Pyromanian by Erik Skjoldbjærg

Versione inglese a cura del Master in Traduzione per il Cinema, la Televisione e l’Editoria Multimediale

Article by: Valentia Di Noi

Translation by: Giulia Epiro, Chiara Mutti

Pyromanian is a movie by the Norwegian director Erik Skjoldbjærg, who was already well-known for Insomnia (1997), which Christopher Nolan signed to remake.

The film is set in 1981 in Finsland, Norway. Son of a fireman, Dag is a reserved young man, who, after the military service, goes back home to his family. From the very beginning, he clearly appears to be a weird character, as he is morbidly attracted by the fire. As a matter of fact, the viewer knows for the whole time that it is him who sets the neighbors’ houses on fire Continua la lettura di Pyromanian by Erik Skjoldbjærg

“Pyromanen” (“Pyromaniac”) di Erik Skjoldbjærg

Pyromanen è un film del regista norvegese Erik Skjoldbjærg, più conosciuto per Insomnia (1997) di cui Christopher Nolan ha firmato un remake.

Pyromanen è ambientato nel 1981 nella cittadina di Finsland in Norvegia, e il protagonista Dag è un ragazzo taciturno, figlio di un pompiere. Dopo aver completato il servizio militare, torna dalla sua famiglia. Il regista fin da subito evidenzia la stranezza del ragazzo, attratto morbosamente dal fuoco. Infatti lo spettatore fin da subito è a conoscenza del fatto che a incendiare le case dei suoi vicini è proprio lui. Continua la lettura di “Pyromanen” (“Pyromaniac”) di Erik Skjoldbjærg

Roberto Bolle – L’arte della danza by Francesca Pedroni

Versione inglese a cura del Master in Traduzione per il Cinema, la Televisione e l’Editoria Multimediale

Article by: Bianca Beonio Brocchieri

Translation by: Riccardo Abba, Barbara Lisè

There are only two male dancers that have really set a turning point in the history of classical ballet. They have been great innovators, men that have been able to set the foundation for a new era. The first one is Rudolf Nureyev. The other, Roberto Bolle. It is very rare for a dancer to be compared to Nureyev, who is almost unanimously considered one of the greatest of the 20th century. But Bolle and Nureyev share a common characteristic besides, needless to say, a superhuman talent: they tore down the boundaries of classical ballet, reaching a larger audience and rewriting the rules forever.

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“Roberto Bolle – L’arte della danza” di Francesca Pedroni

Nella danza classica solo due ballerini hanno creato delle cesure con il passato. Sono stati grandi spartiacque, figure che hanno saputo porre le basi per l’inaugurazione di una nuova era. Il primo è Rudolf Nureyev. L’altro, Roberto Bolle. Non è poca cosa paragonare un ballerino a Nureyev, ritenuto quasi all’unanimità uno dei più grandi danzatori del XX secolo. Ma Bolle e Nureyev hanno una caratteristica comune oltre, non c’è bisogno di dirlo, al sovrumano talento: hanno abbattuto le barriere della danza classica, raggiungendo un pubblico vastissimo e cambiando le regole del gioco.

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“Sully” di Clint Eastwood – Conferenza stampa

Nel gennaio 2009 un aereo di linea decollato dall’aeroporto La Guardia di New York si scontrò con uno stormo di uccelli e fu costretto a un ammaraggio di emergenza nelle gelide acque del fiume Hudson. Miracolosamente, passeggeri e equipaggio restarono tutti illesi. Sette anni dopo, Clint Eastwood ha diretto un bel film dal titolo Sully, dedicato al comandante Chesley “Sully” Sullenberger, pilota di quell’aereo. A presentare il film al trentaquattresimo Torino Film Festival è proprio il comandante Sully che, grazie alla sua esperienza e al suo team, quel giorno ha sventato una tragedia.

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“Goksung” (“The Wailing”) di Na Hong-Jin

La tranquilla cittadina di Goksung viene sconvolta da una serie di omicidi efferati e da una malattia che sembra rendere pazzi gli uomini. Un poliziotto della zona inizia ad indagare per salvare la vita di sua figlia colpita dalla malattia e i sospetti ricadono su un misterioso uomo giapponese, arrivato da poco in città…

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Torino Short Film Market – Conferenza Stampa


Alle 11:00 ha aperto la mattinata di conferenze stampa Jacopo Chessa, direttore del Torino Short Film Market con Paolo Manera, direttore della Film Commission Torino Piemonte. Con loro i due selezionatori dell’evento, Enrico Vannucci e Massimiliano Nardulli.  Le due giornate di incontri (18-20 novembre) sono state organizzate dal Centro Nazionale del Cortometraggio e dai media partner Rai, Regione Piemonte, Mibact e Intesa San Paolo.

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Yoga Hosers by Kevin Smith

Versione inglese a cura del Master in Traduzione per il Cinema, la Televisione e l’Editoria Multimediale

Article by: Silvia Villani

Translation by: Silvia Restelli, Chiara Tomasetta

Thanks to what they have learnt in yoga class, two young girls fight against a würstel-looking Nazi army with a bad copy of Jason from “Friday the 13th”. After having turned the terrible creature into cheddar paste, the only thing the girls worry about is not having their smartphones with them to immortalize the event. This is Yoga Hosers by Kevin Smith. It is the standard-bearer of the new Z-movies: a fair budget, a carefully chosen cast with some relevant names from the American movie industry and a specific attention to the filmed material both before and after the shooting.

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“Yoga Hosers” di Kevin Smith

Due giovani ragazze combattono un esercito di nazisti con le sembianze di würstel a suon di posizioni di yoga dopo che questi si sono agglomerati in una brutta copia di Jason di Venerdì 13. Dopo aver ridotto la creatura dell’orrore ad una poltiglia di cheddar, si disperano per non avere con sé i loro smartphone per immortalare l’evento. Questo è Yoga Hosers di Kevin Smith. Questo è il portabandiera del nuovo volto degli Z-movies: budget ad ampio respiro, un cast gremito di nomi rilevanti nell’industria cinematografica americana e particolare cura del filmico e del profilmico.

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Notte Horror TFF34

Versione inglese a cura del Master in Traduzione per il Cinema, la Televisione e l’Editoria Multimediale

Article by: Mattia Capone

Translation by: Federica Betti, Ilaria Loiacono

After last year’s success, the Horror Night returns to the Torino Film Festival 2016. They projected three consecutive horror movies from midnight to the first lights of dawn. The event was widely expected and a lot of people were queuing in front of the movie theatre Cinema Massimo. The audience warmly welcomed the announcer of the Horror Night, Emanuela Martini, with applauses and enthusiasm.

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Notte Horror TFF34

Dopo il successo dell’anno scorso, la Notte Horror torna al Torino Film Festival 2016. Tre film horror proiettati in fila a partire da mezzanotte fino alle prime luci dell’alba.
Grande attesa per l’evento, confermata dall’interminabile fila di persone davanti al cinema Massimo, e calorosissima accoglienza del pubblico che si fa sentire fin da subito con applausi ed acclamazioni per Emanuela Martini alla presentazione.

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Lady Macbeth by William Oldroyd

Versione inglese a cura del Master in Traduzione per il Cinema, la Televisione e l’Editoria Multimediale

Article by: Annagiulia Zoccarato

Translation by: Elisa Grattarola, Elena Salama

As soon as the closing credits – no music in the background – rolls down, the theater is immersed in an absolute silence, because what has just been watched goes beyond any expectation. It is rather shocking.

William Oldroyd – well-established theater director, who made a couple of short movies – achieves the full-length movie, transferring on the screen the adaptation of the novel by Nicolaj Leskov, Lady Macbeth of the Mtsensk District. With the complicity of the screenwriter Alice Birch, he transforms it, though, into a story that could be easily written by many British authors of mid-1800s. Almost as if was a gothic and gloomy version of the Brontë sisters’s intrigues.

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“Lady Macbeth” di William Oldroyd

Nel momento in cui sullo schermo cominciano a scorrere – muti – i titoli di coda di Lady Macbeth, la sala è immersa in un silenzio totale, perché quello che si è appena visto si è rivelato essere molto più di quanto ci si potesse aspettare. Spiazzante.

William Oldroyd, affermato regista teatrale con alle spalle un paio di corti, approda al lungometraggio portando in scena l’adattamento del racconto di Nikolaj Leskov Lady Macbeth del Distretto di Mcensk. Con la complicità della sceneggiatrice Alice Birch, lo trasforma però in una storia che potrebbe tranquillamente essere opera di un autore o di un’autrice della Gran Bretagna di metà Ottocento, quasi si trattasse di una versione gotica e lugubre delle vicende delle sorelle Brontë. Continua la lettura di “Lady Macbeth” di William Oldroyd

Porto by Gabe Klinger

Versione inglese a cura del Master in Traduzione per il Cinema, la Televisione e l’Editoria Multimediale

Article by: Carlo Montrucchio

Translation by: Federica Betti, Ilaria Loiacono

A city where students and seagulls live happily together and where, after losing their freedom, both Jake and Mati find solace. The two main characters are Jake, a young but misfit boy who is keen on doing any job just to flee from his family impositions, and Mati, an attractive and brilliant student, afflicted however by an existential discomfort. They venture in a star-crossed love, doomed by fate.

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Each chapter of the movie, named after the main characters, wants to show the new life they now have together. This life will soon fade, leaving behind a melancholic memory of an evanescent feeling, that the audience can also find in the blurry frames, immersed in neon lights and jazz rhapsodies. The impressionism and the underground atmosphere resulting from the movie, produced by Jim Jarmush, melt with Bertolucci’s echoes of purifying sex scenes of two “trapped” souls. The actors’ bodies of Lucie Lucas and Anton Yelchin (to whom the movie is dedicated, due to his untimely demise) are concrete symbols of a love destined to remain a faint memory lost in time: Mati’s fleshy lips and soft shapes are in contrast with Jake’s sinewy and oaky build, not far from the representations of Egon Schiele; in fact, the two main characters are locked in an “Embrace” and they wish it to never end. But the pretext of telling a fleeting and saving love ends up getting lost in excessive temporal shifts and protracted sex scenes, so the spectator risks to lose all the references and is pushed inside a bare apartment with candles and boxes.

“Porto” di Gabe Klinger

Porto è una città nella quale studenti e gabbiani vivono a proprio agio e che riesce a incantare chi, come Jake e Mati, ha perso la propria libertà. Jake, sbandato disposto a qualsivoglia tipo di mestiere pur di stare alla larga dalle imposizioni familiari e Mati, studentessa attraente e brillante, ma non per questo meno afflitta da disagio esistenziale, si avventurano in un amore condannato a cedere alle imposizioni del destino. Continua la lettura di “Porto” di Gabe Klinger

“Manazil bela Abwab” (“Houses Without Doors”) di Avo Kaprealian

“Dopo che sono stato arrestato per la seconda volta, ho provato il bisogno di realizzare un film rivoluzionario e , così, ho deciso di mettermi al balcone e riprendere la vita reale attraverso l’obiettivo”   Avo Kaprealian

L’emancipazione di un bambino, attraverso la separazione dal suo peluche e dal ritratto di sua madre, apre le porte allo spettacolo inquietante della guerra in Siria e condivide con lo spettatore l’esistenza dei rifugiati nel quartiere Al Minadi di Aleppo. “La storia è quella di una madre qualunque, di un padre qualunque, è una storia di Tutti”: con queste parole Avo Kaprealian descrive il cuore pulsante del suo documentario, che trova la sua radice nella necessità di assumere una prospettiva riguardo ciò che stava accadendo attorno al regista.

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“Lo chiamavano Jeeg Robot” di Gabriele Mainetti

Roma, giorni nostri. Protagonista Enzo Ceccotti, ladruncolo di periferia che si barcamena tra piccoli furti nella speranza di non essere preso. Ma in fondo non è nessuno, mai riuscito ad entrare nel giro della criminalità che conta, schivo, deluso dalla vita e ancor più da se stesso.

Claudio Santamaria calza a pennello nel ruolo del nuovo superhero italiano, per interpretare il quale è dovuto aumentare di peso di ben 20 kg, 100 in tutto. Il film, ispirato alla serie manga Jeeg Robot d’acciaio di Go Nagai, è un film d’azione moderno, a cui viene però aggiunta una buona dose di ironia. È il mito dell’uomo qualunque che, in seguito ad un incidente, riceve super poteri tali da poter cambiare il mondo. O così crede Alessia (Ilenia Pastorelli), protagonista femminile che, vittima di violenza domestica e mentalmente disturbata, è ossessionata dall’idea che Hiroshi Shiba, eroe della serie, esista nel mondo reale e che proprio Enzo sia il fatidico Jeeg Robot d’acciaio. L’uomo compie così un percorso verso la redenzione, maturando la consapevolezza di avere un obbligo morale.

Nel cast, minuziosamente scelto dal regista Gabriele Mainetti, in stretta collaborazione con lo sceneggiatore Guaglianone, risalta un personaggio eccezionale: lo Zingaro, Luca Marinelli, boss eccentrico fino alla follia, innamorato della propria immagine e del sogno di diventare famoso e rispettato dalla malavita, che cerca di carpire i segreti della sovraumana forza fisica, ma non solo, del protagonista.

Ciò che emerge dal lungometraggio è la facilità con cui le storie che assorbiamo influenzano la nostra vita. Alessia crede che Jeeg Robot esista; Enzo, nonostante sappia non sia così, lentamente comincia a crederci e a ragionare da eroe (emblematico il gesto di sostituire i film porno con i dvd della serie animata).

Si tratta di un film come non se ne vedono molti in Italia, che prende solo il meglio dai più gettonati superhero movies americani. Un cinema di intrattenimento che nonostante il basso budget (1.700.000 euro) guadagna più di un posto d’onore alla premiazione dei David di Donatello e soprattutto riesce a far nascere in ciascuno di noi la domanda: possono ancora esistere, fra noi, uomini così fuori dall’ordinario?

Alice Dall’Agnol, studentessa del Corso di Critica cinematografica (DAMS, a.a. 2015-2016)

 

“Microbo & Gasolina” di Michel Gondry – 1

Quanti di noi da piccoli davanti a un foglio bianco non hanno mai disegnato una casa? Tetto rosso triangolare e finestre come occhi sorridenti, oppure assi di legno inchiodate? E quanti, spinti da un’immaginazione un po’ stereotipata, non ci hanno mai aggiunto quattro ruote, e un asfalto su cui zigzagare? Il film di Michel Gondry dà tridimensionalità a quel sogno comune, calandolo in una Francia problematica nell’istruzione e nei nuclei familiari. Microbo e Gasolina sono le vittime di questi due mondi: troppo “diversi” per adattarsi alla scuola (i soprannomi provengono proprio da lì, e dal bullismo dilagante), troppo liberi per restare nel nido di famiglie dure e distanti. Continua la lettura di “Microbo & Gasolina” di Michel Gondry – 1

Il magazine delle studentesse e degli studenti del Dams/Cam di Torino