Conferenza stampa di apertura del 35º TFF

Azzurri, penetranti, indiscreti. Sono gli occhi da maga di Kim Novak ad aprire la conferenza stampa del Torino Film Festival, giunto ormai alla sua 35ºesima edizione. Nella sala 2 del cinema Massimo, di fronte a giornalisti, istituzioni e semplici curiosi, il direttore Emanuela Martini svela i dettagli della manifestazione.

I numeri soddisfano le aspettative e confermano pienamente la portata internazionale del festival. 169 le opere selezionate fra più di 4000 film, e il folto novero di anteprime non può che avvalorare l’obiettivo primario della kermesse: ricercare, promuovere e valorizzare i talenti più visionari del panorama cinematografico contemporaneo.

Con questo spirito, la sezione Torino 35 propone 15 lungometraggi inediti realizzati nel 2017. Moltissimi i Paesi rappresentati e ben due gli autori nostrani impegnati nella competizione (Andrea Tagliaferri con Blue Kids e Jacopo Quadri con Lorello e Brunello). Di spessore anche la composizione della giuria, che vanta nomi del calibro di Isabella Ragonese, Pablo Larrain e dello scrittore greco Petros Markaris.

 

L’istanza di rinnovamento che caratterizza il festival sin dal 1982 rimane dunque il filo conduttore della rassegna – spiega Martini – che proprio ad un regista innovativo e sperimentale dedica quest’anno la sua retrospettiva. Sarà infatti l’universo cinematografico di Brian De Palma, uno dei maestri indiscussi della New Hollywood, ad essere sondato, esplorato e riscoperto. 32 i titoli proiettati sul grande schermo, da Carlito’s Way a The Untouchables, da Scarface a Mission to Mars. Una straordinaria opportunità per riconsiderare il valore artistico di un autore che, sempre in bilico fra tradizione e ricerca di nuovi linguaggi, ha saputo traghettare il mondo del cinema verso la modernità.

Sulla stessa prospettiva insistono anche Onde e TFF.doc, le sezioni curate rispettivamente da Massimo Causo e Davide Oberto, che per la qualità e la ricercatezza delle scelte si confermano le vere fucine sperimentali della rassegna. Da una parte un cinema d’avanguardia, che decodifica la realtà ribaltando gli schemi e sovvertendo i linguaggi; dall’altra il filone del documentario, tanto caro alla tradizione torinese, che quest’anno dedica il suo focus al tema del viaggio, inteso come tensione, sia fisica che mentale, in grado di portare l’individuo al di là dei propri limiti.

Si ripete inoltre la presenza di Festa Mobile, la grande panacea di opere fuori concorso riservata alle pellicole più interessanti dell’ultimo anno. Il potenziale attrattivo della selezione è enorme. Sono proposti film come Finding Your Feet, la commedia firmata da Richard Loncraine con Timothy Spall e Imelda Staunton; il coreano A Taxi Driver di Hoong Jang, futuro candidato agli Oscar; o ancora Smetto quando voglio – Ad honorem, terzo capitolo della saga diretta da Sidney Sibilia. Notevole, inoltre, il capitolo AmeriKana, curato dalla guest director 2017 Asia Argento, che sceglie pellicole di Herzog, Hopper, Wenders, Duke per rappresentare un’America viscerale e violenta.

Dunque superamento e innovazione. Accanto a queste ormai canoniche parole chiave del TFF, da quest’anno sarà necessario parlare anche di radici e di identità. L’intervento di Laura Milani, presidente del Museo Nazionale del Cinema, è chiaro: è necessario ancorare il festival al territorio in cui è germogliato, riappropriandosi di quei simboli e significati che rappresentano Torino e la sua vocazione cinematografica. Prima fra tutti la Mole Antonelliana, che dopo dieci edizioni ospiterà nuovamente la cerimonia di apertura, prevista per venerdì 24 novembre alle 20.15.

In un clima di incertezza generale questo messaggio infonde speranza, fugando le paure di declino legate alla contrazione del budget. È stata una scelta degli organizzatori – chiarisce Milani –  volta ad ottimizzare l’impatto della rassegna. Nonostante il minore numero di sale e il ridimensionamento dei film selezionati (il 22 % in meno), il Torino Film Festival si riconferma dunque l’evento culturale dell’anno, capace – proprio come lo sguardo ammaliante di Kim Novak e del suo gatto Cagliostro – di sedurci, ingannarci e di farci sognare.

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