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SOUNDFRAMES: CINEMA E MUSICA IN MOSTRA

Dal 26 gennaio 2018 al 7 gennaio 2019 l’Aula del Tempio del Museo Nazionale del Cinema ospita una mostra dal titolo evocativo: Soundframes, ovvero quando la musica entra nel cinema, in onore del centenario della nascita del celebre compositore Leonard Bernstein.
Ventiquattro schermi si susseguono lungo la rampa elicoidale che traccia il perimetro della Mole Antonelliana e portano il visitatore in un viaggio multimediale grazie alle cuffie wireless fornite all’inizio del percorso che permettono di immergersi completamente in una vera e propria  visita esperienziale, solitaria e immersiva.

Otto sono le aree tematiche, costituite da montaggi di centinaia di spezzoni di film ai quali è associata la colonna sonora originale o nuove proposte di sonorizzazione che trasformano ciò che già si conosceva in qualcosa di completamente nuovo (ad esempio, quali sensazioni suscita sentire le note di Purple Rain mentre scorrono sullo schermo le immagini de Il Fuoco di Pastrone?).
All’ultimo piano di questo percorso si incontrano le sei stanze interattive, dove, oltre a vedere ciò che scorre sugli schermi e sentire le musiche correlate, si può anche sperimentare direttamente, giocare con le associazioni suono-immagine, per comprendere quanto una certa colonna sonora sia rilevante per la resa finale dell’intero prodotto filmico.
Nell’arco dell’anno, alla mostra Soundframes si associa la programmazione di svariati eventi che si terranno  all’interno dell’Aula del Tempio stessa e presso il Cinema Massimo (il programma è consultabile mensilmente  online sulla pagina del sito del Museo del Cinema dedicata alla mostra, sia sul programma in distribuzione presso il cinema Massimo).
La mostra, nata da un concept di Donata Pesenti Campagnoni, è a cura di Grazia Paganelli e Stefano Boni, con la collaborazione di Maurizio Pisani, ed è dedicata a Gianni Rondolino.
Nei prossimi mesi Cinedams si occuperà da vicino degli eventi in programma e dedicherà diversi approfondimenti alle aree tematiche, ai film e ai generi cinematografici presenti in mostra.

“SOUNDFRAMES DAYS”: RAPPORTO FRA CINEMA E MUSICA

Da aprile 2018 è nata una nuova collaborazione tra il Museo Nazionale del Cinema e il Seeyousound International Music Film Festival, nell’ambito della mostra SoundFrames ospitata all’interno della Mole Antonelliana (fino al 7 gennaio 2019). Si tratta dei SoundFrames Days, ovvero giornate di approfondimento  e proiezioni di film dedicati al rapporto tra cinema e musica. Il primo appuntamento ha avuto come protagonisti tre docu-film.

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“THE OPENING OF MISTY BEETHOVEN” – “A BOCCA PIENA” DI RADLEY METZGER

Andare al cinema per vedere un vero e proprio film pornografico è un’esperienza lontanissima dall’odierna fruizione del porno. Oggi, la visione si limita a un video di una manciata di minuti, fruito in solitudine. Immagini di sesso amatoriale o fin troppo finto, come sono finti gli orgasmi, finte le prestazioni. Sesso come un fast food, funzionale alla gratificazione immediata. Rituale certamente molto diffuso, ma circondato dallo stesso tabù di un tempo. Così, quando arriva il momento di sedersi al proprio posto nel buio della sala cinematografica, sembra quasi surreale che il pubblico sia composto da uomini e donne di ogni età, gomito a gomito. La sensazione è quella di star prendendo parte ad un rituale vecchio di quarant’anni,  che appartiene a un momento storico di rivoluzione sessuale, in cui il film pornografico era un prodotto concepito con potenzialità proprie, destinato a specifici luoghi e pubblici.

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“INTERSECTIONAL VIEWS” DI ANDREA SILVESTRO E STEFANO STEFANINI

“Non mi è mai stato detto di essere attraente nonostante il colore della mia pelle”.
“Non ho mai ricevuto insulti o violenze per il mio orientamento sessuale”.
“Non mi è mai stata negata un’opportunità lavorativa a causa del mio genere”.
In una società sistematicamente ingiusta, poter fare questo tipo di affermazioni equivale a un privilegio. Cos’è quindi l’intersezionalità e perché è così importante parlarne?

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“STRAWBERRY BUBBLEGUM” DI BENJAMIN TESKE

Lucy ha 17 anni e sta attraversando quel momento della vita tipico di ogni adolescente in cui le imposizioni genitoriali iniziano a stare strette e si avverte la necessità di rompere con il passato e crearsi una propria identità. La scintilla che accenderà in lei il fuoco del cambiamento è la scoperta che la severa e rigida madre ha recitato in svariati film porno tedeschi a cavallo tra gli anni ’80 e ‘90. Continua la lettura di “STRAWBERRY BUBBLEGUM” DI BENJAMIN TESKE

“MY FUCKING PROBLEM” DI ANNE VAN CAMPENHOUT

Nonostante la grande diffusione del vaginismo nel mondo femminile, si tratta di una patologia che resta ancora nell’ombra, di cui le donne parlano con estrema difficoltà e di cui molti non conoscono affatto l’esistenza. Perché chi soffre di vaginismo non è colpito da un’ossessione incontrollabile per l’organo femminile, tutt’altro. Il vaginismo è un processo psicofisiologico complesso che impedisce qualsiasi penetrazione vaginale. L’atto sessuale è dunque impossibile, il pene non riesce ad entrare senza provocare dolore; gli organi genitali sono normali ma, a qualsiasi tentativo di penetrazione (persino gli esami vaginali devono essere effettuati, talvolta, sotto anestesia) l’apertura vaginale si serra con una contrazione involontaria dei muscoli.

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“SALON KITTY” DI TINTO BRASS

Il maestro del cinema erotico Tinto Brass, memore de Il portiere di notte di Liliana Cavani e del viscontiano La caduta degli dei, di cui, tra l’altro, condivide anche due attori quali Helmut Berger e Ingrid Thulin, affiancati dalla bella e affascinante Teresa Ann Savoy, dirige nel 1976 un nazisploitation provocatorio, nel quale sesso e potere si fondono e si confondono. Salon Kitty segna anche una svolta nella filmografia del regista: se prima le sue pellicole erano più impegnate e politiche, a partire da questo lungometraggio il regista prende la strada dell’erotico. Continua la lettura di “SALON KITTY” DI TINTO BRASS

“VEM SKA KNULLA PAPPA?” DI LASSE LÅNGSTRÖM

Vem ska knulla pappa? (Who will fuck daddy?) è un titolo che rimarrà impresso per un po’ di tempo nella mente di coloro che hanno avuto la (s)fortuna di imbattersi in questo film. Antiffa Vänsterfitta e Lasse Långström sembrano non voler porre freno alle loro fantasie e depravazioni, conducendoci in un viaggio altrimenti difficile da immaginare. Una sorta di favola queer con la Q maiuscola, da inserire nel panorama undeground LGBT svedese, ambientata in una foresta misteriosa e fatata, in cui dominano le tinte del rosa, del viola, tra una popolazione totalmente al femminile. Continua la lettura di “VEM SKA KNULLA PAPPA?” DI LASSE LÅNGSTRÖM

“PORNOCRATIE. LES NOUVELLES MULTINATIONALES DU SEXE” DI OVIDIE

Le premesse di Pornocratie. Les nouvelles multinationales du sexe sono molto interessanti: mai come oggi si è consumata così tanta pornografia, eppure l’industria pornografica sta affrontando la crisi più nera dal momento della sua nascita, e a farne le spese sono spesso gli interpreti.

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CORPI POLITICI E POLITICA DEI CORPI TRA CINEMA E MEDIA IN ITALIA. INTORNO E OLTRE IL ’68

Articolo di Elio Sacchi e Gianluca Tana

Charlotte Rampling con le bretelle e il cappello di un ufficiale nazista nel film di Liliana Cavani Il portiere di notte è ormai entrata nell’immaginario collettivo, diventando un’immagine cult: con questa figura si è voluto emblematicamente presentare il convegno Corpi politici e politica dei corpi, che vuole ragionare sulle personalità attoriali, registiche e non solo, che più hanno segnato la scena cinematografica, televisiva e mediatica “intorno e oltre il ’68”.

L’ampliamento dei confini del visibile, in seguito alle numerose lotte e conquiste sessantottine, ha portato alla ribalta numerose tematiche narrate ed esplorate tanto dal cinema d’autore quanto da quello di genere, da personalità autoriali e attoriali già affermate come Luchino Visconti, Pier Paolo Pasolini, come Monica Vitti e Laura Betti, da personaggi della cultura pop come Twiggy, Gianni Morandi o Rita Pavone, che diventeranno emblema e diretta espressione del periodo. Sicuramente, in questi anni, uno degli aspetti che più hanno segnato l’universo mediatico italiano è la visione del corpo, sia maschile sia femminile, in relazione alla sfera sessuale: si impongono così personaggi diversi, in profonda dialettica con le figure del cinema precedente ed emergono nuove figure divistiche, figlie di una nuova idea di sensualità e di un cambiamento dei costumi e del gusto di una generazione che non si rispecchia più nei modelli precedenti, ed è alla ricerca di una propria identità. Volendo trovare un motivo e tema conduttore, un filo rosso che lega le diverse relazioni presentate durante questo convegno, questo può essere individuato nell’idea che i corpi, e il sesso, diventano politici per se stessi, diventando linguaggio, segno e veicolo di nuovi valori.

“Blue Kids” di Andrea Tagliaferri

Sono due fratelli diabolici i Blue Kids messi in scena dall’esordiente Andrea Tagliaferri, uno dei due italiani – insieme a Jacopo Quadri coi suoi Lorello e Brunello – in concorso al TFF. Non una gavetta comune quella di Andrea, che ha iniziato il suo viaggio nel panorama cinematografico come stagista al montaggio per Gomorra e ha proseguito la formazione con Matteo Garrone facendo da aiuto alla regia per Reality, Il racconto dei racconti e Dogman, ancora in fase di realizzazione. Continua la lettura di “Blue Kids” di Andrea Tagliaferri

“Je ne me souviens de rien” di Diane Sara Bouzgarrou

Quando nel dicembre del 2010 in Tunisia esplode la Primavera Araba, Diane è entusiasta. Le proteste di piazza, le urla, il tumulto, l’ira del popolo; pura energia per la giovane regista che, videocamera alla mano, si aggira per casa, esulta, festeggia, invoca libertà e rivoluzione. Con lei c’è suo padre, il signor Bouzgarrou, che però davanti all’obiettivo pare più freddo, meno coinvolto. Eppure è lui il vero tunisino, perché Diane è nata e cresciuta in Francia.

“Non ti sembra un po’ esagerata tutta questa eccitazione, Diane?” sembra dire in un passaggio lo sguardo inquieto di sua madre. “Voglio richiedere il passaporto tunisino” ribatte la figlia, “bipolare, bisessuale, da ora sarò anche binazionale”.

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“Spell Reel” di Filipa César

Guinea-Bissau, primi anni ’70. Mentre nel piccolo Stato africano infuria la guerra di liberazione dal regime coloniale portoghese, un manipolo di aspiranti cineasti parte alla volta di Cuba. Obiettivo della missione: imparare a fare cinema. L’iniziativa è di Amilcare Cabral, storico leader del partito indipendentista guineense, che con lungimiranza intuisce la necessità di affiancare alla lotta armata una più vasta azione di risveglio culturale. Per liberare un popolo dall’oppressione coloniale le armi non bastano. Ci vogliono educatori, insegnanti, divulgatori, artisti. Continua la lettura di “Spell Reel” di Filipa César

“Colo” di Teresa Villaverde

In questo 35° Torino Film Festival c’è stato spazio per più di un film frutto del cinema portoghese; il più bello lo abbiamo visto nella sezione “Onde” del Festival: si tratta di Colo, di Teresa Villaverde. Come sappiamo, il Portogallo vive già da tempo un periodo di dura crisi economica, che è anche una crisi sociale, un’impasse esistenziale che divora l’intera civiltà; la regista di Lisbona sceglie proprio di raccontarci questo mondo, visto attraverso gli occhi di una famiglia che forse, prima di soffocare nella morsa della crisi, era mediamente benestante e ora è memore di un passato migliore del presente, come si nota da certi dettagli nell’appartamento in cui vive la famiglia. Continua la lettura di “Colo” di Teresa Villaverde

“Diorama” di Demetrio Giacomelli

Ogni giorno migliaia di persone si svegliano, prendono l’auto e si recano suoi posti di lavoro o allo stadio. Questa la nostra routine quotidiana, fatta di gesti compiuti senza pensarci, eppure intorno a noi c’è un mondo che continua il suo ciclo. Demetrio Giacomelli con il suo documentario Diorama ci racconta proprio questo mondo invisibile, che vive insieme e accanto a noi, nei nostri luoghi di lavoro o di svago e pure sotto le nostre automobili.

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“DAPHNE” DI PETER MACKIE BURNS

Nel XVI secolo le donne con i capelli rossi erano credute streghe: siamo nel 2017, i sortilegi oscuri sono un un ricordo ormai lontano, ma Daphne è riuscita comunque a stregare il suo pubblico.

Daphne ha 31 anni ma preferisce che non le venga ricordato, vive nel cuore di Londra, lavora in un ristorante rinomato come aiuto chef, non ha una relazione stabile ma ha una vita sessuale decisamente attiva, ama gli alcolici, qualche “spinello” nel corso della giornata, ha un pessimo rapporto con la madre (malata di cancro) e vive con un serpente di nome Scratch. Una trama molto semplice, una personalità complessa.

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“Tokyo Vampire Hotel” di Sion Sono

Mostro sacro del cinema contemporaneo giapponese, torna anche quest’anno nelle sale cinematografiche sotto la Mole il regista nipponico Sion Sono con la riduzione per il grande schermo di una mini-serie tv targata Amazon, Tokyo Vampire Hotel. Per la prima volta, Sono si cimenta con i mostri della lunga tradizione mitteleuropea, i vampiri, portando la sua personalissima, sanguinolenta visione della creatura che da secoli infesta le paure ataviche dell’uomo. Continua la lettura di “Tokyo Vampire Hotel” di Sion Sono

“Talien” di Elia Moutamid

Safinat al-Sahra, la nave del deserto. È questo il nome del vecchio camper a bordo del quale Aldo ed Elia hanno deciso di partire. Destinazione: la medina di Fes, in Marocco.

Fin dalle prime sequenze Talien si presenta come un insolito road movie, che utilizza le forme del reportage di viaggio per costruire un’opera in costante equilibrio fra documentario e biografia a soggetto. Al centro c’è la storia di Aldo, ovvero Abdelouahab, che vive e lavora in Italia da più di trent’anni. Prima vendeva tappeti, poi ricambi meccanici, infine è riuscito ad avviare una fabbrica di calzature nell’operosa pianura padana. Qui è cresciuto Elia, suo figlio, italiano di seconda generazione dal perfetto accento bresciano, che adesso lo accompagna nel lungo viaggio di ritorno verso casa.

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“Un beau soleil intérieur” di Claire Denis

Un beau soleil intérieur è un film sulla crisi. C’è una donna di mezza età (Isabelle, interpretata da una splendida Juliette Binoche) che ha ancora voglia di trovare l’amore, sospesa tra disillusione e disperazione; ci sono i numerosi amanti che si sono succeduti dopo la fine della relazione col padre di sua figlia, Francois, tutte naufragate tristemente; c’è, tra tutti questi amanti, quello che l’ha segnata di più, trascinandola in un rapporto clandestino morboso, fatto di rincorse, promesse non mantenute, scuse pretestuose; c’è, anche, l’attore affascinante che le ha promesso un amore difettoso ma passionale, o, ancora, l’uomo che ha provato a garantirle l’amore, quello vero, ma vissuto a metà, senza coinvolgerla in toto nella propria vita; c’è, infine, il ritorno dell’amore che non può fare a meno di tornare: ancora Francois, il padre di sua figlia, che però è ormai un amore difettoso, superato, irrecuperabile. Continua la lettura di “Un beau soleil intérieur” di Claire Denis

“The Florida Project” by Sean Baker

Versione inglese a cura del Master in Traduzione per il Cinema, la Televisione e l’Editoria Multimediale

Article by: Erika Milani

Translation by: Cristina Di Bona

The story takes place in Orlando. Moonee (played by the great Brooklynn Kimberly Prince) is a six year old girl, who lives with her young mother (Bria Vinaita) at the Magic Castle Hotel, a motel nearby the famous Walt Disney World Resort. This kind of accommodation is the only solution for all those families that can’t afford a real house.

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