“Nome di battaglia Donna” – Incontro con Daniele Segre al DAMS

Il DAMS dell’Università di Torino apre le porte al TFF (che a sua volta accoglie ogni giorno i suoi blogger, studenti e professori) per un appuntamento di grande valore educativo: Daniele Segre presenta il suo Nome di battaglia Donna.

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“Last Night” by Don McKellar

Versione inglese a cura del Master in Traduzione per il Cinema, la Televisione e l’Editoria Multimediale

Article by: Camilla Lasiu

Translation by: Silvia Restelli, Chiara Tomasetta

1998 is the year of a couple of apocalyptic films: Armageddon and Deep Impact. In the same year, however, Last Night, Don McKellar’s first full-length film was presented at Cannes and has been introduced in this year’s edition of the Torino Film Festival in the Things to come section.

The countdown to the end of the world has just started and everybody is striving to realise their last wishes or to organise a Christmas dinner with their loved ones. Patrick Wheeler (played by McKellar himself) just wants to be left alone, waiting for the world to end. All is ready and time is running out fast when on Patrick’s last day Sandra arrives (played by Sandra Oh). Love has never been so close and it will not leave him until the end. Sandra and Patrick are wandering in the desperate look for a car, ignoring the truth: instead of being almost over, as they seem to believe, their time has actually just started. None of them has ever been so close to somebody else’s soul. They both feel the need to be together, with their guns loaded but looking straight into each other’s eyes.

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“Last Night” di Don McKellar

Nel 1998 escono due grandi film apocalittici, Armageddon e Deep Impact, ma lo stesso anno viene presentato a Cannes il primo lungometraggio di Don McKellar, Last Night, proiettato al TFF nella sezione Cose che verranno.

Il countdown della fine del mondo è iniziato e tutti si affannano per realizzare gli ultimi desideri o per fare un pranzo di Natale insieme ai parenti più cari. Patrick Wheeler (interpretato dallo stesso McKellar) desidera rimanere solo, in attesa che il mondo finisca. Tutto è pronto e il tempo fugge sempre più velocemente, quando nell’ultimo giorno di Patrick arriva Sandra (interpretata da Sandra Oh). L’amore non gli è mai stato così vicino e non lo lascerà fino all’ultimo secondo. Sandra e Patrick vagano alla disperata ricerca di un auto ignorando la verità: per loro il tempo non sta finendo ma è appena cominciato. Nessuno dei due è mai stato così vicino all’animo di un’altra persona. Sentono entrambi  lo strano bisogno di restare insieme, con le pistole cariche ma con lo sguardo l’uno negli occhi dell’altra.

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“Giovanna” di Gillo Pontecorvo

Il nome che dà il titolo al film di Gillo Pontecorvo è quello della protagonista, Giovanna, una delle tante donne operaie che lavorano in fabbrica. Fin dalle prime sequenze della pellicola del 1955 – presentata nella sezione Festa Mobile Vintage – vengono mostrate in modo chiaro e lineare allo spettatore le vicissitudini e le rivendicazioni di queste donne. La storia è semplice: una fabbrica di Prato dove lavorano solo donne operaie, a causa di alcuni licenziamenti, viene occupata per 34 giorni.

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“Vetar” (“Wind”) by Tamara Drakulić

Versione inglese a cura del Master in Traduzione per il Cinema, la Televisione e l’Editoria Multimediale

Article by: Annagiulia Zoccarato

Translation by: Giulia Epiro, Chiara Mutti

The river Bojana and its natural reserve lie on the border between Albania and Montenegro. Here 16-year-old Mina, motherless, is forced to spend the holidays with her father Andrej. Every day the same story is repeated, the young girl lies on the beach or studies, until she meets Saša, an older kite-surfer whose girlfriend, Sonja, is a hippie nudist.

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“Vetar” (“Wind”) di Tamara Drakulić

Al confine tra il Montenegro e l’Albania si trovano il fiume Bojana e la riserva naturale che si sviluppa attorno alla sua foce. È qui che la sedicenne Mina, orfana di madre, è costretta a passare le vacanze con il padre Andrej. I giorni di Mina si susseguono tutti uguali, tra la spiaggia e i libri da studiare, fino a che incontra Saša, un kite-surfer più vecchio di lei fidanzato con Sonja, hippie e nudista.

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Convegno Internazionale “Pensare con gli occhi. La politica delle immagini nell’opera di Harun Farocki”

Lunedì 21 e martedì 22 novembre, presso l’Aula Magna della Cavallerizza dell’Università di Torino, si è tenuto il Convegno Internazionale Pensare con gli occhi. La politica delle immagini nell’opera di Harun Farocki. Un titolo “mirato e connotante”, come lo ha definito Giulia Carluccio – presidente del corso di laurea Dams e organizzatrice del Convegno insieme a Giaime Alonge, Luisella Farinotti, Barbara Grespi e Federica Villa – per un appuntamento che è il frutto di un lavoro sinergico tra quattro università italiane: l’Università di Torino, l’Università  di Bergamo, lo IULM Libera Università di Lingue e Comunicazione, e l’Università di Pavia. Si è succeduta nei saluti Patrizia Sandretto Re Rebaudengo che, con la Fondazione omonima, ha collaborato al progetto insieme al Torino Film Festival che, a sua volta, ha dedicato a Farocki una retrospettiva. La presidente ha invitato i presenti a visitare la video-installazione di Farocki  PARALLEL I, IV il cui allestimento è stato curato da Irene Calderoli ed è in mostra in via Modane 16 fino al 12 Febbraio.

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“Wexford Plaza” by Joyce Wong

Versione inglese a cura del Master in Traduzione per il Cinema, la Televisione e l’Editoria Multimediale

Article by: Elena Golzio

Translation by: Federica Betti, Ilaria Loiacono

Sadness and loneliness are the denominators in common of Betty and Danny, the two main characters of the movie.

Betty is an overweight girl that works in a permanently empty mall of the ‘60s as night security guard.

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“Wexford Plaza” di Joyce Wong

La tristezza e la solitudine sono i denominatori comuni dei due personaggi principali del film, Betty e Danny. 

Betty, la protagonista del film, è una ragazza sovrappeso che ha trovato lavoro come guardia addetta alla sicurezza notturna in un centro commerciale degli anni ’60. Un luogo perennemente vuoto. Continua la lettura di “Wexford Plaza” di Joyce Wong

“Nessuno ci può giudicare” di Steve Della Casa e Chiara Ronchini – Conferenza stampa

Martedì 22 Novembre è stato presentato in conferenza stampa il film Nessuno ci può giudicare di Steve Della Casa e Chiara Ronchini, un binomio – questo – che rispecchia a pieno l’obiettivo del rockumentary, ovvero quello di mostrare il punto di vista dei giovani degli anni tra il ’58 e il ’68 attraverso gli occhi di una giovane montatrice con una grande passione per la narrazione per immagini e la Storia.  Inoltre Steve Della Casa aveva già affrontato il tema di quegli anni, quando nel 1989 pubblicò un testo dal titolo Il professor Matusa e i suoi hippies con Paolo Manera; i musicarelli – spiega – nacquero con lo scopo di dare un volto a tutti quegli artisti che piacevano e che si ascoltavano in quel momento.

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“Suburra” di Stefano Sollima – 1

Cinclinazione alla violenza e alla rabbia di una generazione senza via di scampo

Quello che viene ritratto in Suburra, l’ultimo film di Stefano Sollima, è un quadro complesso. La sua protagonista è Roma, la città eterna, simbolo di un’Italia che si dimena affannosamente in un presente più che mai contraddittorio. Quello che il regista romano porta avanti ormai da quasi dieci anni è un discorso sulla violenza, le sue forme e le sue modalità, declinate in un contesto che è quello del film di genere. Il modus operandi è ormai consolidato, il soggetto viene prelevato da una fonte letteraria (Cataldo, Bonini, Saviano) per poi essere rielaborato attraverso il linguaggio cinematografico.

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“Hele sa hiwagang hapis” (“A Lullaby to the Sorrowful Mystery”) by Lav Diaz

Versione inglese a cura del Master in Traduzione per il Cinema, la Televisione e l’Editoria Multimediale

Article by: Andrea Bagnasco

Translation by: Silvia Cometti, Miriam Todesco

When watching an eight-hour movie, the story starts vanishing in one’s mind, what one remembers of the past gets blurred, preventing him from linking all the points, what one may think about the future becomes little by little unsure and one finds himself lost, tightly attached to the present and to this monumental film by Lav Diaz.

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“Hele sa hiwagang hapis” (“A Lullaby to the Sorrowful Mystery”) di Lav Diaz

Quando guardi un film di 8 ore tutto è strano, dopo un po’ la storia svanisce dalla tua testa, quello che ricordavi del passato è annebbiato impedendoti di ricollegare tutti i punti, quello che puoi pensare del futuro diventa poco a poco incerto e ti ritrovi perso e aggrappato al presente e a questo monumentale film di Lav Diaz.

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“Sono Guido e non Guido” di Alessandro Maria Buonomo – Conferenza stampa

C’è un poeta, in Italia, che pochi conoscono, ma che quando fa i reading riempie le sale di gente. Questo poeta è Guido Catalano, torinese d’origine, che quando aveva diciassette anni ha scelto di diventare una rockstar e, da un certo punto di vista, oggi, che di anni ne ha quarantacinque, ci è riuscito (anche se non nel senso classico del termine).

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“Ilegitim” by Adrian Sitaru

Versione inglese a cura del Master in Traduzione per il Cinema, la Televisione e l’Editoria Multimediale

Article by: Matteo Ambrosino

Translation by: Riccardo Abba, Barbara Lisè

 

Ilegitim is a film directed by the Romanian filmmaker Adrian Sitaru, it was presented at Berlin Film Festival and won the Golden Duke at Odessa Film Festival. The film portrays with great sensitivity the subject of incest between twin brother and sister.

The movie, a collective and domestic drama, revolves around Victor, a widowed doctor with a lumbering past as an antiabortionist whistle-blower during the dictatorship. A severe guilt that breaks the family apart when, during a dinner, the truth emerges: Victor allegedly impeded many abortions in order to uphold both the law and personal ethical beliefs.

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“Ilegitim” (“Illegitimate”) di Adrian Sitaru

Ilegitim è un film del regista rumeno Adrian Sitaru – presentato al Berlino Film Festival e vincitore del Golden Duke dell’Odessa Film Festival – che mette in scena con estrema delicatezza il tema dell’incesto tra un fratello e una sorella gemelli.

Dramma corale e familiare, il film narra di Victor, medico vedovo con un passato ingombrante da delatore antiabortista ai tempi della dittatura. Una colpa gravissima che spacca la famiglia quando questa verità viene a galla durante un pranzo: Victor avrebbe impedito a molte donne di abortire sia per far rispettare la legge sia per ragioni etiche personali. Continua la lettura di “Ilegitim” (“Illegitimate”) di Adrian Sitaru

“Gipo, lo Zingaro di Barriera” di Alessandro Castelletto – Conferenza stampa

Banlieu, ”borgate”, “barriere”, così sono state chiamate le periferie, spazi nei quali “confinare” ciò che non ha importanza che si veda o che non si vuole vedere, barriere, appunto, fisiche e psicologiche che Gipo Farassino ha sempre voluto abbattere e, anzi, innalzare ad arte, nelle storie e nei personaggi delle sue canzoni. E così, a tre anni dalla morte dello chansonnier torinese, l’ Yves Montand di via Cuneo, l’esigenza di ricordare il grande Gipo sorge spontanea nei cuori di Alessandro Castelletto (regista) e Luca Morino (musicista e cantante del gruppo Mau Mau), che si sono avvalsi dell’aiuto di Valentina Farassino (produttore, nonché figlia del cantautore) e Paolo Manera (direttore Film Commission Torino Piemonte). Il progetto era già iniziato quando Gipo era ancora in vita, ma la sua scomparsa non ha fatto che rafforzare quella che era l’esigenza di raccontare il mondo di Gipo: la marginale umanità della “Barriera”.

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“Nessuno ci può giudicare” di Steve Della Casa e Chiara Ronchini

Il primo elemento che si nota in un film è il titolo e in questo caso è interessante osservare come venga estesa a una generazione intera l’affermazione “nessuno mi può giudicare”, che negli anni ’60 identificava la cantante Caterina Caselli, per la sua giovinezza e per il suo essere donna rockettara, e la sua amatissima canzone. Queste ebbero un successo tale da oscurare l’interpretazione originale della star americana Gene Pitney e da generarne un film.

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“La loi de la jungle” by Antonin Peretjatko

Versione inglese a cura del Master in Traduzione per il Cinema, la Televisione e l’Editoria Multimediale

Article by: Sofia Nadalini

Translation by: Silvia Restelli, Chiara Tomasetta

In my experience as spectator, in general, French films are either really serious or not serious at all (in both cases in a positive way, according to my point of view). La loi de la jungle belongs to the second category, not only because it is a really funny screwball comedy (and more), but also because it becomes really parodistic and satiric to a world, the one of the political and economic European laws, that is extremely bureaucratic, absurd and crazy, without any touch with reality.

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“La loi de la jungle” (“Struggle for Life”) di Antonin Peretjatko

Nella mia esperienza di spettatrice, i film francesi, di solito, sono o molto seri o molto poco seri (e in senso buono in entrambi i casi, sempre secondo il mio punto di vista). La loi de la jungle appartiene alla seconda categoria, non solo perché è una divertentissima commedia screwball (e non solo), ma anche perché assume toni fortemente parodistici e satirici verso un mondo, quello delle norme politiche ed economiche europee, estremamente burocratizzato, assurdo e folle, che non ha alcun contatto con la realtà.

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Il magazine delle studentesse e degli studenti del Dams/Cam di Torino