The Last Act – scritto e diretto dall’iraniano Paymon Shahbod – si apre nei corridoi di un ospedale di Teheran dove sono in corso le riprese di un film con protagonista l’attrice Farzaneh (Marjan Ghamari).
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Article by Carlotta Profico
Translation by Aurora Monteleone
The Last Act – written and directed by the Iranian filmmaker Paymon Shahbod – starts in the hallways of a hospital in Tehran, where the shoots of a film starring actress Farzaneh (Marjan Ghamari) are underway.
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Article by Davide Lassandro
Translation by Federica Lozito
After directing a series of short films focusing on socio-political issues, Mara Tamkovich makes her debut with her first feature film, evocatively titled Under the Grey Sky, which takes the viewer back to the events following the 2020 Belarusian elections and the events in Square of Changes in Minsk, where riot police attacked unarmed protesters during a peaceful demonstration after Lukashenko’s proclamation, resulting in arrests and violence.
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Dopo una serie di cortometraggi incentrati su questioni politico-sociali, Mara Tamkovich esordisce con il suo primo lungometraggio dall’evocativo titolo Under the Grey Sky che riporta lo spettatore alle vicende seguite alle elezioni bielorusse del 2020 e ai fatti di Piazza del Cambiamento a Minsk dove, dopo la proclamazione di Lukashenko, durante una manifestazione pacifica la polizia antisommossa attaccò i manifestanti inermi compiendo arresti e violenze.
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Article by Alessandra Sottini
Translation by Giuditta Portaro
Adults are precious figures: they accompany the path of growth and maturity, sometimes delimiting the space and microcosm of young people with necessary rules and impositions. However, in My Best, Your Least, parents and teachers appear too cold and deaf to those they consider “miniature adults.”
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Gli adulti sono figure preziose: accompagnano il percorso di crescita e maturità, delimitando con regole e imposizioni talvolta necessarie lo spazio e il microcosmo dei giovani. Tuttavia in My Best, Your Least, genitori e insegnanti si mostrano fin troppo algidi e sordi davanti a coloro che considerano “adulti” in miniatura.
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Article by Francesca Strangis
Translation by Alessandra Rapone
It was August 26, 1950, when a man was walking through the streets of Turin for the last time. A farewell to the world, maybe a last weak unheard cry for help, and ultimately, the fatal choice to leave behind a life he had never been able to fully embrace. Il mestiere di vivere begins from the end, from Cesare Pavese’s last day, perhaps wanting to immediately put on stage (and so set aside) what has too often obscured his fame.
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Era il 26 agosto del 1950 quando un uomo passeggiava per le strade di Torino un’ultima volta. Un addio al mondo, forse un ultimo tenue grido di aiuto non accolto, infine la fatale scelta di abbandonare questa vita che non era mai stato in grado di vivere a pieno. Il mestiere di vivere inizia dalla fine, dall’ultimo giorno di Cesare Pavese, forse a voler mettere subito in scena (e quindi da parte) ciò che ha fin troppo oscurato la sua fama.
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Article by Nicolò Cifarelli
Translation by Vittorio Cavalli
An extraordinary time-capsule takes us to the late 1970s Turin, where a lost youth experiences the birth of a phenomenon, the ‘ultras’, which would gradually become more and more important in the public life of our country.
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Una straordinaria capsula del tempo ci trasporta nella Torino di fine anni Settanta, dove una gioventù smarrita vive la nascita di un fenomeno, quello ultras, che diventerà via via sempre più importante nella vita pubblica del nostro paese.
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Article by Silvia De Gattis
Translation by Cinzia Di Bucchianico
Throughout Gianluca Minucci’s debut film, viewers find themselves in a state of constant auditory, visual, emotional, even tactile, and olfactory hyper-solicitation.
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Per tutta la visione dell’opera prima di Gianluca Minucci lo spettatore si ritrova in uno stato di costante ipersollecitazione sonora, visiva, emotiva, persino tattile e olfattiva.
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Article by Lisa Cortopassi
Translation by Aurora Monteleone
In the opening image of The Brink of Dreams, we can see six girls running through a field. As in the case of the scene of three children walking in the Icelandic countryside from which Chris Marker’s Sans Soleil (1983) takes its cue, this moment also evokes the sensation of witnessing a dream, a vision of hope.
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Nell’immagine che apre The Brink of Dreams vediamo sei ragazze che corrono in un campo. Come nel caso della scena dei tre bambini che passeggiano nella campagna islandese da cui prende le mosse Sans soleil di Chris Marker (1983), anche qui si ha la sensazione di assistere a un sogno, a una visione di speranza.
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Article by Lisa Cortopassi
Translation by Martina Bigi
Darkness, cold. A metallic melody and an off-screen voice introduce the spatial and thematic coordinates of Immémorial, Chants de la Grande Nuit. Legend has it that, in a primordial moment, the Gods tore the Night to reveal the “world of things.” This is how form, language, and day were created. Using this myth as a framework, Béatrice Kordon investigates on the “immemorial” time: a time that is both past and future, a time that leaves no trace and waves between death and birth, darkness and light.
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Buio, freddo. Una melodia metallica e una voce fuori campo introducono le coordinate atmosferiche e tematiche di Immémorial, Chants de la Grande Nuit. Si racconta di un momento primigenio in cui gli Dei avrebbero squarciato la Notte per far emergere il «mondo delle cose». Così sarebbero nate la forma, la parola e il giorno. Servendosi del mito, Béatrice Kordon conduce un’indagine sul tempo “immemorabile”: un tempo che è tanto passato quanto futuro, che non ha traccia e che è in bilico tra la morte e la nascita, tra il buio e la luce.
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Article by Elisa Gnani
Translation by Silvia Matera
We are rarely forgiving with Italian fiction filmmaking. We tend to consider it like a box full of unassuming or mediocre products, but films like Il corpo prove us wrong.
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Siamo spesso poco clementi con il cinema italiano di finzione. Tendiamo a considerarlo come uno scatolone pieno di prodotti scadenti o poco coraggiosi, ma film come Il corpo ci dimostrano che siamo in errore.
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Article by Francesca Strangis
Translation by Giorgia Mazzù
Asleep on the grass, a man and a woman are awakened by the sound of screeching metallic noises. The man climbs a slight hill, driven by curiosity to see what lies beyond. On the other side, the world of technology: towering electric pylons and industrial plants dominate the view. The opening sequence of Terra Incognita (‘Unknown Land’) serves as a metaphor for the film itself, which explores the themes of energy supply and humanity’s survival on Earth through two opposing perspectives.
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Addormentati sull’erba, un uomo e una donna vengono risvegliati da suoni metallici stridenti. L’uomo sale su una lieve altura, spinto dalla curiosità di vedere oltre. Dall’altra parte, il mondo della tecnologia: tralicci elettrici e impianti industriali si ergono ingombranti alla vista. La sequenza di apertura di Terra incognita è metafora del film stesso, che, attraverso due prospettive opposte, tratta il tema dell’approvvigionamento energetico e della sopravvivenza dell’uomo sulla terra.
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