La sezione ONDE – ARTRUM, nasce all’interno della rassegna della 33º edizione del TFF curata dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, centro per l’arte contemporanea sempre attento alla contaminazione fra le diverse realtà artistiche, in collaborazione con Anna Lenna Films, produttrice di film d’arte da più di quindici anni. La rassegna comprende sei film che segnano un percorso sul laceramento dello spazio e del corpo, e attraverso un circuito di carattere ritmico, impongono allo spettatore un crescendum di forze visive e sonore.
“The Hallow” di Corin Hardy – Conferenza stampa
Il regista inglese Corin Hardy informa il pubblico che “the hallow” è il corvo nella cultura folklorica delle favole irlandesi in cui compaiono fate, elfi e spiriti. Hardy è un grande estimatore degli horror anni ’70-’80: non è un caso che si presenti alla Conferenza stampa con una maglietta su cui appare scritto SUSPIRIA, chiaro riferimento al film di Dario Argento, da cui afferma di sentirsi influenzato dal punto di vista visivo.
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“Hong Kong Trilogy” di Christopher Doyle
Nonostante il titolo impegnativo, Hong Kong Trilogy di Christopher Doyle è un unico film, e nemmeno particolarmente lungo. Un documentario dedicato dal noto Direttore della fotografia australiano alla sua amata patria d’adozione. Dopo avere lavorato con registi di tutto il mondo, tra cui Wong kar-wai (quasi l’intera filmografia), Gus Van Sant, M. Night Shyamalan e Neil Jordan, Doyle si lancia nella picaresca impresa di raccontare la città cinese da un punto di vista completamente diverso dal solito e in completa autonomia.
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“Tragica alba a Dongo” di Vittorio Crucillà
Difficile situare quest’opera in una delle due categorie che, secondo Luigi Freddi, il Duce aveva elaborato riguardo la settima arte («I film si suddividono tra quelli di cui il pubblico si chiede come finiranno e quelli di cui lo stesso pubblico si chiede quando finiranno»). Per quanto riguarda Tragica alba a Dongo il pubblico si è invece chiesto quando l’avrebbe mai potuto vedere.
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“Comoara” (“Treasure”) di Corneliu Porumboiu
Comoara (“tesoro” in rumeno) è il fulcro di questa vicenda quasi fiabesca. Siamo in Romania, un padre racconta la favola di Robin Hood al suo bambino, ma viene interrotto dal vicino che gli chiede in prestito del denaro, è pieno di debiti e stanno per espropriargli la casa. Entrambi però sono nelle stesse condizioni, anche il padre riesce a malapena ad arrivare a fine mese.
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“Just Jim” di Craig Roberts
Craig Roberts è nato nel 1991 ed ha appena diretto il suo primo film, Just Jim, presentato nella sezione Festa Mobile del TFF33. Pare che per problemi di budget abbia deciso di affidare a sé stesso il ruolo del protagonista (ottima scelta, perché come diciassettenne triste funziona a meraviglia). Ma non finisce qui: Roberts ha anche scritto la sceneggiatura.
“Ritorno a Spoon River” di Francesco Conversano e Nene Grignaffini
Francesco Conversano e Nene Grignaffini dedicano un film all’Antologia di Spoon River per celebrare i cent’anni dalla pubblicazione della celeberrima raccolta di poesie di Edgar Lee Masters. Il film è girato a Lewiston e Petersburg, nell’Illinois, dove gli abitanti di quei luoghi rileggono il testo immersi nei loro ambienti familiari. Il film ha un ritmo lento, anche troppo a volte, ma l’idea è sicuramente ottima. In 104 minuti di viaggio attraversiamo cittadine che raccontano l’America di provincia e le vite delle persone che le abitano.
Ognuno dei personaggi che rilegge gli epitaffi si immedesima nei protagonisti del libro, come se questo parlasse anche delle loro vite.
“All, all are sleeping on the hill”. Il tempo è fermo, si passa di casa in casa a sentire le persone che raccontano la loro storia. L’impressione è che gli abitanti di queste due città d’America siano adagiati nelle loro vite e bloccati come i personaggi di Spoon River. Come è ben noto, la vita nell’America di periferia non è affatto facile e divertente e questa storia è un esempio di cosa significhi vivere isolati e quasi imprigionati in città anche grandi, ma vuote e poco stimolanti.
Una delle abitanti di Lewiston rilegge uno dei versi frasi più emozionanti dell’Antologia: “It takes life to love life”, per dire che serve un certo spirito per amare la vita, pur vivendo lì.
Il testo di Lee Masters è stato scritto nel 1915 e ancora oggi è attuale. George Gray diceva: “Eppure avevo fame di un significato nella vita”, e penso che questo sia un pensiero comune a tutti noi così come ai personaggi del film.
“Ya tayr el tayer” (“The Idol”) di Hany Abu-Assad
Nel programma del TFF alle sinossi dei film sono ovviamente affiancate la durata, il regista e i luoghi di produzione. Quando mi sono soffermato su Ya tayr el tayer (The Idol), prima ancora di leggerne la breve trama, ho visto che Paesi produttori del film sono UK, Qatar, Olanda e Palestina. Quindi si tratta, pensai, di una produzione multinazionale e tra gli Stati coinvolti figura uno tra i luoghi più martoriati della Terra. L’aspettativa era quindi relativamente triste: guerra, sofferenza e soprusi. Continuando a leggere ho intuito che la storia poteva avere dei risvolti originali quando, accanto al nome del protagonista Mohammed Assaf, ho notato le parole “vittoria” e “Arab Idol”.
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“Just Jim” di Craig Roberts – Conferenza stampa
Quello di Craig Roberts, classe 1991, è un esordio tutto da lodare. Nella sua “strana commedia”, Just Jim, ricopre contemporaneamente i ruoli di sceneggiatore, regista e attore. Quando in conferenza stampa gli si fa notare che oltre a stare benissimo dietro la macchina da presa ha anche la stoffa dell’attore comico, lui inevitabilmente risponde con una battuta: “Non sono uno smodato egocentrico, davvero. È stata una semplice questione di budget: giravamo con pochissimi soldi e, sapete, bisogna sempre portarne a casa il più possibile.”
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Return to Spoon River by Francesco Conversano and Nene Grignaffini
Article by: Giulia Conte
Translation by: Lorenzo Matarazzo
Nene Grignaffini and Francesco Conversano dedicate a film to the Spoon River Anthology to celebrate the hundred years from the publishing of the famous poetry collection by Edgar Lee Masters. The movie was shot in Lewiston and Petersburg, Illinois, where the current inhabitants of those places read the compositions in their houses’ rooms. Slow pace, even too much sometimes, but a particular idea for sure. 104 minutes of traveling through small towns which tell the tale of the provincial America and the lives of those who live there.
All of the characters who read one of the epitaphs, identify themselves with one of the protagonists from the book, as if the latter were speaking of their lives too.
“All, all, are sleeping on the hill.”
Time is still, and the film moves from house to house, listening to the story of everyone. The feeling is that the inhabitants of the two cities are lazily living their lives, stuck like the Spoon River characters, who, and here lies the difference, were dead. As it is well known, life in suburban America can be many things, except easy and fun. This narration is a clear example of what means living isolated and almost imprisoned in cities, which might be big under the aspect of territorial extension but empty and not interesting on a cultural level.
One of the Lewiston citizens reads one the most touching sentences from the Anthology:
“It takes life to love life”
This to say that a certain kind of spirit is needed to love life, despite living there.
The Spoon River Anthology is a work written in 1915, which is still very contemporary today: George Gray said:
Yet all the while I hungered for meaning in my life.”
And I think that this is a very common thought, shared by anyone of us, just like it is by the characters of the movie.
The work of Grignaffini and Conversano is entirely focused on this aspect, i.e. passing on the hunger for life and the willingness of persons to tell themselves, in order to give life to an film that, although not easy in its comprehension, is moving and makes one think.
“Il giorno dei Trifidi” (“The Day of the Triffids”) di Steve Sekely
È un letale spettacolo pirotecnico quello che illumina il cielo londinese durante una notte misteriosa: centinaia di meteoriti colpiscono la Terra producendo lampi che accecano chiunque si soffermi a guardarli e liberando una micidiale specie arborea. Ha inizio il giorno dei Trifidi, enormi piante carnivore dotate di capacità locomotorie: sono intelligenti, velenosi, affamati e decisamente poco adatti ad ornare un elegante giardino all’inglese.
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The Hallow by Corin Hardy
Article by: Luca Richiardi
Translation by: Kim Turconi
How do a young and loving couple react to the unknown?
The most primordial and essential life events can have serious effects on us, when they are experienced firsthand. The unknown is hidden behind the birth of a child, in the way in which such event changes the perception of the relationship between parents; the unknown can be found in tales and myths, among the folklore that is (or was) transmitted to children.
The Hallow, first feature film of the young British author Corin Hardy, deals with ambiguities and the unknown. The film initially titled “The Woods”, was premiered at the Sundance Festival, where it has been noticed for its qualities.
The Hallow is without any doubt a horror; it proudly represents the genre with all the trimmings and many clichés that are so appreciated by horror fans. We see a little family, happy to start their life together in their new isolated home surrounded by a lively, dark, dangerous forest. There is nothing wrong with using and abusing of such commonplaces, when it is done skillfully. This is what good films do, and they manage to do it in a stimulating and pleasant way.
Good films put the audience at ease by presenting a familiar atmosphere: a relaxed audience can be carried in different directions – even new directions – as long as the film itself is able to respect the audience. This is the case of The Hallow.
As he said himself during the press conference, Corin Hardy is a big fan of horror, especially of the golden age of Italian horror: the ’70s and ’80s variety of Dario Argento and Lucio Fulci – as evidenced by Corin’s shirt of Suspiria, worn with pride.
Hardy is well aware of what it needs to make a good horror film, and he shows great respect for his role models.
The Hallow is born from the legends of European folklore – Irish folklore in particular – and, for this reason, the film is set in Ireland itself. Hardy gathered together changelings, fairies, sylvan monsters, traditional creatures and he reshaped them with his own hands. He also showed to us some preliminary but beautiful sketches of the creatures design.
The Hallow is the result of measured quotations scattered throughout the film, good narrative choices that keep the tension high by playing on ambiguous situations, believable performances from the actors, great soundtrack and the light – almost invisible – hand of the director.
A horror film not to be taken lightly: it will scare, confuse and entertain you, and it will make you desire to watch another Corin Hardy’s film again.
“The Hallow” di Corin Hardy
Come reagisce una coppia giovane e innamorata di fronte all’ignoto?
Le cose più antiche e fondamentali dell’esistenza, quando vissute in prima persona, possono avere su di noi effetti terrificanti. L’ignoto si nasconde nella nascita di un figlio, nel modo in cui questo evento modifica la percezione del rapporto di coppia tra i genitori; l’ignoto si trova nelle leggende, nel folklore, nelle fiabe che si raccontano (o si raccontavano) ai bambini.
“Evolution” di Lucille Hadzihalilovic
La visione del film turba e scuote; questa è l’unica certezza che ci concede l’opera seconda di Lucille Hadzihalilovic, regista francese timida d’indole ma dotata di una voce spiazzante e ardita, la quale ci presenta un film duro e coinvolgente, a dieci anni da Innocence, il suo lungometraggio d’esordio.
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“Iona” di Scott Graham – Conferenza stampa
In conferenza stampa è oggi protagonista il film Iona, del regista Scott Graham.
Scott Graham ha già partecipato al Torino Film Festival nel 2012 vincendo il premio per il miglior film con Shell. Bruno Fornara fa notare al regista che il tema che lega i due film è la solitudine. Graham spiega che quando ha deciso di girare Shell sapeva già che si sarebbe cimentato con il tema che poi sarebbe confluito in Iona.
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Cinque cortometraggi – TFF 2015
In un clima caldo e familiare, la sera di domenica 22, assistiamo alla prima dei cortometraggi di Spazio Torino e la tensione dell’attesa è palpabile. Probabilmente metà del pubblico presente conosce o ha collaborato direttamente alle riprese dei film, tanto che sono seduta a fianco della moglie dell’unico superstite della tragedia raccontata da Neve rosso sangue di Daniel Daquino, Evento Speciale della rassegna. Ambientato a Valmata, in provincia di Cuneo, il film vede protagonisti un gruppo di partigiani che poco prima della fine del secondo conflitto mondiale vengono trucidati dalla Brigata Bassano. Il film rievoca un clima che non è concesso dimenticare.
“Morituri” di Daniele Segre
Morituri è il terzo film di una trilogia, dopo Vecchie e Mitraglia e il verme, firmato Daniele Segre e inserito nella sezione Palcoscenico di Festa Mobile.
“Les loups” di Sophie Deraspe
Sophie Deraspe, regista canadese già nota al Torino Film Festival per una sua precedente partecipazione in concorso con Un soffio di vita nel 2009, quest’anno presenta nella sezione TFF33 Les loups. Protagonista è una comunità di pescatori che vive sulla riva dell’Oceano Atlantico ignorando le sovrastrutture e le regole della civiltà metropolitana. La quotidianità che si vive in città è molto distante da questa “utopica” comunità.
Brooklyn by John Crowley
Article by: Giulia Conte
Translation by: Rita Pasci
Brooklyn, a drama directed by John Crowley and written by Nick Hornby, based on the novel of the same name by Colm Toìbin. It’s the moving story of Eilis Racey (Saoirse Ronan), a young Irish immigrant who, attracted by the promise of America, departs from Ireland leaving her family and her home to reach the coasts of New York City. The initial chains of homesickness quickly fade away and Eilis lets herself get lost in the intoxicating charm of love. Pretty soon, her liveliness is interrupted by her past, and this young woman will have to make a choice between the two countries and the two lives they involve. Continua la lettura di Brooklyn by John Crowley
“Brooklyn” di John Crowley
Brooklyn :è un film drammatico diretto da John Crowley e sceneggiato da Nick Hornby, basato sull’omonimo romanzo di Colm Toìbin. E’ la storia commovente di Eilis Racey (Saoirse Ronan), una giovane immigrata irlandese che, attirata dalle promesse dell’America, parte dall’Irlanda lasciando la famiglia per New York City. L’iniziale nostalgia di casa diminuisce rapidamente e Eilis si lascia prendere dal fascino inebriante dell’amore. Ben presto la sua vivacità si scontra con il suo passato, e la giovane dovrà scegliere tra i due Paesi e le vite che essi le offrono.