFF Press Conference

Article by: Danila Prestifilippo                                                                                     Translation by: Roberto Gelli
Not only was Suffragette shown yesterday evening to inaugurate 33th TFF, but also the film was the protagonist of the first press conference, which took place this morning. Film director Sarah Gavron, screenwriter Abi Morgan and one of its producers Faye Ward answered journalists’ questions and explained the film goals and the choices they made, in order to create the short film.

Muad (Carey Mulligan), a female worker, is the protagonist. She is a fictional character and fights together with other women, who represent really existed historical feminists like Emmeline Pankhurst (Merylin Streep). As director Gavron pointed out, the aim of this semihistorical approach was to make a connection between the women, who were given the mocking name Suffragettes and started their battle for their right to vote hundred years ago and modern women, who are still struggling with salary discrepancy, sexual violence and for their right to children protection and tutoring.

Suffragettes social movement has fought for fifty years but, if it is true that the first forty years had been a pacific struggle, in the following sixteen months the fight became more violent and cruel and almost none knows about it. The absence of films that tell us about the violence these courageous women had to endure, played a great role in persuading Faya Ward and Alison Owen to produce the film. Faya Ward stated: “We wanted the public to be aware of the importance of the sacrifices and the success related to Suffragettes fight. We also wanted to underline how their results are effective in nowadays society. We have tried to give modern spectators some contact points, in order for women not only to be politically active, but also to encourage them to be and become what they really feel they are or they could be. Our attempt was to give voice to those, who were not yet given their chance on the big screen.”

Abi Morgan, who had already been the screenwriter of movies such as The Iron Lady, emphasized that the challenge was to choose a really meaningful example of woman’s life and be able to put it in a precise historical context. She said: “On the one hand the character of Muad underlines the role of lots of passive supporters who became activists, on the other hand it investigates the reasons which persuaded women like her to put their jobs, their families and their homes at risk, in the name of a civil right”. The film focuses on the political matter and puts in the foreground these courageous protagonists, so the decision to not examine in depth personal stories was due to the fact that there are not enough literary or movie material at disposal, to which one can refer to. With reference to that, Morgan added that it was much more important to end the film with information about Saudi Arabia and its 2015 law concerning women right to vote only if accompanied by men, rather than to think at some sort of dramatization of Maud in the Hollywood style.

Sarah Gavron gave some further meaningful figures: “Still today, 66 million of women worldwide have no right to vote, 2/3 are illiterate and only 22% hold public offices. It says that the face of poverty is female and unfortunately these figures confirm it”.

The film’s aim is not only political and historical, it concerns the social matter too by denouncing and preventing the high young people abstaining rate, above all among women. Director Gavron told about the reaction of most of the female audience attending Suffragette’s introduction meetings. As she had hoped, after seeing the film, they expressed their wish to vote again because it made them aware of the sacrifices made by British feminist movement. She also reported that the troupe film (almost completely composed by women) wanted to give a clear signal during the film shooting, so they symbolically demonstrated against government by obtaining the permission to film in the House of Parliament in London, that same institutional place, which had declared against women right to vote.

Asked about a possible way to increase female presence in all sectors, starting from institutional offices, Abi Morgan answered: “We have to introduce the concept of positive discrimination and keep insisting about the importance women have within a context implying equality of the sexes. Geena Daves said “See in order to Be”: we need to have a radical attitude, to leverage the mass media but, in order to be successful, women complicity is essential”.

Faye Ward ended the press conference by making a consideration about the fact that Suffragette is a film of women who fight for their right to vote but “today the concept of fight may imply different ways. Each one of us can be what he wants to be, and this is true for both genders and all races. It is enough that we find our own voice and utter our words in every place, in political institutions or other kind of institutions.

“Sayat Nova” (“Il colore del melograno”) di Sergei Parajanov

Sayat Nova è un poeta armeno del 18° secolo, un troubadour che cantava i suoi versi in tre lingue diverse, un monaco che trascorse la sua vita nella sofferenza e nel tormento (come viene ripetuto più volte durante il film), innamorato della principessa Anna della Georgia.

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“Kilo Two Bravo” di Paul Katis

Ottima opera prima dell’inglese Paul Katis, dopo una gavetta trascorsa con cortometraggi. Il film è basato su fatti realmente accaduti a Mark Wright e ad una piccola unità di soldati britannici di stanza in Afghanistan, su un crinale vicino alla diga Kajaki dam.

Una pattuglia di tre uomini si propone volontaria per rompere un blocco stradale talebano. Nel letto di un fiume prosciugato, uno di loro fa accidentalmente detonare una mina, perdendo una gamba. Questo innesca una trama tesa e claustrofobica in cui inquadrature di ampi spazi deserti forniscono una sensazione di accerchiamento e prigionia.

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“February” di Osgood Perkins

Si dimostra una rivelazione Osgood Robert “Oz” Perkins, figlio dell’attore Antony Perkins, con la sua prima opera da regista: February, un horror thriller. In precedenza lo avevamo visto come attore in Psycho II e più recentemente nel ruolo di sceneggiatore in The Girl in the Photografs.

February è sicuramente un film che crea atmosfera. In sala si percepiva il gelo pungente delle strade innevate, così bianche che trasmettevano un senso di serenità, ma con la sensazione che non sarebbe durata a lungo. Infatti ben presto queste stesse strade sarebbero state deturpate da strisce rosse di sangue.

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“A Matter of Life and Death” (“Scala al Paradiso”) di Michael Powell e Emeric Pressburger

“Questioni di vita e di morte”, la sezione presentata dal Guest Director Julien Temple, non poteva che aprirsi con il film dal quale ha preso il suo titolo, A Matter of Life and Death (titolo italiano: Scala al Paradiso), realizzato nel 1946 da Michael Powell e Emeric Pressburger, regista il primo e sceneggiatore il secondo, considerati tra i massimi esponenti del cinema britannico.

Julien Temple propone una riflessione sulla vita e sulla morte come due condizioni dell’esistenza estremamente connesse tra loro, alle quali spesso il pensiero umano cerca di sfuggire, ma che bisogna, prima o poi, avere il coraggio di affrontare.

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“Interruption” di Yorgos Zois

Oggi la Grecia è un paese socialmente e culturalmente in crisi, eppure il cinema nazionale è sempre molto attento nel monitorare questa crisi e nel coglierne ogni minimo segnale di movimento. Non esiste una vera e propria Scuola che riunisca la nuova generazione di cineasti greci, ma ciò non significa che non siano presenti caratteri comuni alle diverse poetiche.

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“Things to Come” (“La vita futura”) di William Cameron Menzies

Nell’immaginaria città anglosassone Everytown è in corso la seconda guerra mondiale: guerra iniziata nel 1940 e che proseguirà fino al 2040. Questa è la ragione per cui i cittadini stessi, nipoti e i bisnipoti, non si ricordano nemmeno i motivi per i quali tale guerra fosse iniziata. Il film Things to Come è stato diretto da William Menzies, uno dei maggiori scenografi della storia del cinema, che crea un gioco visivo tra utopia e distopia.

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“The Time Machine” (“L’uomo che visse nel futuro”) di George Pal

Londra, 1899. George è un brillante inventore che mette a punto un sorprendente marchingegno in grado di viaggiare nel tempo. Così inizia ad esplorare il futuro, a vedere i progressi ma anche gli orrori degli uomini (due, addirittura tre guerre mondiali). Il suo percorso lo porta lontano 800.000 anni rispetto al presente, in un futuro in cui l’umanità è divisa tra gli angelici e ingenui Eloi del mondo esterno e gli spietati e mostruosi Morlock, abitanti dei bassifondi della Terra.

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“Mia madre fa l’attrice” di Mario Balsamo

Mario Balsamo, dopo il successo di Noi non siamo come James Bond, vincitore del premio della giuria al TFF30, ritorna sulla scena torinese con un altro spaccato della sua vita: il documentario Mia madre fa l’attrice, uno dei quattro film italiani in concorso quest’anno al Torino Film Festival. Continua la lettura di “Mia madre fa l’attrice” di Mario Balsamo

“God Bless the Child” di Robert Machoian e Rodrigo Ojeda-Beck

“Hush bye bye, don’t you cry, go to sleepy little baby, when you wake you shall have all the pretty little horses…” Harper ha solo quattordici anni. Canta la ninnananna la sera, e la mattina accudisce quattro fratelli: Elias, il ribelle di 12 anni, Arri (8 anni), Ezra (5 anni) e Jonah di 2 anni. Essere la sorella maggiore non è una punizione ma lo diventa se mamma è altrove, persa in un periglioso conflitto con la propria autostima.

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