“PRÉLUDE” BY SABRINA SARABI

Article by: Silvia Gentile
Translated by: Lucrezia Villa

Director Sabrina Sarabi’s first feature film, in competition at Torino Film Festival, on the surface seems to belong to the traditional coming-of-age films.

David (Louis Hofmann) is a young pianist, who studies at a prestigious music academy tutored by cold and strict Professor Matussek (Ursina Lardi). In order to achieve his dream and be accepted into The Juilliard School, he spends up to eight hours a day practicing without rest. When he meets Walter (Johannes Nussbaum) and Marie (Liv Lisa Fries), a couple with whom he soon after forms an uncommon friendship, his already fragile mental state gets affected. After stealing his friend’s girlfriend, David gets romantically involved with Marie, however, he devotes himself to piano only, and his lack of commitment to their love story causes it to come to an end abruptly. 

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“L’ULTIMO PIANO”, DELLA SCUOLA G. M. VOLONTÉ

L’ultimo piano è un film collettivo – firmato da nove registi (Giulia Cacchioni, Marcello Caporiccio, Egidio Alessandro Carchedi, Francesco Di Nuzzo, Francesco Fulvio Ferrari, Luca Iacoella, Giulia Lapenna, Giansalvo Pinocchio, Sabrina Podda) con la supervisione artistica di Daniele Vicari e prodotto dalla Scuola d’Arte Cinematografica “Gian Maria Volonté” con Vivo film – che non ha paura di osare e che non soffre di alcun complesso di inferiorità nei confronti dell’industria cinematografica, ma anzi la sfida. Nonostante qualche imperfezione, questo film d’esordio non ha nulla da invidiare a molte altre opere prime italiane e nemmeno a tante produzioni nostrane, spesso stereotipate, che percorrono un canovaccio e una strada ormai scontata e ripetitiva.

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“EL HOYO – THE PLATFORM” DI GALDER GAZTELU-URRUTIA

Ricorda, caro mio Sancho, chi ha di più deve fare di più.

Sono profondamente d’accordo. Potesse spiegarglielo Quijote agli “ospiti” dell’hoyo.

Goreng (Ivan Massagué) però lo sa bene. Ha scelto di portare con sé proprio il libro di Cervantes. Divide la stanza al 48esimo piano della Torre con il vecchio Trimagasi (Zorion Eguileor) e ogni mese si svegliano collocati in un piano diverso: chi sta più in su ha accesso ad una maggiore quantità di cibo, chi sta giù deve accontentarsi degli avanzi ma i poveri diavoli del fondo sono costretti al cannibalismo per sopravvivere, talvolta al suicidio a causa dell’ingordigia di chi sta sopra di loro. Il numero dei livelli, tuttavia, rimane sconosciuto.

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“EL HOYO – THE PLATFORM” BY GALDER GAZTELU-URRUTIA

Article by: Roberto Guida
Translated by: Giorgia Bellini

Remember, my dear Sancho, who has more needs to do more.

I totally agree. I just wish Quijote could explain that to hoyo’s “guests”.

But Goreng (Ivan Massagué) knows it well, in fact he chose to take Cervantes’ book with him. He shares the Tower’s 48th floor room with the old Trimagasi (Zorion Eguileor), but every month they wake up on a different floor. Apparently, only who is on the highest floor have access to food, while people on the lower floors have to feed on the leftovers, and the poor devils at the bottom are forced to cannibalism in order to survive – or, even worse, to commit suicide due to the lack of food. Still, the number of these levels remains unknown.

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“143 RUE DU DÉSERT” DI HASSEN FERHANI

«La filosofia del camionista è molto semplice: stai seduto e guardi avanti, ma puoi guardare anche indietro.»

Con questo ricordo di uno dei tanti uomini che hanno incrociato la strada del suo documentario, Hassen Ferhani spiega la realizzazione di 143 Rue du désert, in concorso al TFF nella sezione Internazionale.Doc.

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“PADRONE DOVE SEI”, “MEGREZ”, “LA NOTTE SALVA”, “LA PELLE DEL TEMPO”

Nel pomeriggio di giovedì 28 novembre il Torino Film Festival ha presentato, nella sua sezione più sperimentale e ardita,  un blocco di quattro film di autori italiani, rispettivamente Carlo Michele Schirinzi, Mauro Santini, Giuseppe Boccassini e Salvo Cuccia. Sperimentazione è proprio la parola d’ordine necessaria per capire le scelte che hanno portato i selezionatori ad inserire queste opere nel festival, opere difficili e metaforiche che provocano apertamente l’osservatore con l’obbiettivo di ottenere una reazione, sia essa un’attivazione del pensiero critico o una fuga dalla sala.

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“RESURREZIONE” DI TONINO DE BERNARDI

Il consueto appuntamento con il cinema del regista Tonino De Bernardi nella sezione Onde rappresenta sempre un momento di riflessione sulla natura stessa dell’arte e sul più profondo scopo di quest’ultima. La carriera di De Bernardi è emblematica del cinema underground italiano, una realtà spesso non troppo valorizzata nel nostro Paese. “Il mio è un cinema nel tempo”, ha detto De Bernardi durante il Q&A al Reposi: un film realizzato con materiale girato dal 2009 al 2019 è al di fuori delle logiche produttive dell’industria cinematografica cosiddetta mainstream, ma anche di quella indipendente nel senso tradizionale. 

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“OHONG VILLAGE” DI LUKE LUNGYIN LIM

Opera prima in concorso al TFF37, Ohong Village è il racconto minuto di un nucleo famigliare taiwanese. Minuto nello svolgimento, composto nella tecnica, frettoloso nell’assemblaggio di storia e immagini, Ohong Village fa più bella figura come documentario che come film a soggetto. Storia di un ritorno a casa di un giovane taiwanese, cervello in fuga, accolto nella sua immobile Taiwan dalla famiglia e dall’amico di sempre. Storia di menzogne, di simboli (fiacchi), e di suoni di incredibile potenza espressiva.

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“QUEEN & SLIM” DI MELINA MATSOUKAS

Queen & Slim è la storia di come un controllo di routine da parte della polizia possa trasformarsi in un’esperienza molto diversa per due afroamericani nell’America contemporanea. Rifacendosi alle sempre più numerose storie di violenza da parte di poliziotti bianchi su membri della comunità nera il film parte da una provocazione: cosa succederebbe se la vittima reagisse? Ernest “Slim” Hines (Daniel Kaluuya) e Angela “Queen” Johnson (Jodie Turner-Smith) stanno tornando da un deludente primo appuntamento quando vengono fermati da un poliziotto e, per legittima difesa, lo uccidono; la pellicola li segue nella loro breve ma intensa fuga attraverso gli Stati Uniti, nel tentativo di arrivare a Cuba.

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“OHONG VILLAGE” BY LUKE LUNGYIN LIM

Article by: Fabrizio Spagna
Translated by: Cecilia Malanima

Ohong Village, director’s debut film, is the intimate portrayal of the everyday life of a Taiwanese family. Due to its detailed development, understated technique, hasty images and story editing, it seems to be more of a documentary than a feature movie.

It talks about a highly skilled and extremely clever boy who has just got back home to Taiwan, to his family and his longlife friend. It talks about lies, about (weak) symbols, and about incredibly powerful and emotional sounds.

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“TITO” DI GRACE GLOWICKI

Già protagonista del film in concorso Raf (Harry Cepka), Grace Glowicki partecipa al Torino Film Festival anche in veste di regista con il suo primo lungometraggio, Tito.

Tito (interpretato dalla stessa Grace Glowicki) è un disadattato, un emarginato che, dopo aver subito una violenza, vive isolato nella sua casa arredata con un mobilio essenziale, perseguitato da suoni terrificanti e immaginari mostri che sembrano essere in agguato ovunque lui si trovi, tormentato da un malessere fisico che gli impedisce anche di mangiare. All’improvviso appare nella sua casa un “friendly neighbour” (Ben Petrie) – come viene presentato nei titoli di testa – che parla senza sosta, lo nutre, gli fa assumere sostanze stupefacenti e sembra, per un istante, sottrarlo alla sua solitudine e paura, prima di rivelarsi come un altro dei suoi carnefici.

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“LONTANO LONTANO” DI GIANNI DI GREGORIO

Un viaggio spesso è qualcosa che spaventa perché presuppone un cambiamento: il lasciarsi alle spalle un luogo per raggiungerne un altro. Tuttavia esso può essere anche più astratto, ovvero una situazione interiore che un individuo si appresta a vivere, una sorta di viaggio per scoprire se stessi.

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“TITO” BY GRACE GLOWICKI

Article by: Silvia Gentile
Translated by: Chiara Franceskin

Not only as the protagonist in the film Raf (Harry Cepka), Grace Glowicki also participates in Torino Film Festival as a director with her first feature film, Tito.

Tito (interpreted by Grace Glowicki herself) is a misfit, an outcast who, after having suffered violence, lives isolated in his house with sparing furniture. He is haunted by scary sounds and imaginary monsters that seem to be in ambush wherever he is. Tito is also tormented by a physical illness that prevents him even from eating. Suddenly a “friendly neighbour” (Ben Petrie) – as he is presented in the opening credits – appears in his house. He talks incessantly, and Tito feeds him, makes him take drugs, and, for a while, he seems to get him out of his solitude and fear, but actually he will reveal himself as another of his executioners.

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“SPACE DOGS” DI ELSA KREMSER E LEVIN PETER

È tanto innata quanto audace la spinta dell’uomo verso mondi nuovi. È il vettore che caratterizza l’evoluzione e che dipende dalla giusta combinazione di curiosità, necessità e impudenza: dalla prima scimmia che scese dall’albero al primo uomo che poggiò piede sulla luna. Eppure non serve nessuna speciale propulsione per ritrovarsi a esplorare l’inesplorato, è necessario solo cambiare punto di vista.

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“SPACE DOGS” BY ELSA KREMSER AND LEVIN PETER

Article by: Laura k. Barbella
Translated by: Gabriele Cepollina

So bold and natural is the mankind’s urge to explore new worlds. It is what features the process of evolution, that depends on the right combination of curiosity, need and audacity: from the first monkey that descended of its tree, up to the first man who walked on the surface of the moon. Nonetheless, if you really want to adventure the unexplored, it is not necessary to be pushed, changing your own point of view is just enough.

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“NOW IS EVERYTHING” DI RICCARDO SPINOTTI E VALENTINA DE AMICIS

Opera prima dei due registi italiani realizzata grazie ad una produzione indipendente italo-americana. Nel cast spiccano, su tutti, Anthony Hopkins, Madeline Brewer e Camille Rowe. Si tratta di un film complesso, dal carattere fortemente sperimentale, che si articola su due principali livelli di lettura.

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“NOW IS EVERYTHING” BY RICCARDO SPINOTTI AND VALENTINA DE AMICIS

Article by: Sirio Alessio Giuliani
Translated by: Anna Benedetto

Debut film of two Italian directors, Spinotti and De Amicis, Now is Everything was made thanks to an Italian-American indie production, starring the talented Anthony Hopkins, Madeline Brewer and Camille Rowe. It is a rather complex film with various experimental elements in it, paving the way for two possible interpretations. 

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“RAF” DI HARRY CEPKA

Il giovane regista Harry Cepka, al TFF37 con il suo lungometraggio di debutto, esplora le dinamiche di potere nei rapporti interpersonali. “Un film costato 5 anni di sudore, lacrime e sangue”: così Cepka introduce l’opera, resa possibile dalla ormai già consolidata collaborazione con l’attrice Grace Glowicki (di cui ha prodotto Tito, 2019), interprete della protagonista Raf.

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“RAF” BY HARRY CEPKA

Article by: Noemi Castelvetro
Translated by: Viola Locci

The young director Harry Cepka takes part to the TFF37 with his debut feature film. He explores the power dynamics in interpersonal relationships. “It took me five years of tears, sweat and efforts to make this film.” says Cepka to introduce his work, which is the result of the collaboration with the actress Grace Glowicki (of which he produces Tito in 2019) who interprets Raf.

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“L’APPRENDISTATO” DI DAVIDE MALDI

Dopo Frastuono, presentato al TFF nel 2014, Davide Maldi realizza il secondo capitolo di una trilogia sull’adolescenza. Il film, presentato nella sezione TFFDOC/italiana, parte da un presupposto ben preciso: ricercare un contesto in cui dei ragazzi siano portati sin dalla giovane età a imparare un mestiere e, di conseguenza, ad accelerare il proprio percorso di crescita. Da qui deriva la decisione di segire il primo anno scolastico di una classe di cinque studenti di un istituto alberghiero.

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Il magazine delle studentesse e degli studenti del Dams/Cam di Torino