Yellowbird è la parola inglese per indicare “canarino”. Il protagonista del lungometraggio di animazione di Christian de Vita (storyboard artist di Fantastic Mr. Fox di Wes Anderson e di Frankenweenie di Tim Burton) viene chiamato così per la maggior parte del film, anche se non è un canarino.
“White Bird in a Blizzard” di Gregg Araki
White Bird in a Blizzard è un film gelido (come suggerisce il titolo, letteralmente “Uccello bianco nella bufera”): al freddo rimandano non solo i colori freddi e alcune ambientazioni, ma anche continui riferimenti nei dialoghi (“Questo paese sembra congelato nel tempo”).
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“Eden” di Mia Hansen-Løve
L’ultimo film di Mia Hansen-Løve assomiglia più alla corrente di un fiume che alla trasposizione di una sceneggiatura sullo schermo. Le cose accadono, i personaggi vanno e vengono, gli ostacoli diventano sempre più evidenti ma il tempo scorre in una maniera quasi impalpabile, è un continuo flusso dal quale i personaggi pericolosamente in equilibrio si lasciano trasportare senza farsi troppe domande.
“Mike Tyson: tutta la verità” di Spike Lee
Un diretto a Mike Tyson
Quando bisogna ritrarre una delle personalità più conosciute del XX secolo, Spike Lee non sbaglia mai. A maggior ragione se si tratta di un uomo cresciuto nella Grande Mela e di colore. Dopo Malcolm X del 1992 e il documentario del 2002 Jim Brown: All-American sulla vita dell’omonimo giocatore di football americano, Spike Lee realizza un docufilm su Mike Tyson. Mike Tyson: tutta la verità non è altro che la ripresa di uno spettacolo teatrale che il pluricampione dei pesi massimi di pugilato tenne all’Imperial Theatre di New York. Il film, realizzato per la rete televisiva americana HBO, è un monologo del pugile di circa 90’: “This is my story. My mistakes, my heartaches, my joy, my sorrow, my gift, my life, my undisputed thruth”. Continua la lettura di “Mike Tyson: tutta la verità” di Spike Lee
“Ida” di Pawel Pawlikowski
1962. Cresciuta in un convento polacco, l’orfana Anna si prepara a prendere i voti. Prima di concedere la sua esistenza a Dio, la madre superiora le consiglia di visitare la zia Wanda, l’ultima sua parente in vita. Anna segue il consiglio e l’incontro con la zia è rivelatore perché scopre di essere ebrea e conosce il suo vero nome: Ida Lebenstein. Le due donne partono alla ricerca di indizi per comprendere come siano morti i genitori di Ida. L’ultimo lavoro di Pawel Pawlikowski è un dramma a due voci. Seppure la struttura sia lineare e a dir poco canonica, il regista polacco, come la maggior parte dei registi dell’Est, traccia ritratti psicologici vividi e dettagliati delle due protagoniste. Continua la lettura di “Ida” di Pawel Pawlikowski
“Wish I Was Here” di Zach Braff
A poco più di dieci anni di distanza dal suo esordio dietro la macchina da presa con La mia vita a Garden State, Zach Braff veste nuovamente i panni di regista, sceneggiatore ed attore protagonista per il suo secondo lungometraggio Wish I Was Here.
Aidan Bloom (Zach Braff) è un trentacinquenne di famiglia ebrea, attore di scarsissimo successo, padre e marito che, nonostante l’età, si trova ancora a lottare per trovare la sua identità e per seguire il suo sogno. Vive a Los Angeles con i due figli, Grace e Noah, e la moglie Sarah (Kate Hudson), la quale è costretta a sobbarcarsi tutte le spese di mantenimento della casa e della famiglia, mentre Aidan passa il suo tempo a partecipare a provini inevitabilmente fallimentari, o a fantasticare di trasformarsi in una sorta di cavaliere spaziale, come aveva sempre sognato da bambino.
“Girlhood” di Céline Sciamma
Quello che incide su questo racconto di formazione non è lo scorrere del tempo (come accadeva in Boyhood), ma l’etnia della ragazza che influenza la sua vita e l’ambiente che la circonda. Il quartiere dove vive è un vero e proprio ghetto dove vigono regole a sé, dove le madri sono spesso assenti per lavorare e vengono rimpiazzate da fratelli violenti, dove le ragazzine devono prendersi cura delle sorelle ancora più piccole di loro. Ma soprattutto è il regno delle zero opportunità, della rassegnazione a lasciare la scuola perché tanto non serve. Il destino è ineluttabile e tutte finiranno a fare il lavoro delle proprie madri diventando a loro volta madri molto presto. Continua la lettura di “Girlhood” di Céline Sciamma
“Still Alice” di Richard Glatzer e Walsh Westmoreland
Alice Howland (Julianne Moore) è una vivace e affascinate professoressa di linguistica presso la Columbia University di New York che vive felice con il marito neurologo (Alec Baldwin) e i tre figli (Kate Bosworth, Kristen Stewart e Hunter Parrish). Allarmata da continue dimenticanze e momenti di smarrimento, Alice decide di sottoporsi ad una visita specialistica temendo di avere un tumore al cervello. L’esito è però ben diverso, infatti le viene diagnosticata una forma precoce e genetica del morbo di Alzheimer. Colta da una sorta di imbarazzo, inizialmente Alice non vuole confessare a nessuno la sua malattia, ma dopo essersi nuovamente smarrita nella città e terrorizzata dall’idea che anche uno dei suoi figli possa aver contratto lo stesso morbo, decide di confessarlo alla sua famiglia. La progressiva perdita del linguaggio e, cosa ben peggiore, della memoria, non le impedisce però di lottare per sé stessa e per mantenere vivi quei ricordi che hanno rappresentato le fondamenta della sua vita.
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“Qui” di Daniele Gaglianone
Qui: una parola semplice, composta solo da tre lettere.
Chi sente pronunciarle senza avere idea del film che sta andando a vedere (e non avendo letto la trama) rimane spiazzato, quasi con un punto interrogativo immaginario ben piantato in fronte.
Poi, dalle prime immagini s’incomincia a capire a quale luogo questo avverbio faccia riferimento: la Val di Susa e, anche per i meno informati, purtroppo questo territorio piemontese rimanda subito alla bollente questione TAV, o meglio NO TAV. Continua la lettura di “Qui” di Daniele Gaglianone
Conferenza stampa di apertura di Sottodiciotto Film Festival 15
Giunto alla sua XV edizione, il Sottodiciotto Film Festival, dedicato al cinema fatto da e per i più giovani e ai film che ritraggono le nuove generazione e quelle passate, si svolgerà dal 5 al 12 Dicembre. Pur risentendo fortemente della disastrosa condizione economica e degli innumerevoli tagli, l’edizione 2014 promette una programmazione ricca di sorprese, con 31 titoli (erano 50 l’anno scorso). Organizzato da Aiace Torino e da Città di Torino –Direzione Cultura Educazione e Gioventù – ITER, l’evento fa del noto verso di Giovenale “Mens sana in corpore sano” il suo motto, richiamando così i giovani ad una riflessione personale e collettiva che contribuisca a creare una comunità che punti al progresso attraverso una sana convivenza sociale fatta di rispetto per gli altri e rispetto per le regole. Continua la lettura di Conferenza stampa di apertura di Sottodiciotto Film Festival 15
Premiazioni TFF 32
Una chiusura in positivo per questo trentaduesimo Torino Film Festival: il 5% in più di biglietti venduti. Emanuela Martini, vice direttore della precedente edizione, termina con successo il suo battesimo del fuoco al timone della kermesse con una selezione che ha saputo soddisfare ogni genere di palato.
“Gone With the Wind” (“Via col vento”) di Victor Fleming
A settantacinque anni dall’uscita del film, nella sala due del Reposi viene presentata la nuovissima versione restaurata di Via col Vento in lingua originale. Veniamo subito informati che questa è la prima proiezione in Italia della nuova edizione e che il film dura 238 minuti, quattro ore senza intervallo. Un coro di bisbigli si solleva dalla sala, in molti scappano rapidamente in bagno, io corro a comprare un caffè americano doppio nel bar all’angolo. Continua la lettura di “Gone With the Wind” (“Via col vento”) di Victor Fleming
“The Drop” (“Chi è senza colpa”) di Michael R. Roskam
Di tutti gli inferni possibili…
Una New York umida, invernale, dura e grigia come l’acciaio, segnata da traffici clandestini ed esistenze alla deriva. È la Brooklyn periferica, un tempo controllata da italiani e irlandesi ed ora gestita dalla nuova malavita, cecena nella fattispecie, dove le leggi sono fatte da uomini senza Dio né pietà, ai quali non è consigliabile dire di no. In questa Brooklyn sorge il Cousin’s Marv, pub usato come “punto di consegna” per il deposito di denaro sporco dalla Famiglia di Chovka Umarov (Michael Aronov). Continua la lettura di “The Drop” (“Chi è senza colpa”) di Michael R. Roskam
“The Homesman” di Tommy Lee Jones
Lande del Nebraska, 1855. Mary Bee Cuddy, interpretata da Hilary Swank, è una trentenne nubile, devota e incredibilmente votata al lavoro. Profondamente sensibile ma indurita da una vita di sacrifici e rinunce, Mary soffre della mancanza di un uomo al suo fianco. Continua la lettura di “The Homesman” di Tommy Lee Jones
Andrea Dotta tra fumetto e animazione
Vedere dal vivo la nascita di tre secondi di un futuro e possibile “cartone animato” (come si diceva quando ancora questo incredibile procedimento avveniva, per l’appunto, su carta), soprattutto per chi è amante di cinema d’animazione come me, è un vero privilegio. Continua la lettura di Andrea Dotta tra fumetto e animazione
“What We Do in the Shadows” di Taika Waititi e Jemaine Clement
Una sveglia suona. Un braccio che esce da una bara tenta di spegnerla. La prima immagine di What We Do in the Shadows è emblematica dell’intero film, girato in stile mockumentary sulla vita quotidiana di quattro vampiri che condividono una villa in Nuova Zelanda. Ci vengono quindi presentati Viago (379 anni), il dandy di famiglia, Vladislav (862 anni), un vampiro capellone e anche un po’ pervertito, Deacon (183 anni), il giovane ribelle, e Petyr (8000 anni), il più anziano che assomiglia ormai a Nosferatu e ha smesso di parlare e di uscire la notte.
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“Kami no tsuki” (“Pale Moon”) di Daihachi Yoshida
Rika (Rie Miyazawa ) vive con il marito, ma non ha figli. Lavora part-time presso una banca ricevendo valutazioni positive da parte del suo capo, ed è inoltre apprezzata dai clienti per la sua disponibilità e gentilezza. Tuttavia, la donna non è soddisfatta della sua vita troppo programmata. A complicare il tutto è la situazione coniugale: un marito assente che non l’ascolta e non si interessa a lei. Tutto questo la porta ad avere una relazione extraconiugale con un uomo più giovane di nome Kota (Sosuke Ikematsu), nipote di un suo anziano cliente. Subito scoppia la passione e i due si incontrano di nascosto dopo le ore lavorative. Il giovane racconta all’amante che, per pagarsi gli studi universitari, ha parecchi debiti con gli usurai. Questa motivazione spinge Rika ad aiutarlo, non con i propri soldi, ma rubandoli ai clienti. Chiudere il debito con gli usurai ad entrambi non basta, così la donna continua a rubare dei soldi per poter pagare costose cene, week-end in hotel di lusso e un nuovo appartamento.
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“Triangle” di Costanza Quatriglio – Tavola rotonda
Si è tenuta stamattina presso il laboratorio Quazza dell’Università degli Studi di Torino la proiezione di Triangle, il documentario diretto dalla palermitana Costanza Quatriglio.
A seguire ha avuto luogo una tavola rotonda moderata dal Prof. Franco Prono acui hanno partecipato la regista, Federica Turco, semiologa dell’Istituto Europeo di Design di Torino, Marcella Filippa, direttrice dell’ISMEL (Istituto per la Memoria e la Cultura del Lavoro, dell’Impresa e dei Diritti Sociali), la filosofa Maria Concetta Sala e Giancarlo Gaeta, docente del Dipartimento di Studi Storici e Geografici dell’Università degli Studi di Firenze.
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Gallery 28 novembre 2014
Gallery 27 novembre 2014
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