Calati nell’atmosfera suggestiva del cinema Classico, i direttori artistici Alessandro Gaido e Gabriele Diverio hanno annunciato i vincitori della quindicesima edizione del Piemonte Movie gLocal Film Festival che, a loro dire, è alla sua edizione migliore sia per il programma, sia per l’alta qualità dei lavori iscritti rispetto alla media degli anni precedenti.
a collaborazione tra Riccardo Bianco, filmmaker e documentarista torinese, e Maurizio Fedele, operatore e montatore di documentari e progetti di fiction, ci regala Nicu.
La trentatreesima edizione del Torino Film Festival si è conclusa ieri sera quando, dopo la premiazione dei film in concorso, è stato proiettato il film di chiusura nella sala del cinema Reposi: Hello, My Name is Doris, diretto da Michael Showalter e interpretato dalla grandiosa Sally Field.
Ieri sera si è conclusa la 33° edizione del Torino Film Festival; il premio come miglior film è andato all’opera del regista belga esordiente Guillaume Senez, Keeper. Sull’ondata di programmi di successo quali 16 anni e incinta, trasmesso su MTV, il film racconta l’esperienza di una gravidanza in giovane età.
Gli anni dell’adolescenza sono i più belli e contemporaneamente i più brutti della nostra vita. Questa è una tipica frase con la quale non si sa mai se essere d’accordo o no; di certo è vero che gli anni dell’adolescenza sono quelli in cui i nostri sogni cominciano a prendere forma, a deragliare dai binari infantili verso la dura realtà. E’ un processo quasi obbligato nel percorso dall’adolescenza all’età adulta. Nel film di João Nicolau accade esattamente l’opposto.
Borsalino City, della sempre molto fornita sezione Festa Mobile, è un documentario diretto da Enrica Viola e prodotto dalla UNA Film. Il film ripercorre la storia della ditta Borsalino; fondata ad Alessandria nel 1857 da Giuseppe Borsalino, ottenne fama internazionale con il Grand Prix del 1900 tenutosi a Parigi. Pochi mesi dopo, Giuseppe – che aveva studiato l’arte del cappellaio in giro per il mondo – morì, lasciando la Borsalino in eredità al figlio Teresio Borsalino. È in questi anni che si creò una faida all’interno della famiglia, con la scissione del cugino di Teresio, Giovanni Battista Borsalino, il quale fondò una nuova ditta chiamata Borsalino Fu Lazzaro; da questa faida nacque l’idea che forse, il vero inventore del cappello Borsalino, non era stato Giuseppe, ma suo fratello Lazzaro (il padre di Giovanni Battista). Teresio lasciò la ditta di famiglia in mano al nipote Teresio Usuelli, durante il cui mandato si festeggiò il centenario della nascita della ditta Borsalino, nel 1957; sono i loro discendenti, tra cui Vittorio Vaccarino, che raccontano le faide, le imprese e i ricordi della loro impresa di famiglia.
“Questa non è una storia sulla malattia, ma è la storia di un rapporto umano.”
Così ha dichiarato ieri alla conferenza stampa del Torino Film Festival Eddie Redmayne, protagonista del film The Theory of Everything, in cui interpreta l’astrofisico Stephen Hawking. Ed effettivamente è di questo che parla il film: è una storia d’amore. Ma tra chi? Tra Stephen e la sua prima moglie, Jane? O tra Stephen e la fisica?
Il film è l’adattamento cinematografico del libro autobiografico Travelling to Infinity: My Life With Stephen, scritto dalla prima moglie di Hawking. E The Theory of Everything comincia proprio dal primo incontro tra i due, per poi percorrere insieme gli anni in cui si sono amati e sostenuti a vicenda, hanno dato vita a una famiglia e si sono infine separati. Il film, nonostante i toni seri, riesce tuttavia a far ridere in alcuni punti. Particolarmente interessanti sono stati i ben due riferimenti alla famosa serie inglese Doctor Who, che hanno reso il film decisamente British.
Vestire i panni di Stephen Hawking non sarà stato certo facile, ma l’interpretazione di Eddie Redmayne, con il suo fascino e il suo carisma, ha convinto tutti sin da subito – tanto che potrebbe essere un possibile candidato all’Oscar come miglior attore protagonista. Ma per ora qui a Torino gli è stato consegnato ieri sera il premio Maserati.
Ieri mattina alla conferenza stampa l’attore inglese ci ha detto che, venuto a conoscenza del progetto, se ne è subito interessato, ma che non appena ottenuta la parte di Hawking, si è reso conto delle difficoltà che questo ruolo poteva comportare. Infatti, per prepararsi, è stato seguito dalla ballerina e coreografa Alexandra Reynolds, che gli ha insegnato come muovere adeguatamente il corpo e sfruttare solo certi muscoli. Inoltre l’attore si è recato in una clinica specializzata dove ha potuto studiare i disagi fisici ed emotivi dei malati di SLA.
Certamente un lavoro molto duro, a livello fisico e psicologico. Ma Eddie Redmayne ci dice che è stato soprattutto l’incontro con Stephen Hawking ad aiutarlo a calarsi adeguatamente nella parte, a fargli comprendere le più piccole sfaccettature di questo meraviglioso uomo, un’icona che sembra volerci dire sempre qualcosa in più, svelandoci i misteri dell’Universo, ma non solo.
Ed è su questo punto che che il film si sofferma. Non si parla in modo eccessivo di fisica, buchi neri o radiazione di Hawking, ma ci si concentra sui rapporti umani, sulle difficoltà che si possono incontrare lungo il cammino e che possono essere superate solo con un’enorme forza di volontà e l’affetto delle persone care. È un film sull’amore e sulle differenti modalità di amare. Ed è proprio qui che sta la “teoria del tutto”.
Eau Zoo, della regista belga Emilie Verhamme, è un’opera prima tanto affascinante, quanto contorta. Fa parte della sezione Festa Mobile, una delle più ampie e varie di tutto il Festival.