“Game of Death” di Sebastien Landry e Laurence Morais-Lagace

Patti chiari e amicizia lunga.
Questo sembra essere l’assunto che accompagna tutto Game of Death: un film che promette di muoversi attraverso vari media e di far vedere tanto splatter per tutta la propria durata.

Dal punto di vista narrativo la storia non inventa alcunché: il solito gruppo di adolescenti si ritrova a fare il solito gioco che si rivela non essere così tanto un gioco, quanto un meccanismo che va oliato con un numero predeterminato casualmente di sacrifici umani, a intervalli di tempo precisi. Pena: la morte molto violenta di uno dei giocatori, ai quali con un meccanismo da rilevamento dell’emoglobina viene inflitta questa maledizione. O status alterato, per dirla coi termini videoludici che ricorrono nel film.

La trama finisce qui: tutto ciò che segue è infatti uno splatter da manuale dal punto di vista della sceneggiatura, nel quale prima si uccide e poi si fanno le presentazioni. Dei personaggi che verranno sacrificati sull’altare della sete di sangue del gioco, infatti, solo uno avrà un nome al di fuori dei protagonisti. Va sottolineato che, per essere uno splatter, Game of Death presenta un meccanismo mortifero che risulta alquanto ripetitivo e poco fantasioso.

La componente più interessante di questo film risiede quindi altrove, e con una soluzione vincente emerge nel momento in cui la monotonia rischia di prendere il sopravvento: lo spettatore assiste infatti a una metamorfosi intermediale dei protagonisti, che durante una scena romantica si deumanizzano – dal punto di vista dei sentimenti – e l’uccisione diventa videogioco 2 e 3D, diventa fumetto, diventa memoria nelle minacce bonarie dei video presi con gli smartphone durante il pomeriggio in cui la storia ha avuto inizio.
L’uccisione non è quindi più qualcosa che marchia per sempre la coscienza di chi commette l’atto, ma un avvenimento del (video)gioco che vale 50 punti.

Game of Death restituisce l’idea di un’entità che si muove con disinvoltura nell’esplorazione di vari universi, riuscendo sempre a rimanere coerente con la propria natura e, anzi, a fare di questa caratteristica il proprio vero punto di forza.

Merita una menzione la colonna sonora del film, in grado di enfatizzare ottimamente ciò che sta accadendo davanti alla mdp sia grazie ai suoni diegetici, che scandiscono i tempi del meccanismo a tempo sul quale si fonda la narrazione, sia grazie alla colonna sonora di accompagnamento, gradevole e sempre adatta al contesto.

Risultando quindi un film riuscito ed interessante, che va a incastonarsi in un genere ben preciso per cui non c’è la possibilità di un equivoco identitario, Game of Death soddisferà il palato del fan degli splatter provando soluzioni diverse ed interessanti, riuscendo ad affrancarsi dalla monotonia del genere con eleganza e audacia. Chi d’altra parte non si ritenesse a proprio agio con questa tipologia di film, difficilmente si ricrederà grazie a quest’opera.

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