“QUEL GIORNO D’ESTATE” di MIKHAEL HERS

Il termometro per valutare la riuscita di un film che si prefigge di trattare la sfera emotiva dell’uomo, non può prescindere dal considerare il grado di coinvolgimento degli spettatori. Spesso l’esigenza della narrazione mina l’esito di tale intento, mettendo in scena personaggi appiattiti nel veicolare determinati significati. Invece, Mikhael Hers e i suoi ottimi interpreti, con discreta continuità, riescono a suscitare nel pubblico una genuina compassione, intesa nel significato etimologico di “soffrire insieme”.

Vincent Lacoste e Isaure Multrier in un frame del film.

Le giornate di David, ventiquattrenne alla ricerca di se stesso, scorrono placide, divise fra almeno un paio di lavori part-time e l’affetto per la sorella Sandrine, con la quale, assieme alla nipotina Amanda, cresciuta senza padre, compone un affettuoso quadretto familiare. Ed è proprio quando David, che, nel frattempo, inizia a frequentare Lena, la bella pianista della porta accanto, pare lasciarsi alle spalle le ombre di un passato segnato dalla scomparsa del padre e da una distanza siderale dalla figura materna, un evento traumatico sconvolge per sempre la sua esistenza. Per la svolta, narrativa e tematica, Hers si serve di un cupo avvenimento solo accennato ma ben vivido nell’immaginario contemporaneo: un attentato terroristico sconvolge Parigi e spazza via la ritrovata stabilità nella sfera degli affetti di David. Sandrine perde la vita, Lena rimane ferita e scossa fino a defilarsi, mentre David si ritrova a doversi occupare di Amanda.

Senza mai indugiare nello sconforto e nel dolore tout court, l’incisività di Quel giorno d’estate risiede nella reverenza e nella delicatezza con cui tratta la materia umana, nella fedele adesione a una poetica del quotidiano, ricetta indispensabile per estirpare gli strascichi di un evento tragico di tale portata. Non immuni da un calvario fatto di crolli emotivi e di riflessioni attorno a decisioni dolorose – e opposte al lieto fine – David e Amanda scelgono di aggrapparsi alla vita, ritrovando brani di serenità nelle sollecitazioni della routine, fino alle sequenze finali di una insolitamente assolata Londra.

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