Moloch (1999), Taurus (2001), Il Sole (2005), Faust (2011). Quando Aleksandr Sokurov fa riferimento alla sua tetralogia, anche solo alludendovi fuggevolmente, in un istante comprendiamo che non possono esservi dubbi: si tratta di un unico organismo estetico. Complesso, ma unitario. Un corpus coerente, inscindibile nelle sue singole parti. La follia di Hitler, la malattia di Lenin, la de-divinizzazione di Hirohito: tutte fluiscono l’una nell’altra, convergendo, coadiuvate dalla putrescenza di Faust. Un’epopea della deformazione e del collasso – fisico e ideologico a un tempo – che, paradossalmente, fa corpo.
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“JANE PAR CHARLOTTE” DI CHARLOTTE GAINSBOURG
«Riprenderti con la videocamera è solo una scusa per guardarti», dice Gainsbourg a Birkin, con quel suo tono dolce e pacato, in una delle prime scene di Jane Par Charlotte, film presentato in anteprima alla 74ª edizione del Festival di Cannes – e riproposto al TFF39 nella sezione Surprise. Il film oltrepassa subito i freddi confini del documentario biografico assumendo la forma di una conversazione intima e sensibilmente viva tra madre e figlia, dove lo iato tra queste due identità (così come quello tra biografia e autobiografia) si fa sempre più labile, fino a coinvolgere anche Joe, la figlia più piccola di Charlotte.
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Article by Valentina Velardi
Translated by Giulia Baldo
«I have the impression that the more massive our communication is, and the more we consume points of view and opinions, the more superficial that communication gets». This is how Ronny Trocker comments on the subject of his film which, by observing the reactions of the different members of what seems to be the perfect German family – educated, wealthy and bilingual – following a little break-in at their beach house, examines human relationships and the dynamics, often disfunctional, underlying them.
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Italia, il fuoco e la cenere si presenta come un viaggio poetico e onirico attraverso le dive, i fantasmi, le luci e le ombre del cinema muto italiano. Ne esplora l’essenza più materica, avvicina la propria lanterna alla carne, ai corpi, alle spalle scoperte nella penombra, agli sguardi penetranti, alle convulsioni febbrili delle dive. La componente erotica è centrale: il cinema faceva tremare i benpensanti, nelle sale buie permetteva a donne e uomini di mescolarsi. L’esplorazione cinematografica diventa esplorazione storica e dipinge la realtà di un paese in continuo mutamento, dalle scene pompose e splendenti alla decadenza e all’abisso del fascismo che si avvicinano inesorabili.
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Il duo di street artist napoletani Cyop&kaf torna al cinema con un nuovo documentario, dopo il premiato Il segreto (2013), presentato alla 31esima edizione del Torino Film Festival. Il nuovo film, Lievito, è il risultato di una riflessione ventennale. Seguendo con la telecamera le giornate di una colonia estiva, un laboratorio teatrale all’interno di uno spazio museale e un dojo di judo, i registi si interrogano sulle pratiche educative, partendo dal grado zero della relazione allievo-maestro.
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Piano Lessons è un’esperienza emotiva, un vorticoso turbinio di commozione che trova nel cinema documentario il mezzo privilegiato per esplodere raccontando la storia quasi sconosciuta di German Diez Nieto, musicista e virtuoso concertista che abbandonò il palco per dedicarsi esclusivamente all’insegnamento musicale.
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Article by Gaia Verrone
Translated by Benedetta Di Fiore
Inspired by true events narrated in the homonymous novel by Enrico Costa of 1884, Il muto di Gallura is the only Italian feature film in competition at TFF 39. In mid-nineteenth-century Sardinia, a feud broke out between two Gallura families, triggering a conflict that lasts for several years, through a chain of reciprocal wrongs. In the name of the ancient and sacred law of retaliation, 70 people are killed, many by the hand of a deaf-mute boy, Bastiano Tarsu.
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Article by Laura Anania
Translated by Stefania Frassetto
On his cinematographic debut, Qi Rui proposes in the Contest section Torino 39 the touching story of Zhang Jixiang (Li Yingchun), a twelve-year-old girl running from an oppressive and suffocating world. The main character lives in an extremely poor little town in the Chinese mountains, when, one day, she becomes her classmates’ target as she is falsely accused of stealing.
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In concorso alla trentanovesima edizione del Torino Film Festival è stata presentata l’opera prima del regista egiziano Omar El Zohairy: una veemente critica all’egemonia maschilista da cui è segnata la società egiziana che, acquistando toni sempre più assurdi, sfocia in una dark comedy dall’umorismo lugubre.
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«Il luogo in cui non si mente», per Emmanuel Carrère, è la letteratura (Yoga, Adelphi, 2021). Desplechin non adatta il più influente scrittore francese contemporaneo, bensì traspone uno dei più importanti autori americani recentemente scomparso, Philip Roth. Se Carrère parte dalla propria vita e inventa per farne trasparire il senso, Roth-Desplechin fanno esattamente l’opposto: usano la finzione per raggiungere l’autenticità dei sentimenti dei personaggi, riproponendo così l’annosa questione sullo statuto della relazione tra arte e vita.
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I cinquant’anni di carriera di Clint Eastwood sono l’oggetto del documentario Clint Eastwood: A Cinematic Legacy firmato Gary Leva e commissionato dalla Warner Bros. Leva ha ricostruito sullo schermo la lunga carriera di uno degli ultimi grandi registi classici del cinema americano, passando per la molteplicità dei generi che ha affrontato e per un’analisi del suo metodo di lavoro. Montaggio invisibile, autenticità del racconto e personaggi che diventano eroi per caso sono l’emblema del cinema di Eastwood. 135 minuti in cui ripercorriamo la sua carriera, dal suo debutto televisivo alle collaborazioni con Siegel e Leone, dalle prime esperienze di regia fino a oggi.
Continua la lettura di EASTWOOD & EASTWOOD“LA NOTTE PIÙ LUNGA DELL’ANNO” DI SIMONE ALEANDRI
“Bisogna continuare, non posso continuare, e io continuerò.”
Samuel Beckett
A Potenza, durante la notte del solstizio d’inverno, la più lunga dell’anno, una donna è insoddisfatta del suo lavoro, tre ragazzi cercano di sfuggire all’età adulta, un politico corrotto tenta di raggiungere una sorta di salvezza, e il cuore di un giovane ragazzo si spezza. Queste sono le storie che il film di Simone Aleandri, fuori concorso al Torino Film Festival, intreccia; storie di personaggi in crisi, destabilizzati, storie diverse che convergono, però, nello stesso posto, una pompa di benzina, il luogo su cui il film si apre.
Continua la lettura di “LA NOTTE PIÙ LUNGA DELL’ANNO” DI SIMONE ALEANDRITRA INTERPRETI E SCHERMO: LE MASTERCLASS DEL TFF DEDICATE ALL’ATTORE
Sembra che il cinema non viva fuori dallo schermo. Appare come una chimera che esiste solo nel momento in cui la si guarda; invece, dietro ogni film c’è un gruppo organico ed eterogeneo che lavora incessantemente per portare la magia, finalmente, di nuovo in sala. Attraverso tre Masterclass dedicate alla figura dell’attore nella cornice del Torino Film Festival, si è costruito un interessante punto di incontro tra la recitazione e le figure che vi gravitano intorno, regalando un approfondimento sui mestieri trasversali che accompagnano gli interpreti nei loro percorsi di crescita.
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Clara è onesta, priva di filtri e condizionamenti. Ha un legame viscerale con il suo corpo, con gli altri, col sesso, con la natura. Santa in grado di guarire i malati, bambina nel corpo di una donna di 42 anni, adulta senza vincoli morali, subisce la stretta conservativa di una società religiosa, quella costaricana, in cui un matriarcato aggressivo ricalca l’ottusa violenza patriarcale. Nathalie Álvarez Mésen, in concorso alla 39esima edizione TorinoFilmFestival, presenta un’opera prima che è un progetto d’arte cinematografica. Con un background da attrice mimica, la regista forgia un film “tattile” costruito sulla poesia del gesto e de linguaggio corporeo. Di qui la scelta felice di Wendy Chinchilla Araya, danzatrice contemporanea, nel ruolo di protagonista. Una performance, la sua, modellata sulla capacità di comunicare con i sensi e con la pelle. Le parole non bastano a tradurre gli impulsi primordiali che danzano in Clara. Il corpo può.
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Article by Davide Gravina
Translated by Eléna Bellino
“If I survive, I’ll kill you all”. Bull (Neil Maskell), addressing his enemies, who were once his family, utters these words which would belong in the banal prologue to a classic revenge movie. The British director, however, astonishes the audience of Torino Film Festival ’39 and presents an extraordinary work which finds its essence not in the unexpected and desperate need for revenge but in a ruthless search for salvation.
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Un film amatoriale in Super 8mm del 1975, abbandonato nella cantina della regista per anni, deteriorato gravemente dall’umidità del lago vicino al quale vive: questo è il punto di partenza di Undead Voices, il documentario di Maria Iorio e di Raphaël Cuomo che si propone di riportare in vita il film femminista Donne emergete! di Isabella Bruno. La storia di Donne emergete! è quella di molti film del cinema femminista militante: «Non c’è stato sufficiente interesse verso la loro conservazione, sono state considerate opere non degne» commenta la curatrice e storica Annamaria Licciardello, sottolineando come questa problematica si aggiunga al già esiguo numero di femministe che si sono cimentate nella regia in questo periodo storico. «Si trattava di ragazze giovani che non avevano i mezzi per fare cinema, a loro volta mantenute a distanza, come ancora avviene, da tutto ciò che è tecnico-scientifico o tecnologico, e quindi di dominio maschile». È stato prodotto così poco e di quel poco si conserva una minima parte: «C’è un vero e proprio buco nella storia» aggiunge Licciardello.
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L’artista multidisciplinare Amalia Ulman debutta in concorso al TTF 39 con il suo primo lungometraggio El planeta, già presentato al Sundance Festival del 2021. Il micro-budget e una piccola troupe composta da cinque persone rendono questo esordio un esperimento che rievoca il cinema indipendente statunitense degli anni ’90.
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Article by Enrico Nicolosi
Translated by Elena Soldà
Thanks to the perfect restoration of the “Cinematography Sperimental Center”, particularly careful to the sound tracks editing (very important for the point of the movie), and the presentation in the “Back to Life” section of TFF39, the Turin audience was able to see, most likely for the first time, “Number One” by Gianni Buffardi (1973). The movie is pervaded by a conscious madness and clarity of purpose, often unknown to the “crime-genre movies”, which in that period filled Italian theatres
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Un trip lungo 64 minuti e 1700 kilometri. Un viaggio in treno che oscilla tra luce e oscurità, scandagliando un Vietnam metafisico, passando per il diciassettesimo parallelo – il luogo più bombardato al mondo – e l’insediamento Ruc, popolo che alimenta il fuoco sacro il cui spegnimento comporterebbe l’estinzione del mondo.
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«Ho l’impressione che più massiva è la nostra comunicazione e più prospettive e opinioni consumiamo, più superficiale questa comunicazione diventa». Così Ronny Trocker commenta il soggetto del suo film che, osservando le reazioni dei diversi membri di quella che sembra una perfetta famiglia tedesca – istruita, benestante e bilingue – a seguito di una piccola effrazione nella loro casa al mare, indaga i rapporti umani e le dinamiche, spesso disfunzionali, che li sottendono.
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