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“FUORI TUTTO” DI GIANLUCA MATARRESE

Torino, fine anni ’60. Le rovine della guerra sono solo un ricordo, il Belpaese è trainato dalla crescita industriale e parole come boom o miracolo economico guidano e plasmano l’immaginario nazionale. Qui due meridionali si conoscono, si innamorano, mettono su famiglia. Lei viene dalla Calabria, lui invece è pugliese, di Canosa. Cominciano come operai, poi decidono di mettersi in proprio e riescono ad aprire un negozio di calzature. Sono gli anni dei consumi di massa, i salari crescono e tutti possono permettersi un paio di scarpe nuove. È così che nasce Togo, il piccolo impero della famiglia Matarrese, una delle più grandi e redditizie cooperative piemontesi di vendita al dettaglio.

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“LIBERTÉ” DI ALBERT SERRA

L’ultima opera di Albert Serra non è un film. Liberté è un esercizio compiuto di negazione e al contempo affermazione prepotente del cinema in quanto tale.

A determinare questa considerazione è la genesi stessa dell’opera: prima di essere un film, Liberté è stato una pièce teatrale dello stesso Serra. Innumerevoli messe in scena hanno subito questo processo; per troppe poche, la scelta è stata dettata dalla precisa volontà di sfruttare appieno le possibilità della rappresentazione tramite il nuovo mezzo. Liberté è un’indagine sulla finzione, è una teorizzazione sulle specificità del cinema: il montaggio, il fuori campo e – scontato ma spesso bistrattato – lo zoom. L’opera si inserisce dunque nella scia di un dibattito teorico che procede da oltre un secolo, dividendo gli intellettuali tra i sostenitori del cinema come arte completa e coloro che lo considerano mutilato, inferiore alle arti sue sorelle maggiori.

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“PRÉLUDE” DI SABRINA SARABI

Con il suo primo lungometraggio, la regista Sabrina Sarabi presenta in concorso al Torino Film Festival un film che soltanto all’apparenza rientra nella categoria del classico coming of age adolescenziale.

David (Louis Hofmann) è un giovane pianista che studia in un prestigioso conservatorio assistito dalla fredda e rigorosa professoressa Matussek (Ursina Lardi). Per realizzare il sogno di entrare alla famosa Julliard School, si sfianca esercitandosi anche 8 ore al giorno. Il suo già fragile equilibrio è scosso quando nella sua vita entra una coppia di ragazzi, Walter (Johannes Nussbaum) e Marie (Liv Lisa Fries) con i quali stringe subito un’ambigua amicizia. Dopo aver sottratto la ragazza all’amico, David inizia con lei una storia d’amore che finisce subito per trascurare a causa di uno studio maniacale che ne condiziona l’intera vita.

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“PRÉLUDE” BY SABRINA SARABI

Article by: Silvia Gentile
Translated by: Lucrezia Villa

Director Sabrina Sarabi’s first feature film, in competition at Torino Film Festival, on the surface seems to belong to the traditional coming-of-age films.

David (Louis Hofmann) is a young pianist, who studies at a prestigious music academy tutored by cold and strict Professor Matussek (Ursina Lardi). In order to achieve his dream and be accepted into The Juilliard School, he spends up to eight hours a day practicing without rest. When he meets Walter (Johannes Nussbaum) and Marie (Liv Lisa Fries), a couple with whom he soon after forms an uncommon friendship, his already fragile mental state gets affected. After stealing his friend’s girlfriend, David gets romantically involved with Marie, however, he devotes himself to piano only, and his lack of commitment to their love story causes it to come to an end abruptly. 

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“L’ULTIMO PIANO”, DELLA SCUOLA G. M. VOLONTÉ

L’ultimo piano è un film collettivo – firmato da nove registi (Giulia Cacchioni, Marcello Caporiccio, Egidio Alessandro Carchedi, Francesco Di Nuzzo, Francesco Fulvio Ferrari, Luca Iacoella, Giulia Lapenna, Giansalvo Pinocchio, Sabrina Podda) con la supervisione artistica di Daniele Vicari e prodotto dalla Scuola d’Arte Cinematografica “Gian Maria Volonté” con Vivo film – che non ha paura di osare e che non soffre di alcun complesso di inferiorità nei confronti dell’industria cinematografica, ma anzi la sfida. Nonostante qualche imperfezione, questo film d’esordio non ha nulla da invidiare a molte altre opere prime italiane e nemmeno a tante produzioni nostrane, spesso stereotipate, che percorrono un canovaccio e una strada ormai scontata e ripetitiva.

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“143 RUE DU DÉSERT” DI HASSEN FERHANI

«La filosofia del camionista è molto semplice: stai seduto e guardi avanti, ma puoi guardare anche indietro.»

Con questo ricordo di uno dei tanti uomini che hanno incrociato la strada del suo documentario, Hassen Ferhani spiega la realizzazione di 143 Rue du désert, in concorso al TFF nella sezione Internazionale.Doc.

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“PADRONE DOVE SEI”, “MEGREZ”, “LA NOTTE SALVA”, “LA PELLE DEL TEMPO”

Nel pomeriggio di giovedì 28 novembre il Torino Film Festival ha presentato, nella sua sezione più sperimentale e ardita,  un blocco di quattro film di autori italiani, rispettivamente Carlo Michele Schirinzi, Mauro Santini, Giuseppe Boccassini e Salvo Cuccia. Sperimentazione è proprio la parola d’ordine necessaria per capire le scelte che hanno portato i selezionatori ad inserire queste opere nel festival, opere difficili e metaforiche che provocano apertamente l’osservatore con l’obbiettivo di ottenere una reazione, sia essa un’attivazione del pensiero critico o una fuga dalla sala.

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“RESURREZIONE” DI TONINO DE BERNARDI

Il consueto appuntamento con il cinema del regista Tonino De Bernardi nella sezione Onde rappresenta sempre un momento di riflessione sulla natura stessa dell’arte e sul più profondo scopo di quest’ultima. La carriera di De Bernardi è emblematica del cinema underground italiano, una realtà spesso non troppo valorizzata nel nostro Paese. “Il mio è un cinema nel tempo”, ha detto De Bernardi durante il Q&A al Reposi: un film realizzato con materiale girato dal 2009 al 2019 è al di fuori delle logiche produttive dell’industria cinematografica cosiddetta mainstream, ma anche di quella indipendente nel senso tradizionale. 

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“OHONG VILLAGE” DI LUKE LUNGYIN LIM

Opera prima in concorso al TFF37, Ohong Village è il racconto minuto di un nucleo famigliare taiwanese. Minuto nello svolgimento, composto nella tecnica, frettoloso nell’assemblaggio di storia e immagini, Ohong Village fa più bella figura come documentario che come film a soggetto. Storia di un ritorno a casa di un giovane taiwanese, cervello in fuga, accolto nella sua immobile Taiwan dalla famiglia e dall’amico di sempre. Storia di menzogne, di simboli (fiacchi), e di suoni di incredibile potenza espressiva.

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“QUEEN & SLIM” DI MELINA MATSOUKAS

Queen & Slim è la storia di come un controllo di routine da parte della polizia possa trasformarsi in un’esperienza molto diversa per due afroamericani nell’America contemporanea. Rifacendosi alle sempre più numerose storie di violenza da parte di poliziotti bianchi su membri della comunità nera il film parte da una provocazione: cosa succederebbe se la vittima reagisse? Ernest “Slim” Hines (Daniel Kaluuya) e Angela “Queen” Johnson (Jodie Turner-Smith) stanno tornando da un deludente primo appuntamento quando vengono fermati da un poliziotto e, per legittima difesa, lo uccidono; la pellicola li segue nella loro breve ma intensa fuga attraverso gli Stati Uniti, nel tentativo di arrivare a Cuba.

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“OHONG VILLAGE” BY LUKE LUNGYIN LIM

Article by: Fabrizio Spagna
Translated by: Cecilia Malanima

Ohong Village, director’s debut film, is the intimate portrayal of the everyday life of a Taiwanese family. Due to its detailed development, understated technique, hasty images and story editing, it seems to be more of a documentary than a feature movie.

It talks about a highly skilled and extremely clever boy who has just got back home to Taiwan, to his family and his longlife friend. It talks about lies, about (weak) symbols, and about incredibly powerful and emotional sounds.

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“LONTANO LONTANO” DI GIANNI DI GREGORIO

Un viaggio spesso è qualcosa che spaventa perché presuppone un cambiamento: il lasciarsi alle spalle un luogo per raggiungerne un altro. Tuttavia esso può essere anche più astratto, ovvero una situazione interiore che un individuo si appresta a vivere, una sorta di viaggio per scoprire se stessi.

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“NOW IS EVERYTHING” DI RICCARDO SPINOTTI E VALENTINA DE AMICIS

Opera prima dei due registi italiani realizzata grazie ad una produzione indipendente italo-americana. Nel cast spiccano, su tutti, Anthony Hopkins, Madeline Brewer e Camille Rowe. Si tratta di un film complesso, dal carattere fortemente sperimentale, che si articola su due principali livelli di lettura.

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“NOW IS EVERYTHING” BY RICCARDO SPINOTTI AND VALENTINA DE AMICIS

Article by: Sirio Alessio Giuliani
Translated by: Anna Benedetto

Debut film of two Italian directors, Spinotti and De Amicis, Now is Everything was made thanks to an Italian-American indie production, starring the talented Anthony Hopkins, Madeline Brewer and Camille Rowe. It is a rather complex film with various experimental elements in it, paving the way for two possible interpretations. 

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“RAF” DI HARRY CEPKA

Il giovane regista Harry Cepka, al TFF37 con il suo lungometraggio di debutto, esplora le dinamiche di potere nei rapporti interpersonali. “Un film costato 5 anni di sudore, lacrime e sangue”: così Cepka introduce l’opera, resa possibile dalla ormai già consolidata collaborazione con l’attrice Grace Glowicki (di cui ha prodotto Tito, 2019), interprete della protagonista Raf.

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“RAF” BY HARRY CEPKA

Article by: Noemi Castelvetro
Translated by: Viola Locci

The young director Harry Cepka takes part to the TFF37 with his debut feature film. He explores the power dynamics in interpersonal relationships. “It took me five years of tears, sweat and efforts to make this film.” says Cepka to introduce his work, which is the result of the collaboration with the actress Grace Glowicki (of which he produces Tito in 2019) who interprets Raf.

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“L’APPRENDISTATO” DI DAVIDE MALDI

Dopo Frastuono, presentato al TFF nel 2014, Davide Maldi realizza il secondo capitolo di una trilogia sull’adolescenza. Il film, presentato nella sezione TFFDOC/italiana, parte da un presupposto ben preciso: ricercare un contesto in cui dei ragazzi siano portati sin dalla giovane età a imparare un mestiere e, di conseguenza, ad accelerare il proprio percorso di crescita. Da qui deriva la decisione di segire il primo anno scolastico di una classe di cinque studenti di un istituto alberghiero.

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“L’APPRENDISTATO” BY DAVIDE MALDI

Article by: Valentina Velardi
Translated by: Alice De Vicariis

After Frastuono, presented at the TFF in 2014, Davide Maldi makes the second chapter of a trilogy on adolescence. The film, presented in the section TFFDOC/italiana, starts from a clear premise: the search for a context where teens are encouraged to learn a profession at an early age, and so grow up faster. For this reason, Maldi decided to follow the first school year of an hospitality institute class composed of five students.

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“SIMPLE WOMEN” DI CHIARA MALTA

È il 1989 e in televisione scorrono ininterrotte le immagini della morte di Nicolae Ceaușescu e della moglie Elena. Federica (Jasmine Trinca) sta festeggiando il Natale con la sua famiglia quando, per la prima volta, soffre di una crisi epilettica. Qualche anno più tardi è un’adolescente ossessionata dal cult Simple Men (Hal Hartley, 1992) e dal personaggio interpretato da Elina Löwensohn, afflitta nel film dallo stesso disturbo. I destini delle due donne sono destinati a intrecciarsi vorticosamente quando una Federica ormai adulta (e regista) incontra l’attrice rumena per le vie di Roma. La cineasta propone a Elina di interpretare se stessa in un biopic ambientato a Bucarest e l’attrice supera le sue riluttanze nella speranza di riguadagnarsi un successo da tempo sopito.
Simple Women, lungometraggio di esordio di Chiara Malta, dichiara i suoi intenti fin dalle battute iniziali, sovrapponendo registri diversi in un racconto meta-cinematografico che sfuma i confini tra realtà e finzione.

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“SIMPLE WOMEN” BY CHIARA MALTA

Article by: Giulia Leo
Translated by: Selene Novaro Mascarello

It’s 1989 and television is broadcasting footage of Nicolae Ceaușescu and his wife Elena’s deaths. Federica (Jasmine Trinca) is spending Christmas with her family when she has her first epileptic seizure. A few years later she is a teenager, obsessed with the cult movie Simple Men (Hal Hartley, 1992) and with Elina Löwensohn’s character, who suffers from the same neurological disorder. Their fates are destined to intertwine when Federica, now an adult and a film director, meets the Rumanian actress in Rome. She offers her a part as herself in a biopic set in Bucharest; despite her initial reluctance, the actress accepts, hoping to regain some of her long-lost fame.
Simple Women is Chiara Malta’s debut film; the director’s intent is made clear from the very beginning, with an intermixture of different registerswithin a meta-cinematic frame in which the lines between reality and fiction are blurred.

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