Archivi categoria: Film

“SAN DONATO BEACH” BY FABIO DONATINI

Article by Sirio Alessio Giuliani

Translated by Simona Sucato

“The world goes on but you feel a little further behind”

Patrizia pronounces this sentence looking towards the camera. The sounds of the nearby street are the background to her words. The sun enlights her face and from her eyes transpires the typical melancholia of those who have suffered much, but also the hope of who doesn’t want to surrender. In this photo we can summarize the meaning of San Donato Beach, the new Fabio Donatini’s feature film, in competition at the 38° Torino Film Festival in the section TFFDOC/ Italiana.

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“SAN DONATO BEACH” DI FABIO DONATINI

“Il mondo va avanti ma tu ti senti un po’ più indietro”.

Patrizia pronuncia questa frase fissando l’obiettivo. I rumori della strada vicina fanno da sottofondo alle sue parole. Il sole le illumina il volto e dai suoi occhi traspare la malinconia tipica di chi ha sofferto molto, ma anche la speranza di chi non si vuole arrendere. In questa istantanea si può riassumere il senso di San Donato Beach, il nuovo lungometraggio di Fabio Donatini in concorso al 38° Torino Film Festival nella sezione TFFDOC/ Italiana.

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“I TUFFATORI-the divers” by DANIELE BABBO

Article by Marco Ghironi

Translated by Aurora Sciarrone

The town of Mostar, its divers and a bridge really do split the generations of a community that is trying to forget and move on from war. Competing in the Italiana.doc’s section, Daniele Babbo makes his directorial debut with I Tuffatori – The Divers, quietly moving in the heart of Bosnia, along with the voices and memories of Igor, Denis, Miro, Edy and Goran. Faces and bodies that bewitch tourists with their leaps into the void, and at the same time hide the fear of an unknown future.

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“I TUFFATORI” DI DANIELE BABBO

La città di Mostar, i suoi tuffatori ed un ponte fanno da vero e proprio spartiacque generazionale di una comunità che cerca di andare avanti e dimenticare la guerra. In concorso nella sezione Italiana.doc, Daniele Babbo compie con I Tuffatori il suo esordio alla regia muovendosi silenzioso nel cuore della Bosnia accompagnato dalle voci e dai ricordi di Igor, Denis, Miro, Edy e Goran. Volti e corpi che con i loro salti nel vuoto ammaliano i turisti, mascherando allo stesso tempo le paure di un futuro incerto.

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“OUVERTURES” By THE LIVING AND THE DEAD ENSEMBLE

Article by Angelo Elia

Translated by Valeria Collavini

Every revolution opens the way to unlimited possibilities and presents a challenge to everyone’s ability to imagine a new future, hoping not to be let down. Let’s consider the example of the Haitian Revolution: almost simultaneous to the French one, it was the only slave insurgency that led to the establishment of an independent state, Haiti. The rest of its history is unfortunately known to be less glorious: a long, sad series of misfortunes, dictatorships, and economic and even natural disasters. More than two hundred years later, European directors Louis Henderson and Olivier Marboeuf come together with a group of Haitian actors to reflect upon the legacy of the Haitian Revolution through the story of one of its best-known protagonists, Toussaint Louverture. To tell his story they start from the ending, namely in France.

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“OUVERTURES” DI THE LIVING AND THE DEAD ENSEMBLE

Ogni rivoluzione apre la strada a infinite possibilità e pone a ognuno l’ardua sfida di immaginare un nuovo futuro, sperando di non venire delusi. Si prenda come esempio la rivoluzione haitiana: quasi contemporanea a quella francese, fu l’unica rivolta di schiavi nella Storia a dare vita a uno stato indipendente, Haiti. Il resto della storia, come si sa, è purtroppo meno glorioso: una triste e lunga sequela di miseria, dittature, disastri economici e infine naturali. A più di duecento anni di distanza, i registi europei Louis Henderson e Olivier Marboeuf si uniscono ad alcuni attori haitiani per cercare di riflettere sull’eredità della rivoluzione haitiana attraverso la storia di uno dei suoi più celebri protagonisti, Toussaint Louverture. E raccontano questa storia partendo dalla fine, cioè dalla Francia.

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“SPACCAPIETRE” DI GIANLUCA E MASSIMILIANO DE SERIO

In concorso nella sezione “Giornate degli Autori” alla settantasettesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Spaccapietre dei fratelli De Serio porta sul grande schermo una storia dall’attualità spiazzante e insieme in grado di attraversare trasversalmente tempi diversi, collocandosene al di fuori: una storia assoluta.
Ambientato nelle periferie pugliesi dei nostri giorni, il film si addentra nei soprusi di un caporalato senza tempo, che oggi come ieri violenta la dignità dell’uomo. L’inesorabile movimento di discesa negli inferi di questa realtà si compie nel film con un andamento talmente naturale da turbare, come uno scivolamento che inevitabilmente conduca alla scoperta di un orrore sempre maggiore.

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“LE SORELLE MACALUSO” DI EMMA DANTE

Nella periferia di Palermo, in una grande casa avvolta in una perenne penombra, vivono da sole cinque sorelle, ognuna di loro diversa dalle altre quattro, sia per età sia per indole: chi ha sempre il naso dentro un libro; chi pensa solo a farsi bella; chi ha la passione per il cibo; chi sogna di diventare una ballerina; e chi, ancora, non ha una personalità ben definita, e guarda alle sorelle maggiori per capire chi vuole essere.

L’unico mezzo di sostentamento delle ragazze è l’allevamento e l’addestramento di colombe per i grandi eventi mondani. E quando non si occupano di questo compito a tratti snervante, le cinque sorelle vanno al mare, per ballare e per sconfiggere la canicola facendo un tuffo nell’azzurro male siciliano. Ma è proprio in questo luogo deputato al loro svago che si abbatterà la disgrazia che cambierà per sempre le loro vite.

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“MATTHIAS E MAXIME” DI XAVIER DOLAN

Lui si chiama Matthias (Gabriel D’Almeida Freitas): 26 anni, promessa di un prestigioso studio legale canadese, irsuto, concreto. Lui si chiama Maxime (Xavier Dolan): 26 anni, barista, ipersensibile, una voglia rosso acceso sulla guancia destra, in procinto di lasciare il Canada per trasferirsi in Australia. I due sono amici sin dall’infanzia e nel corso degli anni hanno sviluppato un rapporto di fratellanza più di sangue che spirituale, onesto e scevro da qualsiasi imbarazzo.

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“EMA” DI PABLO LARRAÍN

Un semaforo brucia nella prima inquadratura. Una ragazza con lanciafiamme e capelli biondo platino osserva, poco distante. È Ema (Mariana Di Girolamo) e quel fuoco, con cui si apre l’ultimo film di Pablo Larraín e che non smetterà mai di ardere, è il fuoco che le brucia dentro. Il fuoco dei sensi di colpa causati dalla decisione di riportare in orfanotrofio Polo, il bambino adottato insieme al marito Gastòn (Gael García Bernal). È un fallimento che non le dà pace.

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“BOMBSHELL” DI JAY ROACH

Us and Them, titolava una canzone dei Pink Floyd. Letteralmente, “Noi e loro”. Si parla molto di questo rapporto “pronominale” in Bombshell di Jay Roach, un rapporto da intendersi in chiave prettamente temporale: i “noi” siamo gli spettatori del 2020, ma chi sono i “loro” rappresentati sullo schermo?

Siamo nell’America del 2015, nel pieno delle primarie del Partito Repubblicano, quelle che avrebbero incoronato Donald Trump come candidato alla Presidenza. Tanti sono gli americani che stanno seguendo l’evento, ma uno di loro vi si sta dedicando più degli altri: il suo nome è Roger Ailes (John Litgow), amministratore delegato di Fox News, canale che egli gestisce con piglio da Grande Fratello orwelliano secondo il mantra: “Un network è come una nave: se molli un attimo la presa sul timone, questa vira a sinistra”.

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“THE BEACH BUM – UNA VITA IN FUMO” DI HARMONY KORINE

A qualche anno di distanza da Spring Breakers, Harmony Korine torna in Florida – intensa come un possibile sintesi dei miti e del modus vivendi americani – con The Beach Bum, film che evidentemente intrattiene significativi legami con il precedente.

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“THE LIGHTHOUSE” DI ROBERT EGGERS

Non ricordo chi disse che bastano i primi tre shot per capire se un film sarà bello o meno. Tre shot. S’intende che la regola non funziona sempre – se no che regola sarebbe?- ma in tempi come questi, dove la produzione cinematografica si è così così saldamente consolidata nei suoi ritmi da essere più praticata della scrittura stessa, ecco, una buona regia equivale a una scrittura pulita, addomesticata quanto basta per non essere sbagliata. Tutti sanno scrivere; e tutti i buoni registi sanno girare tre buoni shot iniziali. Puliti, impeccabili, disponibili allo sguardo di lettori/spettatori ammaestrati. Per questo la regola non funziona sempre: capitano film sapientemente girati dall’industria, editrice di questo palinsesto consolidato dell’arte dell’intrattenimento video, che nonostante i tre, quattro, cento buoni shot, rimangono film patetici, inutili, o utili solo a distrarre. Avevo quindi rinunciato alla regola: troppo poco affidabile perché non mi aiutava a capire se un film meritasse di essere visto o meno. Poi ho rivisto i primi tre shot di The Lighthouse una ventina di volte e la regola ha riacquistato valore.

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“ATLANTIQUE” DI MATI DIOP

“Il mare è amaro”, sentenziava uno dei personaggi de La terra trema di Luchino Visconti. E pare essere questo il leitmotiv che scandisce Atlantique, lungometraggio d’esordio dell’attrice francese Mati Diop, premiato allo scorso Festival di Cannes con il Gran Premio della Giuria.

L’azione si svolge a Dakar, capitale del Senegal: una torre dalle linee architettoniche ultramoderne svetta alta e ingombrante sulla città, avvolta nella nebbia dell’Oceano Atlantico. Alla base dell’edificio, un gruppo di operai lavora al complesso abitativo che dovrà sorgere attorno a esso. Uno di questi, Souleiman, ha una relazione clandestina con Ada, promessa sposa a Omar, l’imprenditore che ha dato vita al progetto della torre.

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“LES MISERABLES” DI LADJ LY

Les Misérables di Ladj Ly condivide con Les Misérables di Victor Hugo non solo il titolo e l’ambientazione, ma anche la capacità di raccontare una condizione di desolazione e brutalità attraverso un’opera capace di trasmettere un messaggio universale. Non possiamo sapere come Hugo avrebbe rappresentato il suo tempo se avesse avuto una macchina da presa, ma quello che vediamo sullo schermo è un nuovo tentativo di raccontare la povertà, materiale e non. Ly raccoglie il lascito di un capolavoro letterario senza sfruttarlo né rinnegarlo, ma rivitalizzandolo in un film che, con un linguaggio asciutto e preciso, porta una pulsione sotterranea davanti all’obiettivo e sotto la luce dei riflettori della Croisette del Festival di Cannes, dove è stato insignito del Premio della Giuria nella scorsa edizione.  

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“BUIO” DI EMANUELA ROSSI

Presentato nella sezione Alice nella Città della Festa del Cinema di Roma e vincitore del premio Raffaella Fioretta come miglior opera prima italiana, Buio è il lungometraggio d’esordio di Emanuela Rossi, uno dei primi film in uscita VOD nella sala virtuale di Mymovies.

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“VOLEVO NASCONDERMI” DI GIORGIO DIRITTI

Nell’Italia del primo dopoguerra, uno spettro si aggira per le campagne emiliane: vive in cascine abbandonate dove soffre il freddo e la fame; schiva la presenza umana in ogni sua forma; elabora composizioni pittoriche dal carattere primitivo, servendosi soltanto degli strumenti che la natura gli mette a disposizione. Questo spettro ha un’età e un nome: Antonio Ligabue, 20 anni, nato e cresciuto in Svizzera e in seguito estradato in Italia.

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“FAVOLACCE” DI FABIO E DAMIANO D’INNOCENZO

Favolacce è stato definito una favola nera, ma ciò che si realizza compiutamente in questo film è un mosaico in cui realtà e finzione si sovrappongono l’una all’altra, diventando un mondo a sé. I fratelli D’Innocenzo lo hanno scritto molti anni fa, ma il film risulta estremamente attuale mostrando, in modo del tutto inaspettato, come la crisi contemporanea abbia radici lontane e oscure. 

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“CATS” DI TOM HOOPER

Primo candidato alla vittoria dei Rezzie 2020 con 9 nominations, il discusso e travagliato film di Tom Hooper, Cats, è infine arrivato anche nei cinema italiani. E’ tratto dall’omonimo musical, uno dei più famosi per incassi e longevità, che aveva debuttato nel 1981 a Londra e continua tuttora a essere riproposto in tutti i teatri del mondo, Italia compresa.

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“IL LAGO DELLE OCHE SELVATICHE” DI DIAO YINAN

L’opera seconda di Yinan è una sinfonia visiva. Un gangster movie dalle tinte noir, in cui immagini e suoni si completano a vicenda per formare un insieme armonico, in cui il silenzio e la violenza esasperata sono gli elementi dominanti di una messa.

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