Laura Samani parte da elementi bassi con cui si sporca le mani: l’acqua e il sangue, il latte e le lacrime. Ma soprattutto attinge dai riti e dalle credenze popolari di un villaggio di pescatori in Friuli, una zona lontana dall’avvento del “progresso” e della “modernità” (le lampadine sembrano uno scherzo) sospesa in un tempo quasi astorico, mitico e arcaico. La figlia di Agata, nata morta, non può ricevere battesimo e quindi è destinata a vagare in eterno nel limbo; salvo che la madre si metta in cammino per raggiungere una lontana e fredda val Dolais, dove si trova un santuario del respiro in cui il miracolo accade: il bambino nato morto viene riportato in vita per il tempo di un respiro così che possa essere battezzato e avere un nome.
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“RAMPART” DI MARKO GRBA SINGH
Il regista osserva l’appartamento vuoto in cui ha vissuto per venticique anni. E’ in vendita, è spoglio. I muri, nudi e lividi, evocano ricordi, suscitano sondaggi profondi nella memoria. Il film prende le mosse da una casa vuota che si riempie, nella penombra, del vissuto d’infanzia di chi l’ha abitata. Presentato in concorso Internazionale Doc al TFF39, il documentario di Marko Grba Singh raggiunge un grado d’intimità potente. Quasi un memoriale cinematografico, Rampart afferra e rielabora il passato percorrendo la storia personale del regista e, con essa, un estratto doloroso della storia del suo paese: la guerra che, come un temporale improvviso, colpì Belgrado il 24 marzo del 1999.
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Article by Laura Anania
Translated by Gianluca Zogno
Micaela Gonzalo joins TFF39 with her first full-length film, which follows a young Argentinian girl called Jimena (Mora Arenillas) along her journey towards self-awareness and personal growth.
Her path is marked by the dualities between solitude and companionship, between individual and universal and between family and work. The protagonist must solve these issues in order to find her own place in the world.
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Article by Alessandro Pomati
Translated by Francesca Schiavello and Benedetta Di Fiore
It was 2019 when the Italian audience got to know the world that the debuting director Phaim Buyan brought to the big screen in Bangla, his first work: a gentrified, suburban, Roman world (the events of the film took place in “Torpigna”, short for Tor Pignattara), perfect for the zoomers generation; an ironic world, sometimes even cynical when it comes to the condition of second generation immigrants and their difficult process of integration; a world and an atmosphere perfectly recognizable by those born in the second half of the nineties onwards.
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Article by Cristian Cerutti
Translated by Francesca Luna Lombardo
One eye turns to the camera. The camera enters to examine the optic nerve from which the connections to the brain branch off, while the cold, unaffected voice-over explains how it is responsible for reconstructing the data received. However, the reconstruction is never impartial. It’s always influenced by the cultural structures in which we are immersed. The opening sequence of All Light, Everywhere immediately reveals the intention behind the visual essay directed by Theo Anthony: to overturn the dialectic between observer and observed. At the same time it demonstrates how, historically, it has been concealed by observers to hide the connection between dialectics and the management of power.
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Per gli umani non c’è nessuna cosa reale se non è raccontata.
Alessandro Baricco
Attorno al fuoco, gli anziani del villaggio si riuniscono per raccontare antiche storie di paese che hanno influenzato la cultura popolare e che sono ormai avvolte dal manto della leggenda. Rievocano e donano linfa vitale a personaggi mitici, uomini che hanno sfidato principi e reami in nome della giustizia, della libertà e dell’amore, e che si sono distinti per le loro virtù o per aver commesso dei “fattacci”.
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Evanescente e al contempo materico, l’universo espressivo a cui l’animatrice Florence Miailhe dà forma con La traversée riesce a coniugare atmosfera fiabesca e crudo realismo, restituendo con estrema evidenza la forza di una storia universale, archetipica, quella di chi è costretto ad abbandonare la propria terra e, esule, si barcamena per arrivare altrove.
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L’incorruttibile agente Cheung Sung-bong (Donnie Yen) e il suo ex collega Yau Kong-ngo (Nicholas Tse) rappresentano due facce di una stessa medaglia: ritrovarsi l’uno contro l’altro è un po’ come guardare il proprio riflesso in un vetro opaco senza riconoscersi. I loro destini, indissolubilmente intrecciati, si sarebbero potuti capovolgere, se tanto tempo prima avessero compiuto scelte diverse. Ma ora che il passato ha bussato alla porta, è finalmente giunto il momento di pareggiare i conti.
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Bipolar inaugura la neonata sezione “Incubator” del Torino Film Festival, un nuovo spazio dedicato agli sguardi idiosincratici, all’in-incasellabile. Un febbricitante brusio creativo di cui il film di Queena Li trasmette alla perfezione l’energia.
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Il film di Mariangela Ciccarello, presentato nella sezione Italiana.doc, si presenta come un documentario che segue la quotidianità di due attrici, Angela e Paola, incentrata sulle loro prove teatrali di dialoghi che coinvolgono i personaggi mitici di Ulisse, Circe e Calipso. La dimensione della realtà, però, straborda continuamente e progressivamente all’interno di una dimensione onirica, che avvolge i corpi delle protagoniste, sfumandone i contorni, così come le loro parole, soprattutto durante i momenti di recitazione, nei quali l’italiano dei dialoghi si mescola con il dialetto napoletano delle loro riflessioni sui personaggi del mito.
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Il primo lungometraggio di Micaela Gonzalo arriva in Concorso al TFF39 affrontando il delicato percorso di maturazione e presa di coscienza di Jimena (Mora Arenillas), una giovane argentina. Il suo cammino è segnato dal dualismo: solitudine-compagnia, individuale-universale e famiglia-lavoro sono i nodi che la protagonista deve sciogliere per poter trovare il suo posto nel mondo.
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Extraneous Matter – Complete Edition si apre come un film intimista con un “modesto” (ma saldo) formato 4:3 in bianco e nero e l’immagine familiare di un bonsai, seguita dal primo piano di una ragazza addormentata che, una volta sveglia, si prepara un caffè. Più tardi il film, rivelata la natura episodica, allarga inaspettatamente il suo sguardo ed esce dalla dimensione domestica dell’abitazione della ragazza (che non è la protagonista), per rivolgersi ad altri personaggi e alla grande città. Estende così la sua riflessione a una dimensione universale profondamente legata ai demoni della contemporaneità.
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Era il 2019 quando il pubblico italiano faceva la conoscenza del mondo che l’esordiente regista Phaim Buyan portava sul grande schermo in Bangla, la sua opera prima: un mondo ad altezza di zoomer, gentrificato, periferico, romanesco (la cornice in cui si svolgevano le vicende del film era “Torpigna”, diminutivo di Tor Pignattara); un mondo ironico, talvolta anche cinico, nel parlare della condizione degli immigrati di seconda generazione e del loro difficile processo di integrazione; un mondo e un’atmosfera, infine, perfettamente riconoscibili dai nati della seconda metà degli anni Novanta in poi.
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Un occhio si rivolge alla camera. La camera entra per esaminare il nervo ottico da cui si dipartono i collegamenti verso il cervello mentre la fredda voce over spiega come esso sia responsabile della ricostruzione dei dati ricevuti. Una ricostruzione che però non è mai neutrale, ma sempre influenzata dalle strutture culturali in cui siamo immersi. La sequenza di apertura di All Light, Everywhere, espone da subito l’intento che sta alla base del saggio per immagini diretto da Theo Anthony: ribaltare la dialettica tra osservatore e osservato per dimostrare come storicamente sia stata celata dai portatori dello sguardo al fine di nascondere quanto a essa si leghi la gestione del potere.
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Ad aprire la trentanovesima edizione del Torino Film Festival è Sing 2 – Sempre più forte scritto e diretto da Garth Jennings, in anteprima internazionale. In questo nuovo capitolo Buster Moon e i suoi amici intraprendono un viaggio che dalla piccola realtà del Moon Theatre li porta nella sfavillante Redshore City in cerca di una nuova avventura, una nuova possibilità per provare al mondo il loro valore guadagnandosi uno spettacolo al Crystal Tower Theatre. Anche se in un primo momento ottengono ciò che desiderano grazie all’insperato favore del destino, presto vengono travolti dalle difficoltà che si nascondono dietro ogni angolo. A complicare il tutto poi, c’è la “piccola” bugia detta da Moon per apparire migliore agli occhi del magnate che deve produrre lo spettacolo e che lo porterà a rischiare ben più del raggiungimento dei suoi obiettivi confrontandosi con la realtà di un settore competitivo e, talvolta, crudele.
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L’irradiante spensieratezza della giovane età nella Francia degli anni ’40, flagellata dalle leggi antisemite. Une jeune fille qui va bien è il lungometraggio d’esordio di Sandrine Kiberlain, presentato a maggio durante La Semaine de la critique di Cannes e in concorso al TFF 39.
Continua la lettura di “UNE JEUNE FILLE QUI VA BIEN” DI SANDRINE KIBERLAIN39 TORINO FILM FESTIVAL
Il ritorno in sala, la resistenza, il recupero della memoria
Annunciato la scorsa settimana durante la conferenza stampa al Cinema Massimo e in partenza il 26 novembre, il Torino Film Festival farà un grande ritorno in sala, dopo la scorsa edizione interamente online.
Con i suoi 181 titoli selezionati tra più di 4500 opere visionate, il Festival si propone non solo di continuare il proficuo dialogo con i suoi affezionati, sempre più esigenti e preparati, ponendo l’attenzione sul cinema di ricerca, la sperimentazione e la promozione di autori emergenti, ma anche di instaurare un rapporto con il grande pubblico.
“EL ELEMENTO ENIGMÁTICO” by ALEJANDRO FADEL, “THE PHILOSOPHY OF HORROR – A SYMPHONY OF FILM THEORY” by PÉTER LICHTER and BORI MÁTÉ
Article by Chiara Rosaia
Translated by Simona Sucato
Slow panoramic scour a sidereal landscape, an expanse of mountains covered by snow and dominated by the wind. It is perhaps an alien territory that is at the center of El elemento enigmático, a hostile environment in which three men struggle to advance. Men in helmets and motorcycle suits, without face or voice (we under stand the dialogues only through subtitles), wandering aimlessly waiting for their own end. An atmosphere of suspension persist throughout the movie, a work difficult to categorize, halfway between storytelling and video art. Indeed, if it is possible to trace aspects dear to science fiction,such as the clash between nature and man, these are sucked into the omnipresent aura of mystery, a dense and at the same time impalpabile atmosphere, like the icy vapors emanating here from the rocks.
“EL ELEMENTO ENIGMÁTICO” DI ALEJANDRO FADEL, “THE PHILOSOPHY OF HORROR – A SYMPHONY OF FILM THEORY” DI PÉTER LICHTER E BORI MÁTÉ
Lente panoramiche perlustrano un paesaggio siderale, una distesa di montagne ricoperte dalla neve e sovrastate dal vento. È forse un territorio alieno quello al centro di El elemento enigmático, un ambiente ostile in cui tre uomini avanzano a fatica. Uomini in casco e tuta da motocliclista, senza volto né voce (ne comprendiamo i dialoghi solo mediante i sottotitoli), che vagano senza meta aspettando la propria fine. Un clima di sospensione permane per tutto il film, un’opera difficilmente catalogabile, a metà strada fra narrazione e videoarte . Se infatti è possibile rintracciare aspetti cari alla fantascienza, come lo scontro fra natura e uomo, questi vengono risucchiati dall’onnipresente aura di mistero, un’atmosfera densa e al tempo stesso impalpabile, come i vapori ghiacciati qui emanati dalle rocce.
“THE OAK ROOM” by CODY CALAHAN
Article by Andrea Bruno
Translated by Aurora Sciarrone
A bar, a few lights on: some dim colored neon-lights, the counter’s illumination, an old jukebox emitting a soft glare in a corner. Paul (Peter Outerbridge), the bartender, is about to close the place while outside in the night,a snowstormblows.All of a sudden Steve (RJ Mitte) bursts in,a wanderercarrying a story from a different bar, of a different bartender, of a different stranger brought there by the storm. From this first one, a lot more stories come up, while midnight approachesand someoneis relentlessly driving in the snow.
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