Archivi categoria: Film

ROLLING THUNDER: THERE ARE NO AMERICAN FLAGS

Article by: Emanuel Trotto

Translation by: Paola Pupella

A Vietnam veteran, unsuited, insomniac, unable to integrate in society, finally arms himself and carries out a massacre. We are not talking about Taxi Driver, but a just subsequent film to Scorsese’s masterpiece (showing only one year later, in 1977): Rolling Thunder.

Both films arise from the anguished pen of Paul Schrader, who, after a noteworthy activity as a scriptwriter (The Yakuza for Sidney Pollack, Obsession for Brian De Palma), firmly intended to become a director. However, because of production problems, his project was rather handed to John Flynn as director and Heywood Gould as re-scriptwriter. Schrader’s debut will happen later, in 1978, with a working class drama entitled Blue Collar.

The story of alienation and revenge of Major Rane is perfect. When the protagonist comes back to his hometown in Texas, after 7 years of imprisonment in Vietnam (that scarred him deeply), his fellow citizens reward “his heroism” with a box of silver dollars. Some bandits proceed to steal his money and kill cruelly his wife and his child. Major Rane then decides to take the law into his own hands.

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“ROLLING THUNDER” DI JOHN FLYNN

Un reduce dal Vietnam disadattato, insonne, incapace di integrarsi nella Società alla fine del film si arma di tutto punto e fa una carneficina.  No, non sto parlando di Taxi Driver, bensì di un film appena successivo (di un anno: è infatti del 1977) al capolavoro di Scorsese: Rolling Thunder. Entrambi i film nascono dalla penna tormentata di Paul Schrader che, dopo una notevole attività di sceneggiatore (The Yakuza per Sidney Pollack, Complesso di colpa per Brian De Palma), era fermamente intenzionato a passare dietro la macchina da presa ma, per problemi produttivi, il progetto è stato poi affidato per la regia John Flynn e per la riscrittura a Heywood Gould.

Schrader esordì  ripiegando sul dramma “operaio” Tuta blu nello stesso anno. Ma la storia di alienazione e vendetta del Maggiore Rane era perfetta: questi torna a casa, in Texas, dopo sette anni di prigionia in Vietnam (che lo segnano profondamente) e la comunità gli riconosce “per eroismo” una cassa di dollari d’argento. Dei banditi rubano i soldi e gli uccidono barbaramente moglie e figlio. Rane decide di farsi giustizia da solo. Continua la lettura di “ROLLING THUNDER” DI JOHN FLYNN

CINQUE CORTOMETRAGGI DI SPAZIO TORINO

Piacevole è vedere come la mancanza di fondi e la scarsità di distribuzione non tolgano mai l’entusiasmo e la voglia di fare dei giovani cineasti, che si cimentano nella nobile arte del cortometraggio. E’ una vera e propria palestra per i registi del futuro; da Spielberg a Lucas passando per Ridley Scott e Nolan, il corto già mostra quello che sarà lo stile visivo di un cineasta. Ieri sera, nella sala 1 del Reposi, alcuni filmmaker piemontesi hanno iniziato la rincorsa, forse, ai mostri sacri sopra citati. Continua la lettura di CINQUE CORTOMETRAGGI DI SPAZIO TORINO

“THE DUKE OF BURGUNDY” DI PETER STRICKLAND

Il film di Peter Strickland The Duke of Burgundy è l’unica opera terza in concorso al TFF32.

Il tempo e il luogo dell’azione sono imprecisati. Siamo in una curiosa comunità interamente femminile che gravita attorno a un istituto di entomologia. Le donne, vestite secondo la moda anni ’60 e ’70, tengono letture scientifiche, si aggirano con aria assorta in bicicletta e vivono in vecchie ville gotiche ricoperte d’edera.

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Cinque cortometraggi di Josephine Decker

 

Dagli States, echi di favole gotiche

Un dolce terremoto è l’omaggio dedicato alla giovane filmmaker americana Josephine Decker. Gone Wild, Madonna Mia violenta, Thou Wast Mild and Lovely, Balkan Camp e Butter on the Latch sono i cinque lavori presentati al Torino Film Festival. Tra accenti mumblecore e realismo magico, le opere della regista statunitense devono molto ai film di Joe Swanberg (regista del celebre Uncle Kent), che la Decker stessa definisce suo mentore, e all’ossessiva simbiosi panica che è alla base dei romanzi di John Steinbeck. Continua la lettura di Cinque cortometraggi di Josephine Decker

ECHOES OF GHOTIC FAIRY TALES FROM THE STATES

butter on the latch

Article by: Alessandro Arpa

Translation by: IlariaRana

 A soft earthquake has been dedicated to Josephine Decker, a young American filmmaker. “Gone Wild”, “Madonna miaviolenta”, “Thou wast mild and lovely”, “Balkan Camp” and “Butter on the latch” are the films she presented at the Turin Film Festival. Her films include Mumblecore elements and magic realism. In fact, Josephine Decker draws inspiration from Joe Swanberg (director of the renowned film “Uncle Kent”), whomshe considers her mentor, and from John Steinbeck and his novels based on an obsessive panic symbiosis.

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N-CAPACE, ELEONORA DANCO’S DEBUT AS A FILM DIRECTOR

Article by: Giulia Conte

Translation by: Ilaria Codeluppi

 Eleonora Danco, theatre author and actress, makes her debut as a film director with her first feature-length movie. N-Capace is the second movie, together with Frastuono, by DavideMaldi, that represents Italy in this 32nd Turin Film festival.

Eleonora Danco plays a woman, a tormented soul, that wanders around from Terracina to Rome, places which have a connection both to her childhood and her present life. Along the way, she questions the teenagers and elderly people she meets, asking questions about death, school, love, sex, religion, homosexuality, violence and traditions. Her purpose is to understand their feelings through the answers, and to feel their emotions.

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THE BABADOOK

Article by: Davide Bertolino

Translation by: Carla Cristina Loddo

After the success both of the critic and the audience at the Sundance Film Festival, The Babadook, first feature film by the newcomer Jennifer Kent, participates in competition at the Torino Film Festival. Even by following with absolute rigour the classical phases of horror films with a possession subject (the monster, the kid who plays with the presence, the mother initially incredulous), the Australian film cleverly avoids banality giving a new point of view, certainly in a more psychological and deeper way than numerous other products of the same genre.

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“The Babadook” di Jennifer Kent

Reduce del successo di critica e pubblico al Sundance, The Babadook, primo lungometraggio dell’esordiente Jennifer Kent, approda in concorso al Torino Film Festival. Pur seguendo con assoluto rigore gli schemi dell’horror a tematica fantasmi/possessione (il mostro, il bambino che gioca con la presenza soprannaturale, la madre inizialmente incredula), il film australiano si districa abilmente dal tranello della banalità proponendoci un punto di vista nuovo, decisamente più intimo rispetto alle numerose produzioni del genere. Continua la lettura di “The Babadook” di Jennifer Kent

“LA SAPIENZA” DI EUGÈNE GREEN

La Sapienza, quinto lungometraggio di Eugène Green, presentato in anteprima al festival di Locarno quest’estate e film d’apertura della sezione Onde del TFF 32, racconta l’incontro tra due coppie.  La prima è costituita da Alexandre e Alienor Schmidt, marito e moglie, rispettivamente architetto e psicoanalista.

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“In guerra” di Davide Sibaldi

In guerra, ovvero un tipo di cinema che ci fa usare superlativi, sia in lode che in condanna. 

Daniel Sovrano – interpretato dal talentuoso Fausto Cabra, attore teatrale che si è formato con Luca Ronconi presso il Piccolo Teatro – è uno sgherro che combatte una battaglia personale negli ambienti più malfamati di Milano. Una sera si imbatte nella fragile Eleonora – la splendida Anna Della Rosa, balzata alla notorietà con La grande bellezza, ma già nota in teatro con Blackbird –, una principessa in pericolo che il protagonista decide di portare in salvo attraverso gli orrori della giungla urbana. Continua la lettura di “In guerra” di Davide Sibaldi

“The Graduate” (“Il laureato”) di Mike Nichols

Fuga dalla middle class

Los Angeles. Un impacciato e vulnerabile ragazzo (Dustin Hoffman) galleggia in mezzo alla piscina del giardino di casa nascondendo l’angoscia per il futuro dietro un paio di occhiali scuri. Ma la musica che sentiamo (The Sound Of Silence di Simon & Garfunkel) rivela il suo sgomento davanti alla vita che ha già trascorso e a quella che l’attende. Benjamin Braddock, figlio dell’agiata middle class californiana, neolaureato alla Berkeley University, basso e bruttino, goffo e insicuro, ha sempre la stessa espressione e non si separa mai dalla sua adorata automobile, una Duetto Alfa Romeo che farà epoca. In realtà, l’apparente inerzia di Ben, che lo farà finire tra le braccia e le lenzuola dell’annoiata quanto avvenente Mrs. Robinson (Anne Bancroft), nevrotica amica dei suoi genitori, si rivelerà essere molto più consapevole e lucida di quanto non sembri. Continua la lettura di “The Graduate” (“Il laureato”) di Mike Nichols

“The Conversation” (“La conversazione”) di Francis Ford Coppola

Paranoia, paranoia canaglia…

San Francisco. Harold Caul (Gene Hackman) è un tecnico della sicurezza specializzato in intercettazioni. Espertissimo in spionaggio elettronico, trascorre la vita nel più totale isolamento per potersi immergere completamente negli incarichi che gli vengono affidati, riducendo al minimo il contatto con il prossimo e troncando sul nascere ogni possibile rapporto interpersonale. Assorbito totalmente dalla propria professione, scopre a poco a poco che la razza umana è capace di azioni terribili, inimmaginabili. Azioni che in passato l’hanno profondamente sconvolto, rendendolo incapace d’interessarsi minimamente a ciò che registra. Gli importa solo che la registrazione sia perfetta, il suono “pulito”. Incaricato di spiare quella che pare essere una relazione extraconiugale, si ritrova ben presto catapultato al centro di una torbida vicenda più grande di lui, capace di soffiargli via quel poco di dominio che aveva su un’esistenza precaria, fatta di assoli musicali e pezzi di vita altrui… Continua la lettura di “The Conversation” (“La conversazione”) di Francis Ford Coppola

“Tokyo Tribe” di Sion Sono

“E lasciatemi divertire!” avrebbe detto Aldo Palazzeschi. La stessa cosa direbbe Sion Sono quando, una delle sue “ultime” fatiche (la sua prolificità è di almeno due, tre film l’anno) viene accolta nei festival internazionali in maniera bipolare: da una parte applausi e passione degli ammiratori; dall’altra la fredda perplessità (se non proprio disgusto) dei suoi detrattori.

Il film in questione è Tokyo Tribe, una Grand opéra rap nipponica che mescola suggestioni tratte dal manga di Inoue Santa, da Walter Hill, dal primo Takashi Miike, dai videogames, da John Woo, dal cinema di arti marziali che fu masticato e sputato nel gusto citazionistico tarantiniano.

Assistiamo alla delirante guerra scatenata da Lord Buppa, capo dei capi delle bande criminali di Tokyo, asserragliate in ghetti-fortezze e in perenne lotta fra di loro. Con un pretesto futile, Buppa decide di provocare una personale Notte dei cristalli assoldando le Felpe Nere della Wusa e due misteriosi mercenari. Per fermarlo le altre bande decidono di appianare i conflitti che le hanno sempre separate e dare il via a una battaglia finale.

 Coloro i quali amano il cinema di Sion Sono si trovano in una posizione difficile. Da una parte ci si abbandona alla visione di geniali trovate registiche (una su tutte l’incipit: un lunghissimo piano sequenza che segue il narratore, si sofferma su personaggi di varia umanità e mostra l’ambiente partendo da due ragazzini che giocano con dei petardi), dall’altra si rimane perplessi davanti all’eccessiva lunghezza di un musical folle dove lunghi piani sequenza accompagnano canzoni che hanno tutte lo stesso ritmo, lo stesso uso eccessivo dei bassi, le stesse rime martellanti come colpi di cannone sulle tempie. Inoltre gli interpreti paiono completamente incapaci di dare un senso e un pathos ai loro personaggi superando il limite della caricatura.

 Non bisogna però dimenticare che, comunque, si tratta di un cine-fumetto alla giapponese (manga vuol dire appunto questo) e in Giappone è consuetudine lasciare i personaggi dei film ispirati ai manga su un piano assolutamente inverosimile. Le emozioni sono parodie di reali emozioni, tutto è eccessivo, esagerato, grottesco, delirante, barocco, caleidoscopico. È da questa parte che sta il lato migliore del film, soprattutto se a maneggiare questa dinamite c’è un regista che ha fatto dell’eccesso, della violenza, dell’ironia disarmante e grottesca il suo marchio di fabbrica: non si possono dimenticare il sanguinario pamphlet Suicide Club, la sofferenza esistenziale di Guilty of Romance,  i deliri di Strange Circus.

Tutto è luccicante, i colori accesi, la macchina da presa compie novimenti vertiginosi nei budelli più sporchi e degradati di Tokyo dove il sesso è esibito e i gangsters sono folli, violenti e sadici. Lo sguardo dell’autore si muove in modo sinuoso come un serpente che entra nella tana del coniglio per a morderlo, stordirlo, avvolgerlo nelle sue spire, fagocitarlo e vomitarne i resti.  Di certo il musical “alla” Sion Sono può piacere o non piacere, ma certamente riesce a sopraffare lo spettatore più accanito che non riuscirà a dimenticarlo. La preda è stata fagocitata. Sion Sono non si dimentica, e lui basta questo: “…e lasciatemi divertire!!!”

“LA SAPIENZA” DI EUGÈNE GREEN – CONFERENZA STAMPA

Una conferenza stampa è strumento utile per fugare i dubbi riguardo ad un film. La Sapienza è indubbiamente una di quelle opere su cui si dovrebbe discutere parecchio, a livello linguistico, narrativo e soprattutto recitativo. Ogni inquadratura è una stanza (è un caso che il filo conduttore sia l’architettura?) e gli attori non interagiscono tra di loro, ma parlano con se stessi. Ogni battuta è ben scandita e assomiglia più a una dichiarazione che ad un elemento di dialogo.  Continua la lettura di “LA SAPIENZA” DI EUGÈNE GREEN – CONFERENZA STAMPA

DIRITTI & ROVESCI- PER TUTTA LA VITA

Article by: Elisa Carbone

Translation by: Licia Ficulle

 ‘Per tutta la vita’ is the first film in this section curated by Paolo Virzì. The main theme of the film is divorce, examined from different points of view. The director Susanna Nicchiarelli (already established for two feature films, in particular Cosmonauta in 2009) decided to deal with this social phenomenon for the anniversary of the referendum in 1974, which led Italy to take sides on whether to legalize or not divorce.

The documentary treats this theme on various ways, though focusing the attention on personal stories represented on the screen. In fact, the protagonists are more or less common people reporting their opinion of divorce, according to their “skills” and experiences.

Monica, a zoologist, talks about monogamy in several species, starting with birds, passing for wolves and monkeys, up to human beings. Silvio, a divorce lawyer, describes the legislative and technical aspect of it. Although, as his wife Sveva, steps in his talk, he lets himself go in most personal confessions. Guido and Paola, parents of the fitter of the documentary, recall the history of their love at first, then their marriage and finally divorce.

The interviews alternate with family filmstrips of director Nicchiarelli (narrated in voiceover by his parents, still happily married) and original shoots from Rai archives. The last ones show old electoral slogans of politicians Berlinguer and Fanfani and some advertising pro-divorce starring Gianni Morandi and his family.

This mixture of evidences and sources highlights the desire of the director to find out the real meaning of marriage and divorce, also underlining how that meaning changed in time.

Is monogamy a natural or a social fact? Does the woman manage to break free from her role of mother and wife after the referendum? These questions do not need to an answer because the aim is pay attention to these and, through this document, research events and opinions, which help to developing a clear viewpoint.

The atmosphere is unique, both deep and personal, as it involves the participation of relatives and friends of the director. During the vision of her wedding shoot, Nicchiarelli’s mother states with clear awareness that divorce acquired real meaning only when women understood their freedom and their own social role, which was unimaginable before 1974.

In the end, she adds that the expression “per tutta la vita” (“for a whole life”), after 1974, changed its meaning from absolute to relative.

“Per tutta la vita” di Susanna Nicchiarelli

Il filo conduttore di Per tutta la vita, primo film della sezione curata da Paolo Virzì, è il divorzio, declinato sotto diversi punti di vista.
L’occasione che ha portato la regista Susanna Nicchiarelli (già affermatasi per due lungometraggi e in particolare per Cosmonauta nel 2009) ad occuparsi di questo fenomeno sociale è stato l’anniversario del Referendum che nel 1974 portò l’Italia a schierarsi a favore o contro il divorzio.

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“HABITAT – L’AQUILA TODAY” BY EMILIANO DANTE

Article by: Ilaria Longo

Translation by: Ilaria Codeluppi

The Italian section of TFF DOC opens with ‘Habitat – personal notes’ (Habitat – Note personali), with which Emiliano Dante returns to the festival after his debut, five years ago, with Into the blue.

His goal is the same: to film the urban tragedy of L’Aquila. The main characters are the director himself and his former tent-mates: Alessio and Paolo.

Emiliano lives in one of the houses built by “project C.A.S.E.”. His girlfriend, Valentina, still lives in her old house; Alessio is a real estate agent and lives with Gemma in a house where they pay a low rent, since the earthquake damaged it. Paolo, who has become a painter after the tragedy, does not know what to expect from his life and from his daughter’s birth.

Everyone opens up sincerely to their friend Emiliano, behind the camera, without filters or victim complex: they are just hopeless. They are afraid of this ghost city, and some of them have tried to follow their friends, emigrating; but something has made them come back. “What do you dream of, Emiliano?” is a question that seems to look at the future, but it is actually the same old nightmare: the earthquake.

A peculiar documentary that does not open with a banal overview of the city ruins, but with the characters driving the 14 kilometers that separate them from the city. The new houses were built quite far from L’Aquila, in order to ease the reconstruction of the city center; but the clothes hanging from the balconies reveal that the clock has stopped on April 6, 2009.
A black and white movie to represent a city forgotten by the media, where there is nothing left to do. Emiliano Dante, producer, director, scriptwriter and actor reveals the loneliness and the dereliction still felt in L’Aquila. “I don’t want to conclude with an overview of the torchlight procession in memory of the tragedy” says the main character, “because here in L’Aquila we feel lonely”. A sincere and intimate look, far from a political critique.

“HABITAT – NOTE PERSONALI” DI EMILIANO DANTE

Si apre la sezione del TFF Italiana Doc con Habitat – Note personali, con cui Emiliano Dante ritorna al Festival dopo aver esordito cinque anni fa con Into the Blue.

Il suo obiettivo è sempre lo stesso:  mettere in scena il dramma dell’Aquila. Protagonisti sono lo stesso regista e i suoi due ex compagni di tenda: Alessio e Paolo. Emiliano vive in una delle abitazioni del Progetto C.A.S.E. ed è fidanzato con Valentina che invece vive ancora nella sua casa originaria; Alessio  fa l’agente immobiliare e vive con Gemma in una casa dall’affitto bassissimo perché ex terremotata e circondata dalle macerie; infine Paolo, diventato pittore dopo la strage, non sa cosa aspettarsi dal domani e dalla nascita della figlia.

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