“Nessuno ci può giudicare” di Steve Della Casa e Chiara Ronchini

Il primo elemento che si nota in un film è il titolo e in questo caso è interessante osservare come venga estesa a una generazione intera l’affermazione “nessuno mi può giudicare”, che negli anni ’60 identificava la cantante Caterina Caselli, per la sua giovinezza e per il suo essere donna rockettara, e la sua amatissima canzone. Queste ebbero un successo tale da oscurare l’interpretazione originale della star americana Gene Pitney e da generarne un film.

In effetti si tratta di un documentario che vuole raccontare la storia dei musicarelli italiani, apparsi nel panorama cinematografico intorno agli anni ’50, diretti discendenti dei film musicali e che vedono come protagonisti prima gli urlatori (Adriano Celentano, Mina, Tony Dallara…) e poi i cantanti beat (Rita Pavone, Gianni Morandi, Clara Caselli, Mal…) per terminare con l’avvento di quella musica più impegnativa, la musica politica dei cantautori degli anni ’70.

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Lucio Fulci inaugura nel 1959, con il film I ragazzi del Jukebox, il musicarello rock, che indentifica come personaggi principali Adriano Celentano, il molleggiato, il quale introduce il genere musicale nel panorama italiano e una nuova corporeità con nuovi costumi, e il jukebox, simbolo e strumento di studio popolare, presente negli USA già negli anni ’30, ma sbarcato nella nostra penisola un ventennio dopo.

Nessuno ci può giudicare di Steve Della Casa e Chiara Ronchinio è stato definito un dumentario a 45 giri, per il formato del disco che ha spopolato con il rock e aiutato a soppiantare la musica melodica tanto in voga fino a qualche anno prima, rivolta soprattutto alle famiglie. Negli anni ’60 i diretti interessati sono i giovani, che grazie al boom della ripresa economica si fanno indipendenti e scoprono il gusto della ribellione. In questo senso il cinema è proprio il mezzo che permette la rappresentazione di tutti questi cambiamenti e delle tendenze in voga, senza dimenticare di dilettare il popolo italiano; quindi si uniscono attori comici e cantanti come il grande Totò e la poco più che adolescente ed esponente per eccellenza della musica beat italiana Rita Pavone nel film Rita, la figlia americana. Certo nel cinema musicale italiano vi è una minore rottura generazionale rispetto al cinema americano, ma la penisola ha saputo far tesoro dei talenti presenti ed è anche stata capace di attirare personalità straniere come il londinese Shel Shapiro, cantante del famoso gruppo The Rokes, presente in alcuni musicarelli italiani.

Nel 1968 si assiste ad un cambio di rotta e la maggior parte dei cantanti protagonisti di questi anni si disperdono, iniziando a interessarsi ad altri campi o a cambiare le tematiche trattate. Lo stesso Adriano Celentano afferma: “Ora che sono famoso canto i mali del secolo”.

Il documentario affronta il viaggio di questi anni attraverso interviste inedite a molte delle personalità coinvolte e prima citate, e molti altri come Don Backy, Ricky Gianco, Gianni Pettenati e Piero Vivarelli, e grazie al significativo aiuto dell’Istituto Luce Cinecittà, che ha messo a disposizione i suoi materiali d’archivio.

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