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“ALL LIGHT, EVERYWHERE” BY THEO ANTHONY

Article by Cristian Cerutti

Translated by Francesca Luna Lombardo

One eye turns to the camera. The camera enters to examine the optic nerve from which the connections to the brain branch off, while the cold, unaffected voice-over explains how it is responsible for reconstructing the data received. However, the reconstruction is never impartial. It’s always influenced by the cultural structures in which we are immersed. The opening sequence of All Light, Everywhere immediately reveals the intention behind the visual essay directed by Theo Anthony: to overturn the dialectic between observer and observed. At the same time it demonstrates how, historically, it has been concealed by observers to hide the connection between dialectics and the management of power.

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“ALL LIGHT, EVERYWHERE” DI THEO ANTHONY

Un occhio si rivolge alla camera. La camera entra per esaminare il nervo ottico da cui si dipartono i collegamenti verso il cervello mentre la fredda voce over spiega come esso sia responsabile della ricostruzione dei dati ricevuti. Una ricostruzione che però non è mai neutrale, ma sempre influenzata dalle strutture culturali in cui siamo immersi. La sequenza di apertura di All Light, Everywhere, espone da subito l’intento che sta alla base del saggio per immagini diretto da Theo Anthony: ribaltare la dialettica tra osservatore e osservato per dimostrare come storicamente sia stata celata dai portatori dello sguardo al fine di nascondere quanto a essa si leghi la gestione del potere.

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“ZAHO ZAY” BY MAÉVA RANAÏVOJAONA AND GEORG TILLER

Article by Alessandro Pomati

Translated by Valeria Collavini

Madagascar, third millennium. In a jam-packed prison whose inmates have to spend their hour of air in an incredibly lousy court, there is a prison guard who is tormented by the memory of her homicidal father, who was never captured nor prosecuted for his crimes. When one of the inmates claims that he met her father, the guard’s obsession becomes even more urgent.

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“ZAHO ZAY” DI MAÉVA RANAÏVOJAONA E GEORG TILLER

Madagascar, terzo millennio. In una prigione dove i detenuti vivono ammassati l’uno sull’altro e hanno diritto a un’ora d’aria quotidiana in un cortile le cui condizioni di decoro sono al limite, lavora una guardia carceraria, una donna ossessionata dal ricordo del padre omicida, mai catturato e mai processato per i suoi delitti. Nel momento in cui uno dei nuovi detenuti del carcere afferma di averlo conosciuto, l’ossessione della ragazza si fa sempre più pressante.

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“UN CUERPO ESTALLÓ EN MIL PEDAZOS”, BY MARTIN SAPPIA

Article by Niccolò Buttigliero

Translated by Nadia Tordera

«Every noble, grandiose and impeccable instant is formed, filled, crumbled and recreated in a new instant that is created, formed, consumed, crumbled and redone in a new instant that is created, formed, filled, bent and connected to the next that announces itself, that is created, formed, filled and exhausted in the next that is born, that arises and succumbs and into the next that comes it arises, restores, matures and joins itself to the next that is formed… This continues without ending and stopping, without fatigue and accidents, with an immeasurable and monumental perfection» -Henri Michaux

«I wanted to do a show with a language I invented to bring people together for just one night. […] They insisted that I do it again but I didn’t want to». The theater of Jorge Bonino (1935-1990) is pure to the extent that every one of his works, words or actions is presence, an act inextricably linked to the moment in which it is expressed.

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“UN CUERPO ESTALLÓ EN MIL PEDAZOS”, DI MARTIN SAPPIA

«Nobile, grandioso, impeccabile, ogni istante si forma, si colma, si sgretola, si riforma in un nuovo istante che si crea, che si forma, che si consuma, che si sgretola e si riforma in un nuovo istante che si crea, che si forma, che si colma e si piega e si collega al seguente che si annuncia, che si crea, che si forma, che si colma e si esaurisce nel seguente che nasce, che sorge, che soccombe e nel seguente che viene, che sorge, si ripristina, matura e si unisce al seguente che si forma…E così senza fine, senza fermarsi, senza stanchezza, senza incidenti, con una perfezione smisurata e monumentale.» -Henri Michaux

«Volevo fare uno spettacolo con un linguaggio inventato da me, per riunire gente solo per una sera. […] Insistevano perché la rifacessi, ma io non volevo». Quello di Jorge Bonino (1935-1990) è teatro puro, nella misura in cui ogni sua opera, parola o azione è presenza, atto indissolubilmente legato all’istante in cui si esprime.

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“SWARM SEASON” DI SARAH CHRISTMAN

Le Hawaii sono un meraviglioso, drammatico microcosmo: il turismo ogni anno genera introiti milionari sui quali si regge l’economia dell’isola ma nell’entroterra, lontano dalle spiagge e dai villaggi per vacanzieri, le popolazioni indigene affrontano le dipendenze da “riserva” mentre gli isolani combattono battaglie che hanno a che fare con la sopravvivenza di tutti noi.

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“SWARM SEASON” BY SARAH CHRISTMAN

Article by: Roberto Guida
Translated by: Chiara Franceskin

Hawaii is a beautiful and dramatic microcosm: the economy of the island is based on millionaire incomes that come from tourism. But inland, far from beaches the villages for vacationers, indigenous people face their dependencies on the “resources”, while the islanders fight battles for the survival of all of us.

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“UNAS PREGUNTAS” BY KRISTINA KONRAD

Article by: Fulvio Melito

Translation by: Cristiana Manni

In 237’ of pleasant and interesting interviews, Kristina Kondrad’s documentary, Unas preguntas wants to narrate the identity of Uruguayan people, tormented and, at the same time, tired from years of poverty and dictatorial and military governments, as well as its will to live freely. The opportunity to describe what was happening on the streets with a microphone and a camera arrived in 1987. At that time began the first demonstrations, which asked the Government the abrogation of amnesty to those soldiers who during the dictatorship were convicted of many crimes like the torture and kidnap of several people. From these waves of protest came the director’s will of acting as a catalyst of ordinary citizens’ thoughts. She intentionally avoids the names of politicians, writers, distinguished people and with lively curiosity walk through streets, squares and markets, looking for answers for the numerous questions, beginning every interview with: «What is peace for you? ». Peace was the word disputed between the right and the left alliance. It was what politics promised to a tired population, both with the maintenance of impunity law and with its abrogation. In a centrifuge of election propaganda, most people had their own concept of peace and everyone wanted it.

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“UNAS PREGUNTAS” DI KRISTINA KONRAD

Unas preguntas, documentario di Kristina Konrad, vuole raccontare in 237’ di piacevoli e interessanti interviste, l’identità del popolo uruguaiano, tormentato e al contempo stanco di anni di povertà e di governi dittatoriali e militari, nonché la sua voglia di vivere liberamente.
L’occasione per scendere in strada con un microfono e una macchina da presa, arriva nel 1987 quando iniziano le prime manifestazioni popolari che chiedono al governo l’abrogazione dell’amnistia verso quei militari che, durante la dittatura, si macchiarono dei più svariati reati, fra cui la tortura e il rapimento di numerose persone. Proprio da queste ondate di proteste nasce la voglia della regista di mettersi in gioco e fungere da catalizzatore dei pensieri dei cittadini comuni. Evita volutamente i nomi di politici, scrittori, personaggi illustri e con curiosità viva attraversa le strade, le piazze, i mercati, alla ricerca di risposte per le sue numerose domande che seguono quella principale, quella con cui ogni intervista comincia: «Cos’è la pace per lei?» Pace era la parola contesa dagli schieramenti di destra e di sinistra, era ciò che la politica prometteva a quel popolo stanco, sia con il mantenimento della legge dell’impunità che con la sua abrogazione. In una centrifuga di propaganda elettorale, quasi tutti avevano il proprio concetto di pace e tutti la desideravano.

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“One Cut, One Life” di Lucia Small

Lucia Small ritorna al Torino Film Festival a sette anni da The Axe in the Attic senza la compagnia del noto collaboratore Ed Pincus venuto a mancare il 5 Novembre dello scorso anno. In fondo però è come se Pincus fosse stato con noi in sala. Il documentario infatti è una carrellata di immagini, di esperienze e di pillole di saggezza dell’uomo e della sua malattia terminale.  L’ultima pagina del suo Diaries 1971-1976. Continua la lettura di “One Cut, One Life” di Lucia Small

ACTRESS: DIARY OF A MAD HOUSEWIFE

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Article by: Ilaria Frare

Translation by: Paola Pupella

After playing for years  the role of Theresa D’Agostino in the HBO series The Wire, the actress Brandy Burre decides to abandon her acting career, in order to devote herself to her two children and her partner Tim Reinke. She moves to Bancon, in the suburbs of New York, and she ends up in a world that catches her totally unprepared; nappies, bills and meals to be cooked do not seem being made for her.

Over the years, the woman starts feeling the pressing need to come back in the limelight; and the director Robert Green decides to go along with her, with his camera, through the re-integration in the frivolous world of show business. Without interfering with or criticizing, Robert Green glances carefully at the protagonist’s clear frustrations arising from the restrictions of a home-centered life, which Brandy can forget just when she meets her fellow actors for a cocktail in a pub in Manhattan.

Actress is a documentary without any interviews or any cumbersome statements, where the tones of fiction and the features typical of melodrama alternate, by creating a HBO-style hybrid. Everything is harmonized by a continuous and spontaneous stream of consciousness, that sounds a lot like an admission of guilt: “I know what I did, because I’m clumsy. Perhaps not very graceful. “, states Brandy herself.

In little more than a half-hour documentary, the public participate in the parable of Brandy’s life, a woman apparently changeable and ungrateful, but who, finally, reveals herself as a person fragile and overcome by the inability to deal with the consequences of her choices, with the missed relationship with her partner and with a continuous sense of frustration, as she never feels up to her own duties as a mother, as a partner and as a professional.

Brandy’s choice was not easy; it was probably the hardest one in her life, but, to some extent, we can understand how her decision has led to the greatest happiness as well as the main pains, by leaving us the sensation of a dazed woman, who does all out to keep her life going, though clumsily.

 

 

“Actress: Diary of a Mad Housewife” di Robert Green

 

Dopo aver interpretato per anni il ruolo di Theresa D’Agostino nella serie targata HBO The Wire , l’attrice Brandy Burre decide di abbandonare la carriera di attrice per dedicarsi a suoi due figli e al compagno Tim Reinke. Trasferitasi a Bancon, periferia di New York, Brandy si trova immersa in un mondo che la coglie del tutto impreparata; pannolini, bollette e pasti da cucinare sembrano non far per lei. Continua la lettura di “Actress: Diary of a Mad Housewife” di Robert Green

“Waiting for August” di Teodora Ana Mihai

La storia di chi rimane

Bacau–Torino: una distanza che tiene lontano sette figli dalla loro mamma, che ha un lavoro come badante in Piemonte e non tornerà in Romania prima dell’estate successiva. Georgiana è la figlia più grande che si occupa delle faccende domestiche e dei fratelli più piccoli. Le giornate sono come quelle di qualsiasi bambino della loro età: vengono svegliati, vengono vestiti, viene fatta trovare pronta la cena. Tutto questo però è opera di una quindicenne costretta a crescere troppo in fretta. Puntualmente arriva la telefonata dalla mamma che vuole sentire tutte le sue creature dalla più piccola alla più grande, ma non può stare molto al cellulare perché incombono le faccende della famiglia italiana. Continua la lettura di “Waiting for August” di Teodora Ana Mihai