Uno strumento a fiato suonato con incertezza ci apre la porta di un mondo sfocato, anch’esso incerto.
Let the Summer Never Come Again è interamente girato con un cellulare di vecchia generazione e la scarsa qualità dell’immagine emerge fin dall’inizio in maniera imponente. Il regista ricerca l’imprecisione, e noi siamo costretti a non sapere, a non poter osservare pienamente ciò che ci viene mostrato. Non c’è bisogno di vedere bene per capire il disagio che trasuda da ogni sequenza: è questa la poetica di cui è intriso il film.
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