The noir genre allowed us to go over the classic detection storytelling, reenacting complicated situations and characters who are torn apart by their interior conflicts, but who are also part of the traditional dichotomy between good and evil. Vargur by Börkur Sigbórsson, whose title for the international distribution is Vultures, efficaciously recalls these lessons, in a powerful and dark noir both in setting and essence.
Il genere noir ha permesso di scavalcare le narrazioni della detection classica mettendo in scena situazioni intricate e personaggi lacerati da conflitti interiori, mai inscrivibili nella tradizionale dicotomia di bene e male. Vargur di Börkur Sigbórsson, il cui titolo per la distribuzione internazionale è Vultures, riprende con efficacia queste lezioni, in un noir potente e cupo sia nell’ambientazione sia nell’essenza.
“Cammina o muori”: così possiamo tradurre il titolo del film di Margaux Bonhomme, in concorso nella sezione principale alla 36^ edizione del Torino Film Festival. Un titolo che sintetizza una situazione di crisi costante. Marche ou crève ci immerge infatti con violenza e senza retorica alcuna nell’estenuante quotidianità di una famiglia segnata dalla presenza di una figlia disabile.
People respond in different ways to accidents, tragedies or griefs: those who directly experiences them are immerged in contrasting feelings of denial and anger, which gradually transform into acceptance. Whereas those who are not affected by pain try to support the former, showing compassion and trying to lighten the pain of those who suffer.
Le persone reagiscono in modi diversi a incidenti, tragedie e lutti: chi li vive in prima persona è immerso in contrastanti sentimenti di negazione e di rabbia, destinati a trasformarsi gradualmente in accettazione. Gli altri, quelli che non sono colpiti dal dolore, cercano invece di supportare i primi, mostrando compassione, cercando di alleggerire la pena di chi soffre. Continua la lettura di “OIKTOS” DI BABIS MAKRIDIS→
Shireen Seno’s second feature-length film is not the common coming of age. The director claims that she had the idea for it in a dream, and the relationship between real and oneiric and between interior and exterior represents the focus of the film. The audience witnesses a fundamental moment in Yael’s life, a shy child who spends her days alone waiting for her mother to come back home or listening to messages on tapes sent by her absent father. The main character’s obsessions, confusion and solitude are reproduced with the awareness of someone who experienced them and did not forget them. Seno told in a Q&A that much of herself has been poured into the character of Yael, both into her personality and into her experience of familiar expatriation. The growing experience of the character in such a delicate moment of her life may echo something into every one of us.
Il secondo lungometraggio di Shireen Seno è tutt’altro che il solito coming of age. La regista riferisce di aver avuto l’idea per il film in sogno, e proprio il rapporto tra reale e onirico e quello tra esterno ed interno sono al centro del film. Gli spettatori si trovano a seguire un momento fondamentale della vita di Yael, una bambina molto timida che passa le sue giornate sola ad attendere il ritorno della madre o ascoltando i messaggi in cassetta inviati dal padre lontano: le ossessioni, la confusione e la solitudine della protagonista vengono rappresentate con la consapevolezza di chi le ha vissute in prima persona e non le ha dimenticate: Seno ha infatti dichiarato al Q&A che molto di se stessa è stato riversato in Yael, sia caratterialmente che per le vicende di espatrio familiare, ma l’esperienza di crescita in un momento tanto delicato può risuonare certamente con tutti.