Archivi categoria: TFF 42 – 2024

“L’AIGUILLE” BY ABDELHAMID BOUCHNACK

Article by Beatrice Bertino

Translation by Irene Pezzini

A love story and the desire to create a family are the starting point of Abdelhamid Bouchnack’s film. Mariem, an orphan, who does not wear the veil, and Dalì, a Muslim who prays from time to time, are two young Tunisians who represent the avant-garde to which their country aspires. The birth of their child, however, reveals the deep uncertainties that govern a stagnant culture.

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“L’AIGUILLE” DI ABDELHAMID BOUCHNACK

Una storia d’amore e il desiderio di creare una famiglia sono il punto di partenza del film di Abdelhamid Bouchnack. Mariem, orfana e senza il velo, e Dalì, un mussulmano che a volte prega e altre no, sono due giovani tunisini che rappresentano l’avanguardia a cui aspira il loro Paese. Tuttavia, la nascita di unə figliə fa emergere e rivela le profonde incertezze che governano una cultura stagnante.

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“HOLY ROSITA” BY WANNES DESTOOP

Article by Tommaso Del Latte

Translation by Laura Cattani

The Belgian director Wannes Destoop at his debut feature, enacts in Holy Rosita, a simple, community-focused, hopeful story.

Rosita (Daphne Agten) lives in a working-class block of houses, she works a variety of jobs, and she spends most of her free time with the neighborhood children, who are the only ones capable of giving her a few carefree moments. Rosita has only one dream, to become a mother. However, just when she manages to get pregnant, she begins to be tormented by doubts, caused by the uncertainty of living up to the role, economic problems and the judgments of the community in which she lives.

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“HOLY ROSITA” DI WANNES DESTOOP

Una storia semplice, comunitaria, piena di speranza, quella che Wannes Destoop mette in scena in Holy Rosita, opera prima del regista belga. 

Rosita (Daphne Agten) vive in un caseggiato popolare, svolge lavori di vario tipo e trascorre gran parte del suo tempo libero in compagnia dei bambini del quartiere, gli unici capaci di donarle qualche momento di spensieratezza. Rosita ha un unico sogno, quello di diventare madre. Tuttavia, proprio quando riesce a rimanere incinta, la protagonista comincia a essere tormentata dai dubbi, dettati dall’incertezza di essere all’altezza del ruolo, dai problemi economici e dai giudizi della comunità in cui vive.

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“THE LAST ACT” BY PAYMON SHAHBOD

Article by Carlotta Profico

Translation by Aurora Monteleone

The Last Act – written and directed by the Iranian filmmaker Paymon Shahbod – starts in the hallways of a hospital in Tehran, where the shoots of a film starring actress Farzaneh (Marjan Ghamari) are underway.

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“UNDER THE GREY SKY” BY MARA TAMKOVICH

Article by Davide Lassandro

Translation by Federica Lozito

After directing a series of short films focusing on socio-political issues, Mara Tamkovich makes her debut with her first feature film, evocatively titled Under the Grey Sky, which takes the viewer back to the events following the 2020 Belarusian elections and the events in Square of Changes in Minsk, where riot police attacked unarmed protesters during a peaceful demonstration after Lukashenko’s proclamation, resulting in arrests and violence.

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“UNDER THE GREY SKY” DI MARA TAMKOVICH

Dopo una serie di cortometraggi incentrati su questioni politico-sociali, Mara Tamkovich esordisce con il suo primo lungometraggio dall’evocativo titolo Under the Grey Sky che riporta lo spettatore alle vicende seguite alle elezioni bielorusse del 2020 e ai fatti di Piazza del Cambiamento a Minsk dove, dopo la proclamazione di Lukashenko, durante una manifestazione pacifica la polizia antisommossa attaccò i manifestanti inermi compiendo arresti e violenze.

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“MY BEST, YOUR LEAST” BY KIM HYUN-JUNG

Article by Alessandra Sottini

Translation by Giuditta Portaro

Adults are precious figures: they accompany the path of growth and maturity, sometimes delimiting the space and microcosm of young people with necessary rules and impositions. However, in My Best, Your Least, parents and teachers appear too cold and deaf to those they consider “miniature adults.”

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“MY BEST, YOUR LEAST” DI KIM HYUN-JUNG

Gli adulti sono figure preziose: accompagnano il percorso di crescita e maturità, delimitando con regole e imposizioni talvolta necessarie lo spazio e il microcosmo dei giovani. Tuttavia in My Best, Your Least, genitori e insegnanti si mostrano fin troppo algidi e sordi davanti a coloro che considerano “adulti” in miniatura.

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“IL MESTIERE DI VIVERE” BY GIOVANNA GAGLIARDO

Article by Francesca Strangis

Translation by Alessandra Rapone

It was August 26, 1950, when a man was walking through the streets of Turin for the last time. A farewell to the world, maybe a last weak unheard cry for help, and ultimately, the fatal choice to leave behind a life he had never been able to fully embrace. Il mestiere di vivere begins from the end, from Cesare Pavese’s last day, perhaps wanting to immediately put on stage (and so set aside) what has too often obscured his fame.

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“IL MESTIERE DI VIVERE” DI GIOVANNA GAGLIARDO

Era il 26 agosto del 1950 quando un uomo passeggiava per le strade di Torino un’ultima volta. Un addio al mondo, forse un ultimo tenue grido di aiuto non accolto, infine la fatale scelta di abbandonare questa vita che non era mai stato in grado di vivere a pieno. Il mestiere di vivere inizia dalla fine, dall’ultimo giorno di Cesare Pavese, forse a voler mettere subito in scena (e quindi da parte) ciò che ha fin troppo oscurato la sua fama.

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“RAGAZZI DI STADIO” BY DANIELE SEGRE

Article by Nicolò Cifarelli

Translation by Vittorio Cavalli

An extraordinary time-capsule takes us to the late 1970s Turin, where a lost youth experiences the birth of a phenomenon, the ‘ultras’, which would gradually become more and more important in the public life of our country.

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“RAGAZZI DI STADIO” DI DANIELE SEGRE

Una straordinaria capsula del tempo ci trasporta nella Torino di fine anni Settanta, dove una gioventù smarrita vive la nascita di un fenomeno, quello ultras, che diventerà via via sempre più importante nella vita pubblica del nostro paese.

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EUROPA CENTRALE BY GIANLUCA MINUCCI

Article by Silvia De Gattis

Translation by Cinzia Di Bucchianico

Throughout Gianluca Minucci’s debut film, viewers find themselves in a state of constant auditory, visual, emotional, even tactile, and olfactory hyper-solicitation.

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“THE BRINK OF DREAMS” BY NADA RIYADH E AYMAN EL AMIR

Article by Lisa Cortopassi

Translation by Aurora Monteleone

In the opening image of The Brink of Dreams, we can see six girls running through a field. As in the case of the scene of three children walking in the Icelandic countryside from which Chris Marker’s Sans Soleil (1983) takes its cue, this moment also evokes the sensation of witnessing a dream, a vision of hope.

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“THE BRINK OF DREAMS” DI NADA RIYADH E AYMAN EL AMIR

Nell’immagine che apre The Brink of Dreams vediamo sei ragazze che corrono in un campo. Come nel caso della scena dei tre bambini che passeggiano nella campagna islandese da cui prende le mosse Sans soleil di Chris Marker (1983), anche qui si ha la sensazione di assistere a un sogno, a una visione di speranza.

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“IMMÉMORIAL, CHANTS DE LA GRANDE NUIT” BY BÉATRICE KORDON

Article by Lisa Cortopassi

Translation by Martina Bigi

Darkness, cold. A metallic melody and an off-screen voice introduce the spatial and thematic coordinates of Immémorial, Chants de la Grande Nuit. Legend has it that, in a primordial moment, the Gods tore the Night to reveal the “world of things.” This is how form, language, and day were created. Using this myth as a framework, Béatrice Kordon investigates on the “immemorial” time: a time that is both past and future, a time that leaves no trace and waves between death and birth, darkness and light.

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“IMMÉMORIAL, CHANTS DE LA GRANDE NUIT” DI BÉATRICE KORDON

Buio, freddo. Una melodia metallica e una voce fuori campo introducono le coordinate atmosferiche e tematiche di Immémorial, Chants de la Grande Nuit. Si racconta di un momento primigenio in cui gli Dei avrebbero squarciato la Notte per far emergere il «mondo delle cose». Così sarebbero nate la forma, la parola e il giorno. Servendosi del mito, Béatrice Kordon conduce un’indagine sul tempo “immemorabile”: un tempo che è tanto passato quanto futuro, che non ha traccia e che è in bilico tra la morte e la nascita, tra il buio e la luce.

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