The cold afternoon sun illuminates the pulsating arteries of Rome: in this body, instead of red blood cells, people flow, each with their own past, experiences and aspirations.
Il sole freddo del pomeriggio illumina le arterie pulsanti di Roma: in questo corpo, al posto dei globuli rossi, scorrono le persone, ciascuna con il proprio vissuto, le proprie esperienze e aspirazioni.
Un corridoio bianco. Una luce accecante, quasi divina. Un coro di voci che sembrano provenire dall’aldilà. Mario Balsamo presenta così l’Anemos di Torino nel suo ultimo documentario, In ultimo, un titolo conciso ma efficace nel descrivere una missione che gli operatori dell’hospice perseguono con premura e dedizione: condurre le persone verso l’elaborazione della malattia e l’accettazione di quella condizione di fronte alla quale siamo tutti uguali. Tutte le inquadratura sono sovraesposte e prolungate, una scelta che trasporta lo spettatore in una dimensione sospesa, senza tempo e completamente estranea alla realtà ordinaria.
Nella sezione “La prima volta” del Torino Film Festival è stato presentato l’esordio alla regia della madrina della manifestazione Catrinel Marlon, attrice ed ex modella di origine romena. Il film, Girasoli, di cui è anche co-sceneggiatrice, nasce da una sua intima necessità, dalla volontà di portare sullo schermo una tematica a lei vicina: la malattia mentale.
Negli anni Sessanta i manicomi esistono ancora: sono luoghi grigi e cupi, le cui pareti trasudano dolore mentale e fisico a causa delle pene corporali, delle “cure” e delle misere condizioni di vita. Sono luoghi in cui si viene rinchiusi e dimenticati per sempre oppure, prima o poi, rigettati nella società. Lucia (Gaia Girace) è una quindicenne schizofrenica, ricoverata da diversi anni presso l’ospedale psichiatrico Santa Teresa di Lisieux, ma non ancora completamente schiacciata dalla vita e dalle terapie. Anna (Mariarosaria Mingione), orfana cresciuta in convento e appena maggiorenne, viene trasferita all’ospedale psichiatrico per diventare infermiera. Una volta giunta nel manicomio deve scegliere da che parte stare: seguire la dottoressa Marie D’amico (Monica Guerritore), donna all’avanguardia nello sperimentare nuove terapie ispirate alle teorie di Franco Basaglia, o conformarsi a quell’ambiente all’epoca prettamente maschile e di vedute ristrette, che crede solo nelle pillole e nell’elettroshock. Dalla scelta di Anna dipenderà il futuro di Lucia e la sua possibilità di salvarsi.
Catrinel Marlon riesce ad affrontare con sguardo autentico una tematica complessa e delicata, ispirata a una storia realmente accaduta. Il racconto è crudo, ma la regista non si sofferma sugli aspetti più degradanti della vita manicomiale, evitando di cadere in una patetica spettacolarizzazione della sofferenza, della reclusione e del dolore. Una narrazione incisiva e puntuale, arricchita da un altro tema centrale di Girasoli: l’amore, il potentissimo mezzo che permette di evadere – anche quotidianamente – da quelle mura soffocanti.
Carlotta Pegollo
articolo pubblicato su “la Repubblica” il 26 novembre 2023
A woman stands beyond a net, armed with a rifle, peering into the empty pool below where a caged tiger, the pet of a gangster, lies.
This marks the beginning of Andrei Tănase’s film, developed as part of the TorinoFilmLab 2019 which globally premiered at the International Film Festival Rotterdam 2023. The opening scene introduces the two main characters, their connection is evident through the first frames.
Una donna al di là di una rete, armata di fucile, guarda in basso sul fondo di una piscina vuota dove si trova una tigre in gabbia, l’animale domestico di un gangster. Così inizia il film Andrei Tănase – sviluppato nell’ambito del TorinoFilmLab 2019 e presentato in anteprima mondiale all’International Film Festival Rotterdam 2023 – con le due figure protagoniste, il cui legame è reso evidente dalla messa in quadro della prima scena.
A couple of actors decide to participate in the television program “Scheletri nell’armadio” (“Skeletons in the closet”), in which they have to tell their love story without any filter or secret. Lucia’s idea (Barbara Giordano) is to let the audience know about her using the catch of a national-popular show, which now seems to be the only way to achieve popularity besides social networks. Paolo (Alessio Vassallo), instead, is reluctant to the idea of showing his secrets, but he will be persuaded by the perspective of job. They swear to each other that they will only tell the truth on camera, even if, being actors, they can alter it a bit for the audience. A complete fiasco.
Gianluca Maria Tavarelli, author and screenwriter of Indagine su una storia d’amore (“Analysis of a love story”), performs an autopsy on this relationship, which the spectator looks at with a voyeuristic taste. From the beginning of the film, in fact, we already know how the relationship of Paolo and Lucia will end, but we are captivated by a kind of morbid curiosity, on which the script and the staging pry. The facts that are shown and told will end up being wrong. Everything is uncertain and put under question in a way that leaves the audience unable to understand who is right. By doing this with a multi-layer and multi-sense narrative, Tavarelli constantly keeps the interest of the audience alive, so that they don’t have time to relax – or worse – to get bored. Thanks to this device, he doesn’t risk appearing trivial with an ordinary topic in this hyper-exposition era.
That which provides the attraction mechanism in the audience is to find how things really went, spying on the couple’s private reactions while on their own rediscovery. But since lies are always more intriguing than truth, Paolo becomes the real protagonist of this story. In fact, the audience knows a lot more about Paolo than Lucia does, a character that seems far too functional, if not just the litmus test of her partner’s behaviour. Alessio Vassallo manages to put on stage a good degree of measure even in the most desperate moments, such as when he attempts suicide. ( we give credits to Alessio Vassallo for some moves taken in the most desperate moments like attempted suicide) A quality that Paolo shares with the other characters too, also thanks to the irony with which Tavarelli colours the whole film, moving between an excessive exuberance and a comic lightness.
Una coppia di attori decide di partecipare al programma televisivo Scheletri nell’armadio in cui sono chiamati a raccontare la loro storia d’amore senza filtri e senza segreti. L’idea di Lucia (Barbara Giordano) è quella di cercare di farsi conoscere dal pubblico sfruttando la presa di una trasmissione nazional-popolare che, ormai, sembra essere l’unico veicolo di popolarità mediatica insieme ai social. Paolo (Alessio Vassallo) è invece reticente all’idea di tirare fuori i propri numerosi scheletri nell’armadio ma si lascia convincere, sedotto dalle prospettive lavorative. Si giurano allora di raccontare solo la verità davanti alle telecamere anche se, da attori, possono un po’ rielaborarla per l’audience. Una disfatta annunciata.
Gianluca Maria Tavarelli, anche autore del soggetto e sceneggiatore, compie un’autopsia della relazione alla quale lo spettatore assiste con gusto voyeuristico. Dall’inizio del film, infatti, sappiamo già come andrà a finire la storia di Paolo e Lucia, ma veniamo catturati da una specie di morbosa curiosità su cui fanno leva la sceneggiatura e la messa in scena. Ci vengono mostrati e raccontati fatti puntualmente smentiti l’attimo successivo, tutto è messo in discussione e lo spettatore non sa più a chi credere. Così facendo, Tavarelli, con una narrazione multi-strato e multi-senso, mantiene costantemente acceso l’interesse del pubblico in sala che non ha il tempo di rilassarsi – o peggio – annoiarsi. Si salva così dal rischio di apparire banale nell’affrontare una tematica e un argomento divenuti quotidiani nell’epoca dell’iper-esposizione.
E scoprire come sono andate veramente le cose spiando le private reazioni della coppia alla propria ri-scoperta resta ciò che innesca il meccanismo di attrazione spettatoriale. Essendo però la menzogna da sempre più intrigante della verità, il vero protagonista della vicenda diventa Paolo. Lo spettatore conosce infatti molti più lati di Paolo che non di Lucia, personaggio che appare fin troppo funzionale quando non semplice cartina di tornasole del comportamento del compagno. Ad Alessio Vassallo il merito di una certa misura anche nei momenti più disperati come quello del tentato suicidio. Un tono che Paolo condivide anche con gli altri personaggi anche grazie all’ironia di cui Tavarelli colora tutto il film in bilico tra eccessiva esuberanza e comica leggerezza.
The 22nd edition of the Glocal Film Festival, organised by the Associazione Piemonte Movie, will take place from the 10th to the 14th March 2023. The aim of this event is the promotion and diffusion of cinema made in Piedmont, but not only: the festival wants to promote local and global exchanges and contaminations, make room to Piedmontese artists with a global vision.
Dal 10 al 14 marzo del 2023 si svolgerà la ventiduesima edizione del Glocal Film Festival, organizzato dall’Associazione Piemonte Movie. L’obbiettivo di questo evento è la promozione e la diffusione del cinema realizzato in Piemonte, ma non solo: il festival vuole promuovere scambi e contaminazioni locali e globali, dando spazio ad artisti piemontesi con una visione globale.
Da Orwell a Dick, da Brazil (Gilliam, 1985) a Flatlandia (Abbott, 1884), il lungometraggio d’esordio di Diego Felipe Guzmán, presentato in concorso alla ventiduesima edizione del ToHorror Film Fest, si rifà alle tradizioni fantascientifiche più tetre e alle tele cubiste più vivaci. Narrando di un futuro distopico ma non integralmente irrealistico, la stravagante animazione del film si rivela quale bizzarra ed eccentrica allegoria di un mondo odierno che saremo, forse, costretti ad abbandonare.
A Super 8mm amateur film, made in 1975, abandoned in the director’s basement for years, seriously damaged by the humidity coming from the lake near her house: this is the starting point of Undead Voices, the documentary by Maria Iorio and Raphaël Cuomo which aims to revive the feminist film Donne emergete! by Isabella Bruno. The story of Donne emergete! is shared by many films about militant feminism: «There was not enough interest in preserving them and they were considered unworthy» commented the curator and art historian Annamaria Licciardello, emphasising how this issue adds to that of the already limited number of feminists who have tried their hand at directing, in this historical period.
Evanescente e al contempo materico, l’universo espressivo a cui l’animatrice Florence Miailhe dà forma con La traversée riesce a coniugare atmosfera fiabesca e crudo realismo, restituendo con estrema evidenza la forza di una storia universale, archetipica, quella di chi è costretto ad abbandonare la propria terra e, esule, si barcamena per arrivare altrove.
Eighteen years after the last edition, the competitive section of short films returns to the Torino Film Festival. Two programs, twelve shorts chosen from more than 500 titles for six female directors and six male directors from all over the world. Very different talents compared to a heterogeneous parterre that combines a fascinating and precious variety of techniques and ideas. It is proof of the importance and strength of a complex and demanding genre capable of “giving back the cinematographic machine in a small way” at an international level, according to the recruiter Daniele De Cicco
Il consueto appuntamento con il cinema del regista Tonino De Bernardi nella sezione Onde rappresenta sempre un momento di riflessione sulla natura stessa dell’arte e sul più profondo scopo di quest’ultima. La carriera di De Bernardi è emblematica del cinema underground italiano, una realtà spesso non troppo valorizzata nel nostro Paese. “Il mio è un cinema nel tempo”, ha detto De Bernardi durante il Q&A al Reposi: un film realizzato con materiale girato dal 2009 al 2019 è al di fuori delle logiche produttive dell’industria cinematografica cosiddetta mainstream, ma anche di quella indipendente nel senso tradizionale.
Già protagonista del film in concorso Raf (Harry Cepka), Grace Glowicki partecipa al Torino Film Festival anche in veste di regista con il suo primo lungometraggio, Tito.
Tito (interpretato dalla stessa Grace Glowicki) è un disadattato, un emarginato che, dopo aver subito una violenza, vive isolato nella sua casa arredata con un mobilio essenziale, perseguitato da suoni terrificanti e immaginari mostri che sembrano essere in agguato ovunque lui si trovi, tormentato da un malessere fisico che gli impedisce anche di mangiare. All’improvviso appare nella sua casa un “friendly neighbour” (Ben Petrie) – come viene presentato nei titoli di testa – che parla senza sosta, lo nutre, gli fa assumere sostanze stupefacenti e sembra, per un istante, sottrarlo alla sua solitudine e paura, prima di rivelarsi come un altro dei suoi carnefici.
Not only as the protagonist in the film Raf (Harry Cepka), Grace Glowicki also participates in Torino Film Festival as a director with her first feature film, Tito.
Tito (interpreted by Grace Glowicki herself) is a misfit, an outcast who, after having suffered violence, lives isolated in his house with sparing furniture. He is haunted by scary sounds and imaginary monsters that seem to be in ambush wherever he is. Tito is also tormented by a physical illness that prevents him even from eating. Suddenly a “friendly neighbour” (Ben Petrie) – as he is presented in the opening credits – appears in his house. He talks incessantly, and Tito feeds him, makes him take drugs, and, for a while, he seems to get him out of his solitude and fear, but actually he will reveal himself as another of his executioners.
Opera prima dei due registi italiani realizzata grazie ad una produzione indipendente italo-americana. Nel cast spiccano, su tutti, Anthony Hopkins, Madeline Brewer e Camille Rowe. Si tratta di un film complesso, dal carattere fortemente sperimentale, che si articola su due principali livelli di lettura.
Article by: Sirio Alessio Giuliani Translated by: Anna Benedetto
Debut film of two Italian directors, Spinotti and De Amicis, Now is Everything was made thanks to an Italian-American indie production, starring the talented Anthony Hopkins, Madeline Brewer and Camille Rowe. It is a rather complex film with various experimental elements in it, paving the way for two possible interpretations.
Alla sua seconda esperienza alla regia,
dopo Finché c’è prosecco c’è speranza (2017),
Antonio Padovan ci presenta un’opera che è un’insolita e atipica mescolanza di
film dal sapore fantascientifico alla Spielberg e commedia tutta italiana, senza
dimenticare l’influenza dei film di Carlo Mazzacurati, regista della sua stessa
terra.