“PLAN 75” DI CHIE HAYAKAWA

Michi (Chieko Baishô) rievoca al telefono i ricordi del proprio passato: racconta la propria vita con malinconia, grata di avere qualcuno che la ascolti. Nella sua cucina non si sente altro se non la sua stessa voce. Dall’altro capo del telefono Yoko (Yumi Kawai) – molto più giovane di lei – è in silenzio. Vorrebbe concentrarsi sul racconto dell’anziana signora, ma la sua testa è altrove. A interrompere il flusso di parole di Michi è un allarme: il tempo a sua disposizione è scaduto. Yoko, trattenendo le lacrime, inizia a illustrarle cosa succederà il giorno seguente e le ripete, quasi come se fosse una supplica, che non è obbligata a farlo. Michi risponde, con tono sommesso: «Sayonara».

Plan 75, lungometraggio d’esordio della cineasta Chie Hayakawa, presentato in anteprima italiana al Torino Film Festival, riprende l’omonimo cortometraggio della regista, contenuto nel film a episodi Ten Years Japan (2018). In un futuro prossimo ma imprecisato, il governo giapponese ha trovato una soluzione al progressivo invecchiamento della popolazione, il Piano 75: un’offerta di eutanasia gratuita per tutti i cittadini di età superiore ai 75 anni. Hayakawa crea un sapiente intreccio narrativo, scevro di sentimentalismi, che si dispiega seguendo le vicende di tre personaggi, tutti connessi in modo diretto al programma. A spiccare tra i comprimari è Michi, anziana signora di 78 anni senza famiglia, i cui debiti la spingono nelle braccia del Piano 75.

La metodicità della narrazione consente a Hayakawa di mostrare le sfaccettature più ciniche e luttuose di questa nuova, dispotica, realtà, mentre i lenti movimenti di macchina seguono il ritmo delle azioni stanche e appesantite dell’anziana signora. La regia tenta così di riprodurre e interiorizzare nel suo sguardo la calma e l’accettazione della scelta di Michi e al tempo stesso riflette su come il mondo sia cambiato. Il silenzio che domina tutto il film, così come l’assenza quasi totale di musica extradiegetica, invitano lo spettatore a “non chiudere gli occhi” e a concentrarsi sulla dimensione visiva e sulle immagini.

Plan 75 interroga direttamente la società: una società che inventa panchine dalle fantasiose architetture per non consentire ai clochard di dormirci sopra, perché se non lavori non hai diritto al riposo; una società che induce alcuni esseri umani a rinunciare alla loro stessa esistenza, per il semplice motivo che la loro vita, adesso improduttiva, non è più giudicata degna di essere vissuta; una società che affianca, a chi sceglie l’eutanasia, un supporto psicologico di 15 minuti al giorno (non un secondo di più). «Gli esseri umani non possono scegliere quando nascere, ma possono scegliere quando morire» è lo slogan ideato per spingere al suicidio assistito. È questo lo scenario delineato dalla regista in un futuro, forse, più vicino a noi di quanto non si possa pensare.

Marta Faggi

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