“I GIORNI E LE OPERE” DI FRANCESCO DONGIOVANNI

I giorni e le opere, il documentario di Francesco Dongiovanni in concorso al TFF nella sezione Italiana.Doc, si modella come il perfetto incontro di due anime. Peppino, silenzioso  uomo di campagna, si muove placido sul confine sfocato tra passato e presente. Dongiovanni lo segue a distanza, come nella timorosa accortezza di non calpestare quella delicata linea di confine tra le due dimensioni, che sembra sopravvivere soltanto nella figura di Peppino. Il lavoro sapiente dell’allevatore è certamente al centro del film, ma la mano del regista non passa inosservata: i campi lunghi e silenziosi, anche quando paiono deserti, sono abitati dal dondolio tipico della camera a mano. E così gli orizzonti si piegano e si sformano impercettibilmente e quella solitudine dei luoghi appare ancora più pregnante.

L’attrazione di Dongiovanni per la mitologia classica – sottolineata in apertura dalla citazione dell’interpretazione virgiliana del mito delle Età – traspare limpida dalle pieghe delle aride terre pugliesi, che sembrano impregnate di genuine verità. Tuttavia i campi murgiani non sono altro che una cornice, sfondo del volto umano del documentario. Non una singola inquadratura relega al fuoricampo l’elemento antropologico: quando non si tratta dello stesso Peppino, sono i dimessi caseggiati, le cadenti recinzioni, i macchinari.

Il protagonista si mostra nel corso di cinque differenti giornate, costantemente all’opera, così meticoloso nel suo lavoro da sembrare quasi del tutto noncurante della presenza dell’obiettivo. Gli unici momenti in cui appare intimidito da quel corpo estraneo che tanto incuriosisce gli animali del suo allevamento, sono le rare pause in cui si ferma a fumare, ritagliandosi un istante che è solo suo e in cui la macchina da presa gli si avvicina, sfiorando pericolosamente la sua intimità. Eppure tutta la sua fatica, così rigorosa e solitaria, antico fondamento del sostentamento del popolo, dà l’impressione di non avere utilità: un ciclo infinito di azioni fine a se stesse, destinate a ripetersi, inquadrate con ritmi assonnati da più punti di stazione. Il mutismo del protagonista e il suo tempo che trascorre solitario, lo chiudono in una dimensione che pare sussistere da sola. Il resto del mondo riecheggia distante: è il viavai lontano delle macchine veloci, sono le foto e i trofei dei tornei di kick boxing ormai appartenenti al passato, è il dipinto della mucca sulla parete della stalla. Non è un caso che il regista sia rimasto affascinato dal murales, tanto da presentarlo in apertura di ogni giornata, mostrandone sempre un taglio diverso. È proprio quell’occhio languido sul muro, traccia del passaggio di qualcun altro, così fuori luogo in un posto che pare abbandonato a se stesso, che spezza l’isolamento mistico del podere e della persona, riportando lo spettatore nella realtà.

De I giorni e le opere colpisce la delicatezza della mano di Dongiovanni, che, seguendo l’insegnamento di Straub e Huillet, si posa senza forzature sulle giornate di Peppino, senza predarle, come farebbero invece coloro che, al posto della macchina da presa, credono di usare una macchina da preda.

Ada Turco

I GIORNI E LE OPERE (Italia, 72’, colore, DCP/file)
regia montaggio e fotografia Francesco Dongiovanni
con Peppino Maiullari
assistente alla regia Donato Laborante
suono Roberto Salahddin Re David, Graziano Cammisa
assistenza tecnica Vincenzo Pastore
organizzazione generale Rosario Milano
produzione Murex (Finanziato dalla Regione Puglia nell’ambito dell’iniziativa La Puglia per Matera 2019)

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