Archivi categoria: TFF 36 – 2018

“TYREL” BY SEBASTIÁN SILVA

Article by: Elisabetta Vannelli

Translation by: Laura Facciolo

Loneliness is an emotion that you can feel in an empty room as well as in a square full of people. It’s a reflection of the private feeling of inadequacy, a physical limit that it’s hard to overpass.

Sebastián Silva is a young Chilean director who is now committed in the United States. After presenting another film  called La nana (The Maid  2009), now he returns at the Torino Film Festival in the After Hours section with his film Tyrel (2018), which has been presented at the Sundance Film Festival in a world premiere. In the United States this film has been defined as “the new Get Out(Get Out, 2017, Jordan Peele). Tyler (Jason Mitchell) is an Afro-American boy who spends a weekend with a group of white guys, but he can’t fit in because he is black.

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“TYREL” DI SEBASTIÁN SILVA

La solitudine può emergere in una stanza vuota o in una piazza gremita di persone. È il riflesso di un’inadeguatezza interiore, un limite fisico difficilmente valicabile.

Sebastián Silva è un giovane regista cileno attualmente impegnato negli Stati Uniti. Già presente al Torino Film Festival, dove aveva presentato La nana (Affetti e dispetti 2009), Silva ritorna nella sezione After Hours con il film Tyrel (2018), proposto in anteprima mondiale al Sundance Film Festival e definito negli States “il nuovo Get Out” (Scappa-Get Out, 2017, Jordan Peele). Tyler (Jason Mitchell) è un ragazzo afroamericano che trascorre un week-end di baldoria insieme a un gruppo di “white guys”  ma che non riesce ad integrarsi per via della sua condizione di unico ragazzo di colore. Continua la lettura di “TYREL” DI SEBASTIÁN SILVA

“NOS BATAILLES” DI GUILLAUME SENEZ

Sono due le battaglie, intrecciate e parallele, evocate dal titolo di questa brillante opera seconda e raccontate con invidiabile maestria.

Guillaume Senez è volto noto al pubblico torinese per il suo film d’esordio Keeper, che nel 2015 ha conquistato la vittoria al Torino Film Festival. Il regista franco-belga concorre quest’anno nella sezione principale con Nos batailles, opera seconda che indaga le difficoltà di un uomo di fronte al crollo di ogni sicurezza.

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“NOS BATAILLES” BY GUILLAUME SENEZ

Article by: Gianmarco Perrone

Translation by: Gianmarco Caniglia

Two battles, running in parallel but intertwined, are evoked by the title of this brilliant feature and told with remarkable mastery.

Turin’s audience already knows Guillaume Senez for his debut film Keeper, winner of the Turin Film Festival in 2015. This year the French-Belgian director competes in the main section with Nos Batailles, that investigates the difficulties of a man facing the collapse of his every certainty.

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“DOVLATOV” DI ALEKSEY GERMAN JR.

Tra il biopic e l’invenzione, Dovlatov è la storia di un uomo che, nel suo vagabondare, intercetta storie di corpi e volti che gli sono incidentali – storie di resistenza (e non di dissidenza) contro il potere e i suoi dispositivi banali, in questo caso soprattutto editoriali. Perché Dovlatov, scrittore e giornalista nella Russia sovietica degli anni ’70, non riesce a farsi pubblicare, colpevole di inopportuna ironia e troppa fraintendibile sincerità. Accanto a lui le storie di quella gran folla di personaggi che popola gli spazi dell’ambiziosissima messa in scena che ricostruisce magnificamente un’epoca. Ed è questa galassia di volti russi e di corpi nomadi che costellano il tragitto esistenziale di Dovlatov, la forza viva del film.

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“LES GRANDS SQUELETTES” DI PHILIPPE RAMOS

Le domande universali che l’individuo si pone quotidianamente prendono vita in Les grands squelettes, un fotoromanzo eterodosso del regista transalpino Philippe Ramos. Già associato a punte di diamante della scena autoriale francese come Leos Carax e Yves Caumon, Ramos presenta la sua ultima creatura nella sezione Onde, la più sperimentale del festival. Continua la lettura di “LES GRANDS SQUELETTES” DI PHILIPPE RAMOS

“THE WHITE CROW” DI RALPH FIENNES

Un biopic sulla vita di Rudolf Nureyev,  il grande ballerino, è la terza opera alla regia di Ralph Fiennes, noto al pubblico per la sua carriera di attore (Harry Potter, Schindler’s List, Grand Budapest Hotel, per citare solo alcuni dei titoli più noti) e che nel proprio film decide di interpretare la parte del maestro di ballo all’Accademia di danza di San Pietroburgo (all’epoca Leningrado).

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“THE WHITE CROW” BY RALPH FIENNES

Article by: Samuele Zucchet

Translation by: Giulia Quercia

A biopic about the life of the famous dancer Rudolf Nureyev, is the third director work of Ralph Fiennes, well known for his acting career (Harry Potter, Schindler’s List, Grand Budapest Hotel, to name some of the most notorious titles). In this own film, Fiennes decides to play the dance teacher of the dance Academy of St. Petersburg (at that time, Leningrad).

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“SANS RIVAGES” DI MATHIEU LIS

A volte si possono incontrare per strada persone che non si conoscono e notare in loro uno sguardo perso e smarrito. Dal volto di un individuo possiamo immaginare la sua storia, da dove viene, cosa ha fatto, perché è solo.

Nel dibattito che ha seguito la proiezione di Sans Rivages, il regista Mathieu Lis ha parlato proprio delle suggestioni che possono venire dagli sconosciuti, suggestioni che lo riconducono al personaggio del suo film. Il protagonista infatti potrebbe essere l’emblema di uno di quegli uomini di cui non conosciamo la storia e Lis stesso ha affermato di non avere idea di quale possa essere stata la vita di Andrea, ma di aver seguito l’istinto nel raccontare gli eventi del film.

Sans Rivages  racconta di un uomo anziano la cui esistenza è in declino a causa dell’alcolismo. La narrazione si articola su due livelli: da un lato l’immaginazione, ovvero ciò che Andrea pensa di vivere durante i suoi deliri causati dall’alcool, e dall’altro la realtà, che lo mette di fronte alla sua solitudine e alle sue paure.

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“MADELINE’S MADELINE” DI JOSEPHINE DECKER

Una donna che parla di emozioni ad un gatto. Forse.
Una ragazza che fa le fusa a sua madre come se fosse un gatto.
Alcune donne che si muovono su un palco con addosso delle teste di maiale finte, inquietanti come se fossero vere.
Queste alcune immagini mostrate nei primi cinque minuti del nuovo lungometraggio di Josephine Decker che torna al Torino Film Festival con il suo ultimo film. La confusione che ne deriva è l’unico elemento certo che è permesso percepire allo spettatore, e si afferma immediatamente come marca di quest’opera, conturbante tanto nei contenuti che nelle modalità di rappresentazione. Continua la lettura di “MADELINE’S MADELINE” DI JOSEPHINE DECKER

“MADELINE’S MADELINE” BY JOSEPHINE DECKER

Article by: Alessia Durante

Translation by: Letizia Bosello

A woman talking about emotions to a cat. Maybe. A girl purring to her mother as if she was a cat. Some women wandering on a stage with fake pork heads on, creepy as if they were real. These are some of the images shown in the first five minutes of Josephine Decker’s new feature film, presented at the Torino Film Festival. The resulting confusion is the only certain element perceived by the audience, and it immediately appears as the film’s main feature, which is disturbing both in contents and in representation. Continua la lettura di “MADELINE’S MADELINE” BY JOSEPHINE DECKER

“RELAXER” BY JOEL POTRYKUS

Article by: Cristian Viteritti

Translation by: Massimo Campostrini


There are films easy to review and others that are difficult. Relaxer, directed by the American director Joel Potrykus, deserves to enter the second category. The film is certainly one of the most singular and eccentric experiences of the Torino Film Festival: not only comedy and drama, but also science fiction and gore – shown in a totally unexpected way – come together in a mixture ready to explode in the most catastrophic event among all: the Apocalypse.

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“RELAXER” DI JOEL POTRYKUS

Ci sono film facili da recensire e film difficili. Relaxer, dell’americano Joel Potrykus, si merita a pieno di entrare nella seconda categoria. Il film è sicuramente una delle esperienze più singolari ed eccentriche del Torino Film Festival: non solo commedia e dramma, ma anche fantascienza e gore – in maniera del tutto inaspettata – si uniscono in una miscela pronta a esplodere nell’evento più catastrofico fra tutti: l’Apocalisse. Continua la lettura di “RELAXER” DI JOEL POTRYKUS

“PROCESSO A CATERINA ROSS” DI GABRIELLA ROSALEVA

“Questo film è uno sguardo che guarda, non tutti gli sguardi guardano ma lui lo fa, è vivo, attento.
Non falsifica, non aggiunge, non ci sono effetti speciali.
Non vuole accalappiare lo sguardo del pubblico, mostra la realtà per com’è: dura e crudele.
Questa realtà non è piacevole ma va guardata, non bisogna mai abbassare la guardia”.

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“ZGODOVINA LJUBEZNI/HISTORY OF LOVE” DI SONJA PROSENC

Nella staticità e nel silenzio irrompe sullo schermo un brusco e improvviso fragore: si tratta del corpo della protagonista, Iva, che si immerge, tuffandovisi, in un corso d’acqua. È questo uno dei frammenti iniziali di History of Love, pochi secondi in cui sono anticipati elementi significativi e ricorrenti all’interno del film.
Si tratta dell’opera seconda di Sonja Prosenc, regista slovena che ha attirato su di sé l’attenzione della critica tramite il precedente The Tree.

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“WILDLIFE” BY PAUL DANO

Article by: Giorgia Bertino

Translation by: Cecilia Facchin

Some people may remember him as the quiet and peevish guy hidden by his long black hair in Little Miss Sunshine, or as a writer on the verge of a crisis who falls in love with one of his characters in Ruby Sparks; for all the film-lovers, he is also an actor pushed down by the weight of a career born and dead in blockbusters in Youth, and, for the most curious ones, he is the best friend of a zombie with superpowers in the eccentric Swiss Army Man. It goes without saying: Paul Dano acted in many movies, working with directors such as Paul Thomas Anderson, Ang Lee, Steve McQueen, Paolo Sorrentino and Denis Villeneuve. It is important to keep that in mind if you are watching the first film directed by this 34-year-old man, who decided to take on the challenge of filmmaking after many years of acting at high levels.

Wildlife – one of the nominees for the TFF36 contest – tells the slow and transparent story of the implosion of a family which moves to Montana.

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“WILDLIFE” di PAUL DANO

C’è chi se lo ricorda silenzioso e imbronciato, nascosto dietro un folto ciuffo di capelli neri in Little Miss Sunshine, o nei panni di uno scrittore in crisi che s’innamora di uno dei suoi personaggi in Ruby Sparks; per i più cinefili, è anche un attore soffocato dal peso di una carriera nata e finita nei blockbuster in Youth – La giovinezza e, per i più curiosi, il migliore amico di un cadavere con i super poteri nell’eccentrico Swiss Army Man. Insomma, di film Paul Dano ne ha fatti parecchi, lavorando con registi del calibro di Paul Thomas Anderson, Ang Lee, Steve McQueen, Paolo Sorrentino, Denis Villeneuve. Ed è importante tenerne conto se si ha davanti l’opera prima di un trentaquattrenne che, dopo anni di recitazione di un certo livello, decide di misurarsi con la regia.

Wildlife – in concorso al TFF36 – è il racconto lento e trasparente dell’implosione di una famiglia americana trasferitasi in Montana.

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“LAND” BY BABAK JALALI

 

Article by: Annagiulia Zoccarato

Translation by: Emiliana Freiria

 

The contemporary history of Native Americans is sad and scarcely talked about, but the Torino Film Festival seems to hold those who tell it in high regard. After Avant les rues, competing in Torino 34, and the excellent Wind River by Taylor Sheridan, previewed last year, the next one is Land by the Iranian film director Babak Jalali, made with the support of Torino Film Lab.

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“LAND” di BABAK JALALI

La storia contemporanea dei nativi americani è una storia triste di cui si parla poco, ma il Torino Film Festival sembra in un certo senso avere un occhio di riguardo per chi la racconta. Dopo Avants les rues in concorso a Torino 34 e l’ottimo Wind River di Taylor Sheridan presentato in anteprima lo scorso anno, adesso tocca a Land dell’iraniano Babak Jalali, realizzato con il sostegno di Torino Film Lab.

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“DREAM OF A CITY” DI MANFRED KIRCHHEIMER

Manfred Kirchheimer, classe 1931, ha recentemente dichiarato che non è mai, nella sua lunga carriera da regista, riuscito a coprire i costi dei suoi film con gli incassi. Ed è a questo punto che un vero cinefilo drizza le orecchie e si segna il nome sul taccuino, perché le alternative sono due: il regista tedesco, adottato newyorkese, è frainteso ma testardo, oppure è completamente dislocato dalle logiche di introito che tanto guastano l’arte cinematografica. Per quanto riguarda Dream Of A City, è la seconda. L’attitudine veritiera con cui viene analizzata e scomposta la vita urbana nella Grande Mela, rende questa pellicola di 39 minuti un gioiello del cinema d’essai. Continua la lettura di “DREAM OF A CITY” DI MANFRED KIRCHHEIMER