Archivi categoria: Torino Film Festival

 “ANULLOJE LIGJIN” DI FABRIZIO BELLOMO

Il mare, un cumulo di terra e alcuni edifici sono le immagini di apertura di Anulloje Ligjin, un documentario che tocca con i guanti la realtà misteriosa di un paese che per quarant’anni è stato isolato dal resto del continente europeo.  L’Albania, nel film di Fabrizio Bellomo, viene mostrata in tutta la sua desolazione, le sue incongruenze, ma anche la sua profonda  e tribale energia creativa e di resistenza.

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“BIRTH” BY YOO JI-YOUNG

Article by Davide Gravina

Translation by Sebastiano Liso

After the credits of Birth, which was screened in competition at the 41st Torino Film Festival, the clatter of computer keys cannot halt. Jay (Han Hae-in) is a promising young, talented writer, undoubtedly ambitious, not fearful at all and encouraged by the career path she decided to pursue. She cannot and does not know how to do anything else. Jay’s partner Geonwoo (Lee Han-ju) is an English teacher at a private institute who seems content to live in his girlfriend’s shadow, helping her as best he can and giving up his own individual happiness. An uneven love story, only seemingly stable, but, in fact, deeply unhealthy. Their balance is challenged when she discovers she is pregnant, despite the continued use of contraceptives.

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“BIRTH” DI YOO JI-YOUNG

Scorrono i titoli di coda di Birth – presentato in concorso alla 41° edizione del TFF – e il rumore dei tasti del computer non smettono di fare rumore, non conoscono attimi di pausa. Jay (Han Hae-in) è una scrittrice giovane e promettente, ricca di talento, indubbiamente ambiziosa, per nulla timorosa e anzi stimolata dalla carriera che ha deciso di intraprendere. Non può e non sa fare altro. Accanto a lei, il compagno Geonwoo (Lee Han-ju), insegnante di inglese in un istituto privato, sembra accontentarsi di vivere all’ombra della sua fidanzata, aiutandola come meglio può e rinunciando alla sua felicità individuale. Una storia d’amore impari dunque, il cui equilibrio, solo apparentemente stabile, in realtà profondamente malsano, viene messo in discussione nel momento esatto in cui lei scopre di essere incinta, nonostante l’attenzione riposta nell’utilizzo di contraccettivi.

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“LA PALISIADA” BY PHILIP SOTNYCHENKO

Article by Francesco Ghio

Translation by Giorgia Legrottaglie

History is always written by the winners, by those who come first, those who wear the medal and have their faces portrayed on the front pages of newspapers. At the same time, the voice of the defeated fades and melts like snow under the rays of noon, so adept at melting those strong words. La Palisiada comes as a courageous attempt to restore the other face of truth, the one written by the losers, trampled by the news, annoying to those who wield power. The problem, however, remains the same: at some point, you have to deal with reality.

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“LA PALISIADA” DI PHILIP SOTNYCHENKO

La storia è sempre scritta dai vincitori, da chi arriva primo, da chi ha la medaglia al collo e il volto ritratto sulle prime pagine dei giornali. La voce dello sconfitto al contempo sfuma, si scioglie come neve sotto i raggi del mezzogiorno, così abili a sciogliere quelle parole prima tanto robuste. La Palisiada si presenta come il coraggioso tentativo di restituire l’altro volto della verità, quello scritto dai perdenti, calpestato dai notiziari, fastidioso per coloro che esercitano il potere. Il problema, però, resta sempre lo stesso. Ad un certo punto bisogna fare i conti con la realtà.

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“L’ÎLE” BY DAMIEN MANIVEL

Article by Luca Giardino

Translation by Eleonora Torrisi

Rosa’s (Rosa Berder) last night before leaving for Montréal is an unforgettable party. 
The girl must leave all her friends and move to Canada, perhaps to become a great dancer. But goodbyes are never easy and the night offers Rosa a chance to stop time to savor every sip of beer, every drag of a cigarette, and the warmth of the last day of summer. The meeting place is a large boulder in the middle of a beach, affectionately known as “the island”; here her friends set up a sort of farewell ritual, consisting of alcoholic challenges, seaweed battles and bathing in the sea. Rosa lives her last evening as if it were truly the last of her life without ever drowning in memories, but rather trying to recreate new ones that can last forever.

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“L’ÎLE” DI DAMIEN MANIVEL

L’ultima sera di Rosa (Rosa Berder) prima di partire per Montréal è una festa indimenticabile. La ragazza deve abbandonare tutti i suoi amici e migrare in Canada, forse per diventare una grande ballerina. Ma gli addii non sono mai facili e la nottata offre a Rosa la possibilità di fermare il tempo per assaporare ogni sorso di birra, ogni tiro di sigaretta e il tepore dell’ultimo giorno d’estate. Il luogo di ritrovo è una grossa roccia in mezzo ad una spiaggia, affettuosamente chiamata “l’isola”; qui i ragazzi allestiscono una sorta di rituale d’addio, fatto di sfide alcoliche, battaglie di alghe e bagni in mare. Rosa vive la sua ultima serata come se fosse veramente l’ultima della sua vita senza mai annegare nei ricordi, ma piuttosto cercando di ricrearne di nuovi che possano vivere in eterno.

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“LUX SANTA” BY MATTEO RUSSO

Article by Valentina Testa

Translation by Chiara Rotondo

It is a customary practice in Crotone for young men to build a wooden pyramid to set fire in honour of St. Lucy on December 13th. Cooperation becomes a prerequisite for winning the friendly and traditional competition that takes place every year among the town districts to see who can build the highest and most impressive fire. “We must ensure that our Jesus Fund gets published in newspapers, and nobody else.” Even if the press won’t pay attention to them, the story of the Jesus Fund community will be told in Lux Santa (“Holy light”). This film, directed by Matteo Russo and presented as part of the 41st Turin Film Festival’s Italian documentary competition, sheds light on their experiences.

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“LUX SANTA” DI MATTEO RUSSO

La tradizione vuole che a Crotone, per il 13 dicembre, i giovani uomini del quartiere costruiscano una piramide di legno a cui dare fuoco in omaggio a Santa Lucia. Lavorare insieme diventa una necessità per avere la meglio nella competizione – amichevole e tradizionale anch’essa – che ogni anno si instaura tra i rioni della città per chi fa il fuoco più alto e più bello. «Dobbiamo uscire sui giornali – noi, Fondo Gesù, non gli altri». E nonostante la stampa non gli darà attenzione, sarà Lux Santa – diretto da Matteo Russo e presentato nel concorso documentari italiani per il 41° Torino Film Festival – a raccontare la storia degli uomini del rione Fondo Gesù.

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“MANDOOB – NIGHT COURIER” BY ALI KALTHAMI

Article by Elena Bernardi

Translation by Fabio Castagno

From the beginning,  the director Ali Kalthami explains to the audience the double connotation of the Arabic word “Mandoob”, which means “courier” but also “a person pitied for his misery and tragic end”. Mandoob – Night Courier – part of the feature film competition of the 41st edition of Torino Film Festiva – turns the same double meaning of the word into an ambiguous thriller connotated by a strong sense of humor, which shows the power of desperation in the protagonist’s misadventures.

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“MANDOOB – NIGHT COURIER” DI ALI KALTHAMI

Il regista Ali Kalthami esplicita fin da subito al proprio pubblico la doppia connotazione della parola “Mandoob” che in arabo significa sì “corriere”, ma anche “un individuo compianto per la sua miseria e tragica fine”. Quest’ambivalenza e duplicità semantica in Mandoob – The night Courier – presentato in concorso alla 41° edizione del Torino Film Festival – diventa anche la dualità di un thriller connotato da una forte vena umoristica, che racconta il potere della disperazione nelle disavventure del protagonista.

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“KALAK” BY ISABELLA EKLÖF

Article by Marta Faggi

Translation by Rebecca Lorusso

Kalak’s Greenland is endless. The deep fjord inlets are topped by steep, snow-capped mountain walls. Kulusuk is a small village in East Greenland, made up of a few isolated houses with sloping roofs and bright colors. Jan (Emil Johnsen) takes refuge in Kulusuk with his wife and children, after life in Nuuk has become intolerable. This is not the first time Jan has run away from something: before living in Greenland, he lived in Denmark with his father. He always runs away from himself and his past, in a stressed search for a sense of belonging and community.

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“KALAK” DI ISABELLA EKLÖF

La Groenlandia di Kalak è sterminata: le profonde insenature dei fiordi sono sormontate da ripide e scoscese pareti montuose, con le cime innevate. Kulusuk, piccolo villaggio della Groenlandia orientale, è composto da poche case isolate, dai tetti spioventi e dai colori sgargianti. È a Kulusuk che Jan (Emil Johnsen) si rifugia, con moglie e figli, dopo che la vita nella capitale, Nuuk, è diventata insostenibile. Non è la prima volta che Jan fugge da qualcosa: prima di vivere in Groenlandia, viveva in Danimarca, con il padre. Scappa da se stesso e dal proprio passato, alla spasmodica ricerca di un senso di appartenenza, di una collettività.

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“I 400 giorni: funamboli e maestri” by Emanuele Napolitano and Emanuele Sana

Article by Elisa Gnani

Translation by Francesca Borgheresi

A documentary about young people for young people, I 400 giorni: funamboli e maestri (“The 400 days: funambulists and masters”) shows the (first) 400 days in the professional life of twenty-four young actors and actresses from all around Italy. This documentary film shows how they share fears, expectations, interests and hopes, like young Antoine does – the protagonist of the famous film The 400 Blows by François Truffaut, who not by chance is commemorated here. 

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“I 400 giorni: funamboli e maestri” di Emanuele Napolitano ed Emanuele Sana

È un documentario di giovani per giovani. I 400 giorni: funamboli e maestri documenta i (primi) quattrocento giorni di vita professionale di ventiquattro giovani attori e attrici selezionati in tutt’Italia, che rivelano in questo docu-film paure, aspettative, curiosità e speranze, proprio come fa il giovane Antoine, protagonista del celebre film di François Truffaut, I 400 colpi, che non a caso viene rievocato.

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“EARTH MAMA” BY SAVANAH LEAF

Article by Giorgia Andrea Bergamasco

Translation by Eleonora Torrisi


The topic of motherhood has been and still is often addressed in cinema through the most diverse perspectives and sensibilities. Anglo-American filmmaker Savanah Leaf’s approach stands out in the contemporary landscape for its unique freshness and delicacy, making her Earth Mama – based on the short documentary The Heart Still Hums, co-directed with Taylor Russell – an extraordinarily powerful debut feature film.

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“EARTH MAMA” DI SAVANAH LEAF

La tematica della maternità è stata e viene tutt’oggi spesso affrontata nel cinema attraverso le più diverse prospettive e sensibilità. L’approccio della regista anglo-americana Savanah Leaf si distingue nel panorama contemporaneo per una freschezza e una delicatezza unica, che rendono il suo Earth Mama – basato sul cortometraggio documentario The Heart Still Hums co-diretto insieme a Taylor Russell – un’opera prima dalla potenza straordinaria.

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“HERE” BY BAS DEVOS

Article by Federico Lionetti

Translation by Sebastiano Liso

Stefan (Stefan Gota), is a Romanian mason who suffers from insomnia, shaggy-faced and always wearing shorts. ShuXiu (Liyo Gong), is a lively Chinese biologist, sweet-eyed and often absorbed in her work. Both wander in a nocturnal Brussels and in its surroundings, between the long shots of under-construction buildings and details of mosses and windblown trees; they wander, get lost and find each other in a contemporary world, a biome in which the relationship of dependency between human and nature progresses into a stable understanding.

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“HERE” DI BAS DEVOS

Lui, Stefan (Stefan Gota), è un muratore insonne di origini rumene, dal viso arruffato e con i pantaloncini sempre corti; lei, ShuXiu (Liyo Gong), una vivace biologa di origini cinesi, dal dolce sguardo e spesso assorta. Entrambi vagano nella Bruxelles notturna e nei dintorni campestri, tra campi lunghi di palazzi in costruzione e dettagli di muschi e alberi mossi dal vento; si incamminano, si perdono e si ritrovano nel mondo di adesso – un bioma in cui la relazione di dipendenza uomo-natura progredisce in una stabile intesa. 

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“LA PRÁCTICA” BY MARTÍN REJTMAN

Article by Enrico Nicolosi

Translation by Alessia Licari

For his 8th feature-length film, La Práctica (“The practice”), Martín Rejtman leaves his beloved Argentina for neighbouring Chile. The main character, Gustavo (Esteban Bigliardi), goes through a journey that is similar to a spiritual retreat trying to reconnect with meditative yoga. Both the director and the main character – who is sort of an alter ego of his creator – will see their innovative dreams clash with reality. As it often happens in the Argentinian director’s films, whatever happens to the helpless characters doesn’t really have a substantial effect in their lives.

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