“PALM TREES AND POWER LINES” DI JAMIE DACK

Don’t murder me, ok?”. Con queste parole Lea (Lily McInerny), una giovane ragazza diciassettenne, risponde alla proposta di Tom (Jonathan Tucker), un uomo di trentacinque anni, di accompagnarla a casa in macchina dopo una brutta serata con gli amici. Il tono con cui Lea pronuncia la frase è ironico, ma il suo sguardo perso nel vuoto cela una reticenza di fondo. Forse, in quel breve istante di spensierata interdizione è racchiuso il nucleo di Palm Trees and Power Lines, opera prima di Jamie Dack, già vincitrice del premio alla miglior regia al Sundance Film Festival 2022 e presentata in concorso alla quarantesima edizione del Torino Film Festival.

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Il film presenta uno scorcio della vita di Lea durante le ultime settimane estive prima che ricominci la scuola: la sua quotidianità nella suburbia americana l’annoia, i suoi amici sono infantili e immaturi e il rapporto con la madre Sandra (Gretchen Mol) – unico membro della sua famiglia – è sempre più teso. L’incontro con Tom scuote la ragazza e le offre una via di fuga dalla sua realtà; Lea è affascinata da un uomo più grande ma allo stesso tempo non si lascia completamente andare. Tom si comporta come il fidanzato perfetto: la corteggia, le fa regali e la porta al mare, ma cela un lato oscuro che Lea decide di ignorare e che la porterà a fare i conti con un doloroso trauma nel finale.

L’intento politico del film è chiaro ma non offusca né la forma né il contenuto. L’opera, infatti, si misura con questioni spigolose come l’adescamento minorile e la difficile realtà di molte famiglie della periferia americana – proprio al personaggio di Lea sono delegate alcune delle battute più gravose come, rivolta alla madre: “Certa gente non dovrebbe avere il diritto di fare figli” – e, allo stesso tempo, offre delle soluzioni formali piuttosto insolite del dramma coming of age. Jamie Dack, infatti, rinuncia a virtuosismi stilistici per offrire una regia sobria e senza sbavature, dimostrando di voler comunicare una necessità, anzi un’urgenza nel narrare determinati eventi piuttosto che soffermarsi sulla componente visiva. Lo sguardo pulito e statico della cinepresa di Dack non solo offre nuove possibilità alla rappresentazione del genere, ma mette in mostra l’originalità del lavoro della regista e il coraggio con cui afferma una personale e autentica visione già a partire dalla sua prima opera.

Luca Giardino

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