C’è qualcosa di insondabile in America Latina, un film che stupisce per la sua capacità di depistare lo spettatore prendendolo continuamente in contropiede, facendolo sentire sballottato e smarrito come il protagonista di cui racconta. Il nuovo film dei fratelli D’Innocenzo è un thriller psicologico a tinte horror, sorretto da un grande Elio Germano, che ri-conferma il talento dei due cineasti.
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“IL BUCO” DI MICHELANGELO FRAMMARTINO
Dopo Le quattro volte (2010) e Alberi (2013) Michelangelo Frammartino torna in sala con Il buco, vincitore del Gran Premio della Giuria al Festival del Cinema di Venezia. Il film ricostruisce l’esplorazione di una delle grotte più profonde al mondo, l’Abisso del Bifurto, avvenuta nel 1961 in Calabria, per mano di un gruppo di giovani speleologi partiti dal Nord. Frammartino presta la propria ricerca cinematografica alla ricostruzione storica in un film che è un’esperienza avvolgente e sensoriale.
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Si esce da una proiezione di Dune storditi, subito smemorati. Di una vacanza durata tre ore e qualche millennio resta giusto una manciata di granelli di sabbia a infestarci i capelli.
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Una figura si aggira per i casinò d’America: una figura spesso vestita di nero o di grigio, un autentico pugno in un occhio se messa a contatto con le luci sgargianti delle slot machines; una figura dallo sguardo tagliente, profondo e impenetrabile; una figura che, soprattutto, vince sempre al tavolo del Black Jack, non somme grosse, ma comunque discrete; un uomo (Oscar Isaac) che si fa chiamare William Tell, un nome troppo “grosso” rispetto al suo modo di fare geometrico e schivo. E che tuttavia ha attirato degli sguardi su di lui: quello di una “agente” di giocatori d’azzardo (Tiffany Haddish), che lo vorrebbe nella sua scuderia; e quello di un ragazzo, Cirk (Tye Sheridan), che vorrebbe assoldarlo per una missione che affonda le mani proprio nel suo passato, un passato che William farebbe di tutto pur di sotterrare.
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Nel 1904, Gabriele D’Annunzio mette in scena La figlia di Iorio. C’è grande attesa e sui giornali non si parla d’altro. Eppure, a una delle rappresentazioni svoltesi a Roma, c’è uno spettatore che, nel clima di grande tensione nella sala, riesce a stento a trattenere le risate. Questo individuo non si trova nelle file della platea, ma in alto, nei palchi, tra le autorità: il suo nome è Eduardo Scarpetta (Toni Servillo), il “re” della commedia napoletana di quegli anni, che in quel momento sta portando a Roma il suo Miseria e nobiltà. Ma l’idea di realizzare un parodia della tragedia di D’Annunzio diventa per lui irresistibile. Il “re” chiede così udienza al “vate”, che gli dà il suo benestare per realizzare l’opera, che si intitolerà Il figlio di Iorio. Tuttavia, le cose non vanno come previsto e Scarpetta, privo di un qualsiasi documento che attesti l’approvazione di D’Annunzio, si ritroverà sotto processo per plagio.
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