“Yellowbird” di Christian de Vita

Yellowbird è la parola inglese per indicare “canarino”. Il protagonista del lungometraggio di animazione di Christian de Vita (storyboard artist di Fantastic Mr. Fox di Wes Anderson e di Frankenweenie di Tim Burton) viene chiamato così per la maggior parte del film, anche se non è un canarino.


Impaurito dal resto del mondo, questo uccellino, forse un aquilotto, vive isolato sotto le macerie di una casa abbandonata in compagnia di una materna coccinella (Ladybug) e un branco di conigli non parlanti (a differenza del resto dei protagonisti). Nonostante Ladybug lo sproni a esplorare ciò che gli sta attorno e a liberarsi delle sue paure perlopiù immotivate, il piccolo rapace presenta una specie di blocco psicologico fino al momento in cui la sua cara mamma adottiva finge di trovarsi in una tale situazione di pericolo da costringerlo ad inoltrarsi nel bosco che li circonda. Lo stesso giorno in cui mette la zampa fuori dal nido incontra un uccello migratore in punto di morte, che poco prima di esalare l’ultimo respiro gli rivela la rotta che dovrà far seguire al suo stormo affinché possano migrare in Africa durante il freddo inverno europeo.
Dopo brevi ma intensi ripensamenti, Yellowbird decide di guidare questa bizzarra famiglia di volatili verso il caldo.
Durante il tragitto si verificheranno gravi errori di rotta (a tal punto che arriveranno addirittura al Polo Nord), innamoramenti più o meno rivelati, litigi, svelamenti e incontri particolari.
Alla fine il piccolo Yellowbird riuscirà nel suo compito non per la sua (in)capacità di orientamento, ma grazie all’ingegno e a una brillante idea rispetto alla tradizionale migrazione ornitologica.
Così otterrà infine un nome vero e proprio (Sam) da quella che diventerà la sua nuova famiglia.
A parte la piacevolezza della narrazione che ha divertito e coinvolto i bambini in sala, ma non solo loro, un bel messaggio viene veicolato da questa storia di crescita, maturazione e liberazione dai soliti schemi: il protagonista, nel passare da una famiglia adottiva a un’altra, amato e aiutato sempre e comunque, scopre chi è veramente in ambienti dove nessuno è uguale a lui, ma non per questo viene considerato inferiore, anzi sarà persino eletto a guida.
Un passaggio delicato che credo possa rimanere nelle menti dei bambini e che dovrebbe servire nella futura società in cui viviamo e vivranno.

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