LET’S GO

Article by: Matteo Bagnasacco

Translation by: Paola Pupella

 “Let’s go”, directed by Antonietta De Lillo, was included in the section “Diritti & Rovesci”, a new section of the 32nd Torino Film Festival edited by Paolo Virzì.  In her film, the director of “Il resto è niente (Everything else is nothing)” tells the story of Luca Musella.

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ROLLING THUNDER: THERE ARE NO AMERICAN FLAGS

Article by: Emanuel Trotto

Translation by: Paola Pupella

A Vietnam veteran, unsuited, insomniac, unable to integrate in society, finally arms himself and carries out a massacre. We are not talking about Taxi Driver, but a just subsequent film to Scorsese’s masterpiece (showing only one year later, in 1977): Rolling Thunder.

Both films arise from the anguished pen of Paul Schrader, who, after a noteworthy activity as a scriptwriter (The Yakuza for Sidney Pollack, Obsession for Brian De Palma), firmly intended to become a director. However, because of production problems, his project was rather handed to John Flynn as director and Heywood Gould as re-scriptwriter. Schrader’s debut will happen later, in 1978, with a working class drama entitled Blue Collar.

The story of alienation and revenge of Major Rane is perfect. When the protagonist comes back to his hometown in Texas, after 7 years of imprisonment in Vietnam (that scarred him deeply), his fellow citizens reward “his heroism” with a box of silver dollars. Some bandits proceed to steal his money and kill cruelly his wife and his child. Major Rane then decides to take the law into his own hands.

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“ROLLING THUNDER” DI JOHN FLYNN

Un reduce dal Vietnam disadattato, insonne, incapace di integrarsi nella Società alla fine del film si arma di tutto punto e fa una carneficina.  No, non sto parlando di Taxi Driver, bensì di un film appena successivo (di un anno: è infatti del 1977) al capolavoro di Scorsese: Rolling Thunder. Entrambi i film nascono dalla penna tormentata di Paul Schrader che, dopo una notevole attività di sceneggiatore (The Yakuza per Sidney Pollack, Complesso di colpa per Brian De Palma), era fermamente intenzionato a passare dietro la macchina da presa ma, per problemi produttivi, il progetto è stato poi affidato per la regia John Flynn e per la riscrittura a Heywood Gould.

Schrader esordì  ripiegando sul dramma “operaio” Tuta blu nello stesso anno. Ma la storia di alienazione e vendetta del Maggiore Rane era perfetta: questi torna a casa, in Texas, dopo sette anni di prigionia in Vietnam (che lo segnano profondamente) e la comunità gli riconosce “per eroismo” una cassa di dollari d’argento. Dei banditi rubano i soldi e gli uccidono barbaramente moglie e figlio. Rane decide di farsi giustizia da solo. Continua la lettura di “ROLLING THUNDER” DI JOHN FLYNN

CINQUE CORTOMETRAGGI DI SPAZIO TORINO

Piacevole è vedere come la mancanza di fondi e la scarsità di distribuzione non tolgano mai l’entusiasmo e la voglia di fare dei giovani cineasti, che si cimentano nella nobile arte del cortometraggio. E’ una vera e propria palestra per i registi del futuro; da Spielberg a Lucas passando per Ridley Scott e Nolan, il corto già mostra quello che sarà lo stile visivo di un cineasta. Ieri sera, nella sala 1 del Reposi, alcuni filmmaker piemontesi hanno iniziato la rincorsa, forse, ai mostri sacri sopra citati. Continua la lettura di CINQUE CORTOMETRAGGI DI SPAZIO TORINO

“THE DUKE OF BURGUNDY” DI PETER STRICKLAND

Il film di Peter Strickland The Duke of Burgundy è l’unica opera terza in concorso al TFF32.

Il tempo e il luogo dell’azione sono imprecisati. Siamo in una curiosa comunità interamente femminile che gravita attorno a un istituto di entomologia. Le donne, vestite secondo la moda anni ’60 e ’70, tengono letture scientifiche, si aggirano con aria assorta in bicicletta e vivono in vecchie ville gotiche ricoperte d’edera.

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Cinque cortometraggi di Josephine Decker

 

Dagli States, echi di favole gotiche

Un dolce terremoto è l’omaggio dedicato alla giovane filmmaker americana Josephine Decker. Gone Wild, Madonna Mia violenta, Thou Wast Mild and Lovely, Balkan Camp e Butter on the Latch sono i cinque lavori presentati al Torino Film Festival. Tra accenti mumblecore e realismo magico, le opere della regista statunitense devono molto ai film di Joe Swanberg (regista del celebre Uncle Kent), che la Decker stessa definisce suo mentore, e all’ossessiva simbiosi panica che è alla base dei romanzi di John Steinbeck. Continua la lettura di Cinque cortometraggi di Josephine Decker

ECHOES OF GHOTIC FAIRY TALES FROM THE STATES

butter on the latch

Article by: Alessandro Arpa

Translation by: IlariaRana

 A soft earthquake has been dedicated to Josephine Decker, a young American filmmaker. “Gone Wild”, “Madonna miaviolenta”, “Thou wast mild and lovely”, “Balkan Camp” and “Butter on the latch” are the films she presented at the Turin Film Festival. Her films include Mumblecore elements and magic realism. In fact, Josephine Decker draws inspiration from Joe Swanberg (director of the renowned film “Uncle Kent”), whomshe considers her mentor, and from John Steinbeck and his novels based on an obsessive panic symbiosis.

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N-CAPACE, ELEONORA DANCO’S DEBUT AS A FILM DIRECTOR

Article by: Giulia Conte

Translation by: Ilaria Codeluppi

 Eleonora Danco, theatre author and actress, makes her debut as a film director with her first feature-length movie. N-Capace is the second movie, together with Frastuono, by DavideMaldi, that represents Italy in this 32nd Turin Film festival.

Eleonora Danco plays a woman, a tormented soul, that wanders around from Terracina to Rome, places which have a connection both to her childhood and her present life. Along the way, she questions the teenagers and elderly people she meets, asking questions about death, school, love, sex, religion, homosexuality, violence and traditions. Her purpose is to understand their feelings through the answers, and to feel their emotions.

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THE BABADOOK

Article by: Davide Bertolino

Translation by: Carla Cristina Loddo

After the success both of the critic and the audience at the Sundance Film Festival, The Babadook, first feature film by the newcomer Jennifer Kent, participates in competition at the Torino Film Festival. Even by following with absolute rigour the classical phases of horror films with a possession subject (the monster, the kid who plays with the presence, the mother initially incredulous), the Australian film cleverly avoids banality giving a new point of view, certainly in a more psychological and deeper way than numerous other products of the same genre.

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“The Babadook” di Jennifer Kent

Reduce del successo di critica e pubblico al Sundance, The Babadook, primo lungometraggio dell’esordiente Jennifer Kent, approda in concorso al Torino Film Festival. Pur seguendo con assoluto rigore gli schemi dell’horror a tematica fantasmi/possessione (il mostro, il bambino che gioca con la presenza soprannaturale, la madre inizialmente incredula), il film australiano si districa abilmente dal tranello della banalità proponendoci un punto di vista nuovo, decisamente più intimo rispetto alle numerose produzioni del genere. Continua la lettura di “The Babadook” di Jennifer Kent

WISDOM AND HAUGHTINESS

Article by: Romilda Boffano

Translation by: Ilaria Rana

“La Sapienza” is the fifth feature film by Eugéne Green. Its preview was screened last summer at the Locarno Film Festival and it opens the section “Onde” of the 32nd Turin Film Festival. This film tells about the meeting between two couples. Alexandre and Alienor Schmidt are married and they are an architect and a psychoanalyst respectively.

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“LA SAPIENZA” DI EUGÈNE GREEN

La Sapienza, quinto lungometraggio di Eugène Green, presentato in anteprima al festival di Locarno quest’estate e film d’apertura della sezione Onde del TFF 32, racconta l’incontro tra due coppie.  La prima è costituita da Alexandre e Alienor Schmidt, marito e moglie, rispettivamente architetto e psicoanalista.

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“In guerra” di Davide Sibaldi

In guerra, ovvero un tipo di cinema che ci fa usare superlativi, sia in lode che in condanna. 

Daniel Sovrano – interpretato dal talentuoso Fausto Cabra, attore teatrale che si è formato con Luca Ronconi presso il Piccolo Teatro – è uno sgherro che combatte una battaglia personale negli ambienti più malfamati di Milano. Una sera si imbatte nella fragile Eleonora – la splendida Anna Della Rosa, balzata alla notorietà con La grande bellezza, ma già nota in teatro con Blackbird –, una principessa in pericolo che il protagonista decide di portare in salvo attraverso gli orrori della giungla urbana. Continua la lettura di “In guerra” di Davide Sibaldi

“The Graduate” (“Il laureato”) di Mike Nichols

Fuga dalla middle class

Los Angeles. Un impacciato e vulnerabile ragazzo (Dustin Hoffman) galleggia in mezzo alla piscina del giardino di casa nascondendo l’angoscia per il futuro dietro un paio di occhiali scuri. Ma la musica che sentiamo (The Sound Of Silence di Simon & Garfunkel) rivela il suo sgomento davanti alla vita che ha già trascorso e a quella che l’attende. Benjamin Braddock, figlio dell’agiata middle class californiana, neolaureato alla Berkeley University, basso e bruttino, goffo e insicuro, ha sempre la stessa espressione e non si separa mai dalla sua adorata automobile, una Duetto Alfa Romeo che farà epoca. In realtà, l’apparente inerzia di Ben, che lo farà finire tra le braccia e le lenzuola dell’annoiata quanto avvenente Mrs. Robinson (Anne Bancroft), nevrotica amica dei suoi genitori, si rivelerà essere molto più consapevole e lucida di quanto non sembri. Continua la lettura di “The Graduate” (“Il laureato”) di Mike Nichols

“The Conversation” (“La conversazione”) di Francis Ford Coppola

Paranoia, paranoia canaglia…

San Francisco. Harold Caul (Gene Hackman) è un tecnico della sicurezza specializzato in intercettazioni. Espertissimo in spionaggio elettronico, trascorre la vita nel più totale isolamento per potersi immergere completamente negli incarichi che gli vengono affidati, riducendo al minimo il contatto con il prossimo e troncando sul nascere ogni possibile rapporto interpersonale. Assorbito totalmente dalla propria professione, scopre a poco a poco che la razza umana è capace di azioni terribili, inimmaginabili. Azioni che in passato l’hanno profondamente sconvolto, rendendolo incapace d’interessarsi minimamente a ciò che registra. Gli importa solo che la registrazione sia perfetta, il suono “pulito”. Incaricato di spiare quella che pare essere una relazione extraconiugale, si ritrova ben presto catapultato al centro di una torbida vicenda più grande di lui, capace di soffiargli via quel poco di dominio che aveva su un’esistenza precaria, fatta di assoli musicali e pezzi di vita altrui… Continua la lettura di “The Conversation” (“La conversazione”) di Francis Ford Coppola

EUGENE GREEN’S PRESS CONFERENCE

Article by: Matteo Merlano

Translation by: Ilaria Rana

 A press conference is often a useful instrument for getting rid of any doubts about a film. “La sapienza” is undoubtedly one of those films that must be discussed a lot, whether for its techniques, its narration or the recitative style of its actors. It is a film in which each shot represents a room (in fact the underlying theme is architecture) and each actor talks with themselves without interacting with the others. Each line is pronounced clearly and it represents a struggle rather than a sentence with a meaning. It is a kind of cinema that may not please people.

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“Tokyo Tribe” di Sion Sono

“E lasciatemi divertire!” avrebbe detto Aldo Palazzeschi. La stessa cosa direbbe Sion Sono quando, una delle sue “ultime” fatiche (la sua prolificità è di almeno due, tre film l’anno) viene accolta nei festival internazionali in maniera bipolare: da una parte applausi e passione degli ammiratori; dall’altra la fredda perplessità (se non proprio disgusto) dei suoi detrattori.

Il film in questione è Tokyo Tribe, una Grand opéra rap nipponica che mescola suggestioni tratte dal manga di Inoue Santa, da Walter Hill, dal primo Takashi Miike, dai videogames, da John Woo, dal cinema di arti marziali che fu masticato e sputato nel gusto citazionistico tarantiniano.

Assistiamo alla delirante guerra scatenata da Lord Buppa, capo dei capi delle bande criminali di Tokyo, asserragliate in ghetti-fortezze e in perenne lotta fra di loro. Con un pretesto futile, Buppa decide di provocare una personale Notte dei cristalli assoldando le Felpe Nere della Wusa e due misteriosi mercenari. Per fermarlo le altre bande decidono di appianare i conflitti che le hanno sempre separate e dare il via a una battaglia finale.

 Coloro i quali amano il cinema di Sion Sono si trovano in una posizione difficile. Da una parte ci si abbandona alla visione di geniali trovate registiche (una su tutte l’incipit: un lunghissimo piano sequenza che segue il narratore, si sofferma su personaggi di varia umanità e mostra l’ambiente partendo da due ragazzini che giocano con dei petardi), dall’altra si rimane perplessi davanti all’eccessiva lunghezza di un musical folle dove lunghi piani sequenza accompagnano canzoni che hanno tutte lo stesso ritmo, lo stesso uso eccessivo dei bassi, le stesse rime martellanti come colpi di cannone sulle tempie. Inoltre gli interpreti paiono completamente incapaci di dare un senso e un pathos ai loro personaggi superando il limite della caricatura.

 Non bisogna però dimenticare che, comunque, si tratta di un cine-fumetto alla giapponese (manga vuol dire appunto questo) e in Giappone è consuetudine lasciare i personaggi dei film ispirati ai manga su un piano assolutamente inverosimile. Le emozioni sono parodie di reali emozioni, tutto è eccessivo, esagerato, grottesco, delirante, barocco, caleidoscopico. È da questa parte che sta il lato migliore del film, soprattutto se a maneggiare questa dinamite c’è un regista che ha fatto dell’eccesso, della violenza, dell’ironia disarmante e grottesca il suo marchio di fabbrica: non si possono dimenticare il sanguinario pamphlet Suicide Club, la sofferenza esistenziale di Guilty of Romance,  i deliri di Strange Circus.

Tutto è luccicante, i colori accesi, la macchina da presa compie novimenti vertiginosi nei budelli più sporchi e degradati di Tokyo dove il sesso è esibito e i gangsters sono folli, violenti e sadici. Lo sguardo dell’autore si muove in modo sinuoso come un serpente che entra nella tana del coniglio per a morderlo, stordirlo, avvolgerlo nelle sue spire, fagocitarlo e vomitarne i resti.  Di certo il musical “alla” Sion Sono può piacere o non piacere, ma certamente riesce a sopraffare lo spettatore più accanito che non riuscirà a dimenticarlo. La preda è stata fagocitata. Sion Sono non si dimentica, e lui basta questo: “…e lasciatemi divertire!!!”

“LA SAPIENZA” DI EUGÈNE GREEN – CONFERENZA STAMPA

Una conferenza stampa è strumento utile per fugare i dubbi riguardo ad un film. La Sapienza è indubbiamente una di quelle opere su cui si dovrebbe discutere parecchio, a livello linguistico, narrativo e soprattutto recitativo. Ogni inquadratura è una stanza (è un caso che il filo conduttore sia l’architettura?) e gli attori non interagiscono tra di loro, ma parlano con se stessi. Ogni battuta è ben scandita e assomiglia più a una dichiarazione che ad un elemento di dialogo.  Continua la lettura di “LA SAPIENZA” DI EUGÈNE GREEN – CONFERENZA STAMPA

Il magazine delle studentesse e degli studenti del Dams/Cam di Torino