Borsalino City, della sempre molto fornita sezione Festa Mobile, è un documentario diretto da Enrica Viola e prodotto dalla UNA Film. Il film ripercorre la storia della ditta Borsalino; fondata ad Alessandria nel 1857 da Giuseppe Borsalino, ottenne fama internazionale con il Grand Prix del 1900 tenutosi a Parigi. Pochi mesi dopo, Giuseppe – che aveva studiato l’arte del cappellaio in giro per il mondo – morì, lasciando la Borsalino in eredità al figlio Teresio Borsalino. È in questi anni che si creò una faida all’interno della famiglia, con la scissione del cugino di Teresio, Giovanni Battista Borsalino, il quale fondò una nuova ditta chiamata Borsalino Fu Lazzaro; da questa faida nacque l’idea che forse, il vero inventore del cappello Borsalino, non era stato Giuseppe, ma suo fratello Lazzaro (il padre di Giovanni Battista). Teresio lasciò la ditta di famiglia in mano al nipote Teresio Usuelli, durante il cui mandato si festeggiò il centenario della nascita della ditta Borsalino, nel 1957; sono i loro discendenti, tra cui Vittorio Vaccarino, che raccontano le faide, le imprese e i ricordi della loro impresa di famiglia.
Ma il documentario non si concentra soltanto sulla ditta di Alessandria, ma sul ruolo sociale ricoperto dai cappelli da metà dell’Ottocento fino a metà Novecento; infatti, per un centinaio d’anni è stato possibile riconoscere la classe sociale delle persone in base al cappello che avevano in testa. Non si usciva mai senza il cappello, e molte foto e film dell’epoca lo dimostrano. Ma la moda di portare il cappello venne meno durante gli anni Sessanta, portando molti cappellifici a chiudere o cedere la proprietà a terzi.
In particolare, ad Alessandria si stimava che la ditta Borsalino sfamasse quasi tutta la città, dando lavoro ai membri di moltissime famiglie; tramite vecchie testimonianze audio di alcuni dei lavoratori, si scopre di come la campana della ditta scandisse non solo la vita lavorativa della fabbrica, ma di tutta la città. E quando la Borsalino fu bombardata durante la Seconda Guerra Mondiale, tutta la città si prodigò nel salvare i cappelli rimasti all’interno della fabbrica.
Ma l’aspetto forse più interessante di questo documentario è il rapporto molto forte tra il cappello Borsalino e il cinema di Hollywood: la calda voce di Robert Redford ci racconta la sua visita alla fabbrica Borsalino, alla disperata ricerca del cappello che Marcello Mastroianni indossava nel film di Federico Fellini 8 e mezzo. Ripercorriamo l’importanza che il cappello ha avuto nel cinema dell’epoca d’oro di Hollywood: che ne sarebbe della scena di Casablanca in cui Humphrey Bogart saluta Ingrid Bergman, senza i cappelli indossati dai due attori?
E che ne sarebbe dell’immagine del gangster che spopolava nei film noir? Il cappello serviva a caratterizzare il personaggio, serviva a dargli un’aura di mistero. La Borsalino seppe sfruttare l’immaginario hollywoodiano per commercializzare il proprio prodotto e farsi riconoscere, e fu decisamente una mossa vincente; basti pensare al film interpretato da Jean-Paul Belmondo e Alain Delon che prende il nome dal cappello più famoso al mondo: Borsalino.