“MICKEY ON THE ROAD” BY MIAN MIAN LU

Article by Noemi Castelvetro

Translated by Simona Sucato

Renegotiating gender rules costs an overseas trip, the Mickey of the title, in a post-adolescence coming of age parable that establishes once and for all, the transition to adulthood. On the road is also the festive path of Mian Mian Lu’s debut feature film: from Taipei, to Vancouver and finally in competition for the 38th edition of Torino Film Festival.

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“MICKEY ON THE ROAD” DI MIAN MIAN LU

Rinegoziare le norme di genere costa un viaggio oltremare, quello della Mickey del titolo, in una parabola coming of age post-adolescenziale che sancisce, una volta per tutte, il passaggio all’età adulta. On the road è anche il percorso festivaliero del lungometraggio di debutto di Mian Mian Lu: da Taipei, a Vancouver e infine in concorso per la 38esima edizione del Torino Film Festival.

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“GUNDA” by VICTOR KOSSAKOVSKY

Article by Carola Capello

Translated by Giulia Neirone

After Aquarela – cautionary film about water strength and beauty premiered in 2018 Venice Film Festival and included in the 2019 documentary nomination of the Academy Awards – Gunda is another simple, although not granted, food for thought by the Russian director Victor Kossakovsky. Set in a farm where we can only see a wooden house surrounded by nature, the main character is a group of animals in their everyday life.

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“GUNDA” DI VICTOR KOSSAKOVSKY

Dopo Aquarela – il film monito sulla forza e la bellezza dell’acqua presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2018 e selezionato per l’Oscar come Migliore Documentario l’anno successivo –, il regista russo Victor Kossakovsky con Gunda ci mette di fronte a un altro semplice, per quanto non scontato, spunto di riflessione. Ambientato in una fattoria (della quale ben poco si vede se non una casetta di legno e tanta vegetazione), il film ha come protagonisti un gruppo di animali e racconta la loro vita quotidiana.

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“THE DARK AND THE WICKED” By BRYAN BERTINO

Article by Sirio Alessio Giuliani

Translated by Simona Sucato

Four years after The Monster, Bertino writes and directs a ghost story intertwined with the family drama, customizing it with its usual dry and explicit style. The movie was presented as a world premier at the Tribeca Film Festival 2020 and is out of competition in the section Le stanze di Rol at the 38th Torino Film Festival.

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“THE DARK AND THE WICKED” DI BRYAN BERTINO

A quattro anni di distanza da The Monster, Bertino scrive e dirige una ghost story intrecciata con il dramma famigliare, personalizzandola con il suo consueto stile asciutto ed esplicito. Il film è stato presentato in anteprima mondiale al Tribeca Film Festival 2020 ed è fuori concorso nella sezione Le stanze di Rol del 38° Torino Film Festival.

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“ANTIDISTURBIOS” BY RODRIGO SOROGOYEN

Article by Arianna Vietina

Translated by Simona Assale

The Spanish tv series Antidisturbios represents those urban conflicts that we have witnessed in this 2020, from the riots of the Black Lives Matters movement, to the months of protest in Byelorussia, to the demonstrations in Poland. All of these were provoked by different reasons, but all defined by strong oppositions and incommunicability between protesters and law enforcements. A distance that remains impossible to fill, even if there seems to be no more air or space between these men and women, even if they merge one into another in agitated movements.

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“ANTIDISTURBIOS” di RODIGRO SOROGOYEN

La serie spagnola Antidisturbios riecheggia quei conflitti urbani che abbiamo visto scatenarsi in questo 2020, dagli scontri del movimento Black Lives Matters, ai mesi di protesta in Bielorussia, alle oceaniche manifestazioni in Polonia. Tutte scatenate da motivi differenti, ma tutte contrassegnate da questa opposizione e incomunicabilità tra manifestanti e forze di polizia. Una distanza che sembra sempre incolmabile nonostante tra i corpi di questi uomini e donne manchi lo spazio e l’aria, nonostante si fondano l’uno con l’altro in movimenti concitati.

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“PINO” BY WALTER FASANO

Aricle by Alice Ferro

Translated by Sofia Barbera

“Pino” is the title of the documentary made by Walter Fasano for the historical acquisition of one of the most significant works by Pino Pascali, by the Museum of contemporary art dedicated to the artist in Polignano a Mare, where he was born. A title that manages to convey the vibrating and overflowing soul of an artist who has deeply marked italian post-war art. This particular piece “Cinque bachi da setola e un bozzolo” (1968) finally returns “home” from Rome in 2018 in a story told through photographs that takes inspiration from “La Jetée” by Christ Marker.

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“PINO” DI WALTER FASANO

“Pino” è il titolo del documentario realizzato da Walter Fasano per la storica acquisizione di una delle più significative opere di Pino Pascali da parte del Museo di arte contemporanea a lui dedicato a Polignano a Mare, paese natio dell’artista. Un titolo che in quattro lettere evoca l’anima viva e prorompente di un artista che ha profondamente segnato l’arte del dopoguerra italiano. L’opera in questione, “Cinque bachi da setola e un bozzolo” (1968), da Roma torna finalmente “a casa” nel 2018 in un racconto per immagini fotografiche che si ispira a “La Jetée” di Chris Marker.

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U SLAVU LJUBAVI (IN PRAISE OF LOVE), BY TAMARA DRAKULIĆ

Article by Niccolò Buttigliero

Translated by Giulia Neirone

Black screen, wind. Then, human voices together with neighs. In a dusty and austere racecourse, a horse race is interrupted at its acme, through a freeze-frame. Who is the winner, is not for us to know.

At this moment U slavu ljubavi (In Praise of Love) re-starts for the first time. Black screen again, nature sounds again: everything is covered by chirps and bellows. Now, humanity is not even considered on the sound level. From untouched nature to animals. Long static shots, mesmerized by horse bottoms. It seems that Drakulić’s point of view is not special, it is just one of the many possible perspectives. The world flows spontaneously, through every breath. Doesn’t matter if anthropomorphic subjects leave the screen. It is not about décadrages, or the subversion of some rules. It is rather about not identifying ourselves with a hierarchical organization of the audiovisual material. Everything is on the same level, and Drakulić succeeds in giving back the undecidability of one single point of view..

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U SLAVU LJUBAVI (IN PRAISE OF LOVE), DI TAMARA DRAKULIĆ

Schermo nero, vento. Poi, un vociare umano, commisto a nitriti. In un polveroso e spartano ippodromo, una corsa di cavalli viene interrotta al suo acme, con un ricorso ad un freeze-frame. A chi spetti la vittoria, non è dato saperlo.

Ecco che U slavu ljubavi (In Praise of Love) ri-comincia per la prima volta. Di nuovo nero, di nuovo rumori ambientali: a sovrastare ogni cosa sono cinguettii e muggiti. La presenza umana, stavolta, non è contemplata nemmeno sul piano sonoro. Dalla natura, incontaminata, si passa ai corpi animali. Lunghe inquadrature statiche, ipnotizzate da deretani equini. Lo sguardo di Drakulić non sembra porsi come un punto di stazione privilegiato rispetto ad altri, ma come uno dei tanti possibili. Il mondo viene lasciato fluire nella sua spontaneità, in ogni suo respiro. Non importa se i soggetti antropomorfici abbandonano il campo. Non è questione di décadrages, o di sovvertire una qualche regola grammaticale. Si tratta piuttosto di non riconoscersi in un’organizzazione gerarchica del materiale audiovisivo. Tutto è ugualmente meritevole di attenzione, e Drakulić è capace di restituirci l’indecidibilità di un punto di vista.

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“SIN SEÑAS PARTICULARES” BY FERNANDA VALADES

Article by Francesco Dubini

Translated by Carmen Tucci

A los migrantes, en sus viajes inciertos y llena de promesas, a las famillas de los desaparecidos.

This dedication closes the end credits of a movie that doesn’t end for real, but it continues to vibrate in the powerful echo of reality that tells. Immigrants, their uncertain journeys with a lot of promises, families of missing people : the movie is about these facts following Magdalena’s journey, a mother who’s looking for his son, who left for the United States in search of safety and disappeared for months. Born as a short film in 2012, the movie grows with its director with the bad situation that tells, about violence that tears mexican society apart and it opens a wound that doesn’t stop bleeding. Fernanda Valadez chooses to analyze that blood through the measure of intimacy : Sin señas  particulares denounces the pain of a country through the pain of a mother.

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“SIN SEÑAS PARTICULARES” dI FERNANDA VALADES

A los migrantes, en sus viajes inciertos y llena de promesas, a las famillas de los desaparecidos.

Questa la dedica che chiude i titoli di coda di un film che non finisce per davvero, ma continua a vibrare nell’eco potente della realtà che racconta. Dei migranti, dei loro viaggi incerti e pieni di promesse, delle famiglie dei dispersi: il film racconta tutto questo percorrendo il viaggio di Magdalena, madre alla ricerca di un figlio partito per gli Stati Uniti in cerca di salvezza e scomparso da mesi. Nato come cortometraggio nel 2012, il film ha continuato a crescere con la sua regista insieme al male che racconta, quello della violenza che lacera la società messicana di oggi e continua ad aprire una ferita che non smette di sanguinare. Fernanda Valadez sceglie di analizzare quel sangue attraverso la misura dell’intimità: Sin señas particulares è un film che denuncia il dolore di un paese, nell’esperienza del dolore di una madre.

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“THE EVENING HOUR” DI BRADEN KING

Una lenta panoramica accarezza la vastità del paesaggio montano dell’Appalachia; in lontananza una flebile esplosione destabilizza per pochi secondi la pace di quella visione paradisiaca. Tutto tace. Si apre così The Evening Hour, il nuovo lungometraggio di Braden King che, dopo nove anni dal successo di Here (2011), ritorna adattando per il grande schermo l’omonimo romanzo di Carter Sickels. Nella sua nuova opera, King privilegia uno sguardo più realistico sulla vita della periferia americana, depotenziando i classici stilemi narrativi del noir ed instillando, al contempo, una profonda riflessione sul destino di un’intera generazione: giovani disillusi nei confronti di un futuro inesistente, costretti a subire la pressione di un mondo che non concede alcuna via di fuga, se non quella di annegare nell’abisso della droga e della violenza.

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“THE EVENING HOUR” BY BRADEN KING

Article by Luca Giardino

Translated by Carmen Tucci

A slow overview opens onto the mountain landscape of Appalachia; in the distance a feeble explosion destabilizes for a few seconds the peace of that vision of paradise. Everything is quiet. This is how The Evening Hour starts, the new feature film produced by Braden King who, after nine years from Here (2011), comes back adapting for the big screen the Carter Sickel’s novel of the same name. In his new movie, King focuses on the realistic life of American suburb, discouraging the classical stylistic noir narrative elements and instilling a deep reflection about the fate of an entire generation: young people feel disillusioned about a non-existent future, forced to suffer the pressure of a world that doesn’t give escape apart from becoming addicted to drugs and violence. 

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“LAS NIÑAS” BY PILAR PALOMERO

Article by Laura Anania

Translated by Francesca Cozzitorito

Pilar Palomero’s first feature film has two strong points: realism and ease. This combination characterises both the storyline and the overall style, making Las Niñas an emotional and nostalgic film. The protagonist is Celia, an eleven-year-old girl who lives with her young mother in Zaragoza in the early 90s. Her friendship with Brisa, the new girl in town, who rejects religion as a totalising concept, shows Celia a different understanding of reality.

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“LAS NIÑAS” DI PILAR PALOMERO

Il primo lungometraggio di Pilar Palomero ha due punti di forza: realismo e disinvoltura. Un connubio presente tanto nel racconto quanto nello stile, così da rendere Las niñas un film emozionante e in un certo senso nostalgico. Celia, la protagonista, ha undici anni e vive con la giovane madre a Saragozza nei primi anni ’90. La nuova amicizia con Brisa, una ragazza che non accetta la religione come precetto totalizzante, manifesta a Celia una nuova visione della realtà.

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“THE SALT IN OUR WATERS” by REZWAN SHAHRIAR SUMIT

Article by Valentina Velardi

Translated by Francesca Cozzitorto

Rudro (Titas Zia), a young artist in search of inspiration, decides to leave the chaotic life of Dhaka and embark on a journey to a remote mangrove island in the Bangal Delta. At first, he is welcomed by the local community, a small group of families who make their living fishing, but Rudro soon finds himself misunderstood and then ostracized by the villagers. Led by the Chairman (Fazlur Rahman Babu), imam and local leader, they first stare suspiciously and then with open disapproval at his installations and habits.

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“THE SALT IN OUR WATERS” DI REZWAN SHAHRIAR SUMIT

Rudro (Titas Zia), giovane artista in cerca di ispirazione, decide di lasciare la caotica vita della capitale Dhaka e intraprendere un viaggio in una remota isola di mangrovie sul delta del Bangladesh. Inizialmente accolto dalla piccola comunità locale, un ristretto gruppo di famiglie che si sostenta grazie alla pesca, Rudro si ritrova ben presto frainteso e poi ostracizzato dagli abitanti del villaggio. Questi, guidati dal Messere (Fazlur Rahman Babu), imam e capo locale, guardano prima con sospetto e in seguito con aperta disapprovazione le sue istallazioni così come le sue abitudini.

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Il magazine delle studentesse e degli studenti del Dams/Cam di Torino