I mostri non muoiono mai, così come i film gore che vengono sventrati, trucidati e spappolati, ricuciti e sfruttati infinite volte, senza poter mai esalare l’ultimo respiro. Qualche volta i pezzi che restano vengono rappezzati, e ci si aggiunge dentro altro. Forse con la pretesa di rendere tutto più consistente, o probabilmente per trovare nuove soluzioni narrative che, in fondo, sono sempre le stesse. Improvvisamente, ad esempio, ci si può ritrovare davanti a uno zombie che serve il tè: le immagini oscene divengono puro divertissment, per trasformarsi poi in una serie di feticci che vivono indisturbati. Questo è il motivo per cui autori come Ken’ichi Ugana fanno e scrivono ancora – in maniera non scontata e intelligente –film horror. Ed è anche il motivo per cui film come Visitors – Complete Edition, o il suo predecessore Extraneous Matter – Complete Edition, popolano ancora le sale dei festival cinematografici internazionali.
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MEZZOGIORNO DI FUOCO – RETROSPETTIVA SU JOHN WAYNE
Lo studioso Yves Kovacs individuava in John Wayne la quint’essenza della Hollywood classica. Un attore che in ogni ruolo riflette una componente monolitica, burbera e un po’ disillusa, ma anche un’aura mitica che, nel corso degli anni, ha reso Wayne il simbolo del cinema americano. I personaggi interpretati da Duke si eclissano dietro il suo sguardo glaciale e il perentorio tono di voce capace di mettere fine a qualsiasi discussione; ma soprattutto invecchiano assieme a lui, si confondono con la sua vita fino ad alterarne l’identità. Sarà proprio l’attore ad ammettere che in ogni film il suo ruolo è quello di interpretare John Wayne, senza curarsi troppo del personaggio. La sua immagine si è costruita sulla ripetizione dei codici di un unico genere e pensare a John Wayne oggi vuol dire pensare al cinema Western stesso.
Leggi tutto: MEZZOGIORNO DI FUOCO – RETROSPETTIVA SU JOHN WAYNELa seconda (e ultima) edizione del Torino Film Festival non poteva che concludersi con una retrospettiva su John Wayne, attore molto amato dal direttore Della Casa che ha deciso di riproporre in sala alcuni dei titoli più apprezzati nella sua infinita carriera. In ordine cronologico troviamo il capolavoro di Raul Walsh Il grande sentiero (The Big Trail) del 1930: il primo ruolo importante della carriera di Wayne, ma anche grande flop al botteghino che relegherà il genere western alle produzioni di serie B prima di essere “salvato” da John Ford con Ombre Rosse (Stagecoach, 1939). Successivamente troviamo Il fiume rosso (Red River, 1948), uno degli splendidi western girati dalla volpe di Hollywood Howard Hawks. Sarebbe scontato elencare i temi, ormai codificati, che si possono ritrovare nel repertorio hawksiano come l’amicizia virile che sfocia in una velata omosessualità, la morale della tenacia e della dignità. Per apprezzare Il fiume rosso basterebbe soffermarsi su una delle più belle panoramiche della storia del cinema, in cui Wayne scruta la vallata per poi esclamare «take’em to Missouri Matt!».
In una retrospettiva su Wayne non può naturalmente fare a meno di John Ford, il padre del cinema Western e grande amico dell’attore: il TFF porta sugli schermi due film del maestro, I cavalieri del Nord Ovest (She Wore a Yellow Ribbon, 1949) e I tre della Croce del Sud (Donovan’s Reef, 1963). Il primo fa parte della trilogia sulla cavalleria statunitense, mentre il secondo è un’opera piuttosto sconosciuta del repertorio di Wayne e di Ford, realizzata – si dice – come pretesto per una vacanza nei mari del Sud. In seguito, troviamo Hondo di John Farrow del 1953, ispirato a un racconto dello scrittore Louis L’Amour ed esordio sul grande schermo di Geraldine Page; una divertente commedia di Henry Hathaway, Pugni pupe e pepite (North to Alaska, 1960) dove Wayne dà il meglio di sé come attore comico tra i ghiacci dell’Alaska; e infine l’ultima fatica dell’attore, ovvero il western crepuscolare di Don Siegel, Il pistolero (The Shootist, 1976).
Sospeso tra tradizione e ironia, il film di Siegel si apre con un omaggio (quasi elegiaco) all’attore, con una carrellata di scene dei vecchi film interpretati da Wayne, montate ad hoc per sottolineare le abilità da pistolero del suo personaggio J.B. Books. Un film che si misura dunque con la storia del cinema ma anche con la realtà dal momento che tutto il film ruota attorno al tumore di Books, la stessa malattia che colpisce Wayne in quegli anni. Il pistolero e l’attore sono prossimi alla fine, e non c’è un addio più consono se non una sparatoria in un saloon (tutta girata in campi lunghi) dove Wayne riscrive il suo destino, “aggiustando” la realtà attraverso la finzione e regalandosi un’uscita di scena maestosa, degna del suo personaggio: nel finale non si lascia vincere dalla malattia, ma viene ucciso con un colpo di pistola.
Luca Giardino
“NON RIATTACCARE” DI MANFREDI LUCIBELLO
“Ho preso la macchina, poi ti spiego”. Un messaggio diretto e conciso che Irene (Barbara Ronchi) lascia al suo attuale ragazzo prima di abbandonare l’appartamento e dirigersi frettolosamente verso il veicolo. In una notte primaverile, nel bel mezzo della pandemia, la donna è costretta a guidare da Roma verso Santa Marinella nel tentativo di impedire al suo ex fidanzato Pietro (Claudio Santamaria) di togliersi la vita. Le autostrade desolate fanno da sfondo all’odissea di Irene, al suo viaggio contro il tempo, mentre la linea telefonica lascia in sospeso la flebile voce del suo vecchio amante.
Leggi tutto: “NON RIATTACCARE” DI MANFREDI LUCIBELLOUna tensione irrefrenabile si consolida gradualmente in “Non Riattaccare” – opera seconda di Manfredi Lucibello e unico film italiano in concorso al Torino Film Festival. Una suspense che si sviluppa lentamente e rimane costante, senza mai sfociare in un climax; resta saldamente legata alla fragile quotidianità di una coppia che, come molte altre, ha dovuto affrontare la solitudine e la distanza causate dal lockdown. Tuttavia, tra Irene e Pietro si apre un abisso: per mostrarcelo Lucibello, e il suo co-sceneggiatore Jacopo Del Giudice, si servono del volto stanco e sofferente di Barbara Ronchi, capace di sostenere da solo il peso dell’intera narrazione.
In un’intervista il regista ha dichiarato che il viaggio di Irene non ha forse l’obiettivo di salvare Pietro, quanto piuttosto di salvare sé stessa. Una considerazione confermata dal modo in cui la macchina da presa mette costantemente alla prova il corpo della donna, seguendolo quasi morbosamente sin dai primissimi istanti del film. Irene può salvarsi ma deve farlo da sola. Pietro è soltanto una voce mentre il martirio di lei è concreto, così come lo sono tutti gli ostacoli che li separano in quei 60 km di strada, in un mondo completamente immobilizzato. Con questo nuovo thriller, Lucibello conferma nuovamente la sua abilità di narratore, e riesce ad ingannarci con un falso dialogo tra due ex amanti, che si rivela invece essere uno straziante monologo tra una donna e i fantasmi del suo passato.
Luca Giardino
articolo pubblicato su “la Repubblica” il 27 novembre 2023
“MARIANNE” DI MICHAEL ROZEK
L’esordio alla regia di Michael Rozek è un racconto intimo e insieme universale. Un’architettura metacinematografica ardita ma coinvolgente che grazie alla presenza consapevole e fragile di Isabelle Huppert riesce a proporre una profonda riflessione sulla recitazione e sul cinema, sull’arte e sul tempo.
Continua la lettura di “MARIANNE” DI MICHAEL ROZEK“YANNICK” DI QUENTIN DUPIEUX
Una musica off dalla tonalità straordinariamente soave esce da un pianoforte sia all’inizio sia alla fine del film di Quentin Dupieux, in arte Mr. Oizo: è il sottofondo musicale ideale per accompagnare con grazia un’opera cinematografica meta-artistica da cui, seppur in maniera immancabilmente comica (come ormai ci ha abituato il gusto per l’assurdo e per il nonsense del regista), traspare un messaggio per e sull’arte che, lungi dall’essere fuori posto nella filmografia del regista, ben si amalgama alla denuncia della situazione ambientale di Fumer Fait Tousser (2022), al rapporto amicale di Mandibules – Due uomini e una mosca (2020) e all’estremo feticismo per le giacche scamosciate di Doppia pelle (2019).
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Article by Emidio Sciamanna
Translation by Francesca Borgheresi
Lurking in the shadows of a social pessimism and often embodied by the human values of science and justice, the search for rationality takes the ruthless and tragic shape of a great evil, which is a demon that feeds itself with collective discrimination and mutual hate. The second full-length film by Han Dong-seok, The Sin, presented in the category “Crazies” of the 41st edition of Torino Film Festival, suggests a crazy concept of the original sin, where fear and the obsessive desire of revenge insinuate in the mechanic physicality of multiple moving bodies.
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Celata nell’ombra del pessimismo sociale, la ricerca della razionalità, spesso incarnata dai valori umani della scienza e della giustizia, prende le forme spietate e drammatiche di un male superiore, un demone che si alimenta della discriminazione collettiva e dell’odio reciproco. È in questo modo che il secondo lungometraggio di Han Dong-seok, The Sin, presentato nella sezione Crazies del 41^ Torino Film Festival, propone una folle visione del peccato originale, in cui il sentimento di paura e l’ossessivo desiderio di vendetta si insinuano nella fisicità meccanica di molteplici corpi in movimento.
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Article by Pietro Torchia
Translation by Alessia Licari
In this edition of the Turin Film Festival, characterized by a surreal, sci-fi and horror atmosphere and a need to escape reality, “Ex-Husbands” – presented out of competition – is a film that instead focuses on the real world.
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In un’edizione del Torino Film Festival all’insegna di atmosfere surreali, fantascientifiche e horror, che condividono la ricerca di una fuga dalla realtà, Ex-Husbands – presentato fuori concorso – in quella realtà ci si rifugia.
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Article by Angela Borraccio
Translated by Fabio Castagno
The last important guest of the 41st edition of Torino Film Festival is the American director Oliver Stone, who will be awarded with Premio Stella della Mole. He will hold a masterclass and present his latest documentary Nuclear Now, which leads the audience to reflect about the contradictions and paradoxes of humankind in his typically blunt and direct style. The film takes its inspiration from the arguments of the book A Bright Future: How Some Countries Have Solved Climate Change and the Rest Can Follow by Joshua S. Goldstein, a leading expert on international relations, war and society, energy and climate change. The authors’ obvious intentions are to explain that nuclear energy can be a solution to climate change and the challenges putting a strain on human survival on the planet.
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L’ultimo importante ospite della 41 ͣ edizione del Torino Film Festival è il regista americano Oliver Stone, al quale sarà conferito il Premio Stella della Mole. Il regista terrà una mastercless e presenterà il suo ultimo documentario Nuclear Now che, in linea con il suo stile schietto e diretto, porta il pubblico a ragionare sulle contraddizioni e i paradossi del genere umano. Il film prende il via dalle argomentazioni contenute in A Bright Future: How Some Countries Have Solved Climate Change and the Rest Can Follow, libro di Joshua S. Goldstein, uno dei massimi esperti di relazioni internazionali, guerra e società, di energia e cambiamento climatico. Le evidenti intenzioni degli autori sono di spiegare che l’energia nucleare può essere una soluzione al cambiamento climatico e alle sfide che stanno mettendo a dura prova la sopravvivenza dell’essere umano sul pianeta.
Continua la lettura di “NUCLEAR NOW” di OLIVER STONE“RICARDO ET LA PEINTURE” BY BARBET SCHROEDER
Article by Emidio Sciamanna
Translation by Chiara Rotondo
An elderly painter climbs the steep cliff face of Brittany’s coastline, wearing worn-out clothes and holding his palette, easel and brushes in hand. Upon reaching a secluded grotto, he is free to express his imagination against the stunning coastal backdrop. This is the opening scene of Barbet Schroeder’s latest documentary, Ricardo et la peinture (“Ricardo and painting”), which premiered Out of Competition at the 41st Turin Film Festival.
Continua la lettura di “RICARDO ET LA PEINTURE” BY BARBET SCHROEDER“RICARDO ET LA PEINTURE” DI BARBET SCHROEDER
Abiti consumati, pennelli in mano, tavolozza e cavalletto sulle spalle: nel cuore della Bretagna, sullo sfondo di un suggestivo paesaggio costiero, un anziano pittore si inerpica faticosamente lungo la ripida parete rocciosa di un litorale, fino a raggiungere una piccola grotta nascosta, dove può dare libero sfogo alla sua fantasia. È l’inizio del nuovo documentario di Barbet Schroeder, Ricardo et la peinture, presentato Fuori Concorso alla 41^ edizione del Torino Film Festival.
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Article by Nicolò Pilon
Translation by Martina Agostino
During the elections in 2012 in Georgia, the Party’s candidate Mikheil Saak’ashvili of “United National Movement” promises free dental visits to all citizens over the age of 50. He does not limit himself to promises, in fact he hires teams of dentists tasked with restoring the smiles of his potential voters. At the end of the two-month campaign, however, Mikheil will lose the election, leaving citizens with half surgery done, but with no teeth. Eight years later, director Luka Beradze decides to go to one of the regions most affected by this electoral cataclysm, where he will find the Innominatovillage, in the municipality of Chiaturi.
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Durante le elezioni del 2012 in Georgia il candidato del partito “Movimento Nazionale Unito” Mikheil Saak’ashvili promette visite odontoiatriche gratuite a tutti i cittadini che hanno superato il cinquantesimo anno di età. Non si limita alle promesse, ma ingaggia squadre di dentisti incaricate di ripristinare il sorriso dei suoi potenziali elettori. Alla fine della campagna durata due mesi Mikheil perderà però le elezioni, lasciando i cittadini a metà intervento, ovvero senza denti. Otto anni dopo il regista Luka Beradze decide di andare in una delle regioni più colpite da questo cataclisma elettorale, dove troverà il villaggio Innominato, nel comune di Chiaturi.
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Article by Elena Bernardi
Translation by Camilla Lippi
In Cambio Cambio (“Change Change”), one of the movies presented out of competition in the “Nuovi Sguardi Argentini” (“New Argentinian Perspectives”) section at the 41st Torino Film Festival, Lautaro García Candela paints a picture of Generation Z in a post-pandemic Argentina, somewhere between a thriller and a love story.
Continua la lettura di “CAMBIO CAMBIO” BY LAUTARO GARCÍA CANDELA“CAMBIO CAMBIO” DI LAUTARO GARCÍA CANDELA
In Cambio Cambio, presentato fuori concorso nella sezione “nuovi sguardi argentini” alla 41^ edizione del Torino Film Festival, Lautaro García Candela dipinge un ritratto della generazione Z nell’Argentina post-pandemia, a metà tra il thriller e la storia d’amore.
Continua la lettura di “CAMBIO CAMBIO” DI LAUTARO GARCÍA CANDELA“ROMA BLUES” BY GIANLUCA MANZETTI
Article by Sara Longo
Translation by Lara Martelozzo
In the oneiric world of Al (Francesco Gheghi), the single most important thing is to make his bed every morning. This is because accomplishing the first task of the day will motivate him to achieve subsequent goals. Inspired by what Admiral McRaven said in his famous speech, Al adds that it is in a properly tucked-in bed that good dreams are born. Too bad there are no blankets to tuck into in the hot, suffocating Rome where he lives.
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Nell’onirico mondo di Al (Francesco Gheghi), la cosa più importante è farsi il letto ogni mattina. Questo perché realizzare il primo compito della giornata lo motiverà a raggiungere gli obiettivi successivi. Prendendo spunto da quanto disse l’Ammiraglio McRaven nel suo celebre discorso, Al aggiunge che è in un letto ben fatto che nascono bei sogni. Peccato che non ci siano coperte da rimboccare nella calda e asfissiante Roma in cui vive.
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Article by Asia Lupo
Translation by Rebecca Lorusso
The sea, a mound of earth and some buildings are the opening images of Anulloje Ligjin, a documentary that talks about the mysterious reality of a country which has been isolated from the rest of the European continent for 40 years. Albania, in this film, is shown in all its desolation and inconsistencies, but also in its profound creative energy and resistance.
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