Qual è il gergo con cui i personaggi del Romanino comunicano tra sé e col visitatore che sappia vedere l’invisibile e ascoltare oltre il silenzio? Elisabetta Sgarbi non ha dubbi: è la lingua dei furfanti.
La lingua dei furfanti è l’ultimo film di Elisabetta Sgarbi, presentato in anteprima assoluta nella sezione Festa Mobile al 34° Torino Film Festival. L’opera si ispira al libro La Sistina dei poveri di Giovanni Reale.
“Un film ininterrotto, questo” – dice Elisabetta Sgarbi -, “che mi segue da anni. Anzi da cui sono inseguita da anni, da prima di conoscere la Valle Camonica, da prima di conoscere Romanino: da quando mio zio Bruno, mia madre Rina, e poi mio fratello Vittorio, si arrampicavano sin lassù, precedendomi. Così che questo film, così personale nei modi, mi sembra una strana biografia familiare, un mio nascosto romanzo di formazione, che ho condiviso con un altro amico e compagno di avventure, Giovanni Reale.”
L’interesse di Elisabetta Sgarbi è quindi rivolto a Girolamo Romanino e torna in Valle Camonica, dopo il suo lavoro sulla Via Crucis di Cerveno di Beniamino Simoni, avendo in mente le dense parole di Testori, e presenti le puntuali ricostruzioni di Giovanni Reale (che dimostrano la profonda conoscenza della materia di fede che aveva Romanino).
Giovanni Testori scriveva: “a Pisogne, a Breno, a Bienno Romanino tiri a far ‘cagnara’, non v’ha dubbio alcuno. Egli sembra costringere i suoi personaggi a venire sulla scena a furia di calci nel sedere; e non è meraviglia che, una volta lì, essi, tra impetuosa incapacità a organizzarsi, in lingua e vergogna, finiscano col gonfiar tutto; a cominciare dalle loro stesse membra per finire alle parole che ruttan fuori quasi nubi di fumetti odoranti d’osteria, e alle piume dei cappellacci, che si rizzano, unte e bisunte, come quelli di tacchini incazzati.”
La regista assume come oggetto del proprio lavoro il ciclo di affreschi che il pittore realizzò tra il 1532 e il 1541 in tre chiese a Pisogne, Breno e Bienno in provincia di Brescia, si muove tra le case e gli abitanti dei tre paesi che Romanino aveva osservato a lungo e concentra l’attenzione sui dettagli nascosti dei dipinti.
Elisabetta Sgarbi sottolinea quanto siadi fondamentale importanza la voce narrante Toni Servillo, il cui timbro caldo, unito alle doti interpretative, riesce a “far parlare i personaggi” degli affreschi e ad esaltare sfumature e risvolti rappresentativi. Anche la musica di Franco Battiato si inserisce perfettamente in questo viaggio di scoperta.
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