“Era una notte buia e tempestosa”, avrebbe scritto Snoopy. Inizia proprio così Botox, in una notte buia e tempestosa, mentre su uno schermo televisivo un altro veterano del disegno animato, Willy il Coyote, si esibisce in uno dei suoi soliti capitomboli, dal quale esce comicamente deformato ma sostanzialmente incolume. Akram (Susan Parvar) guarda rapita la scena. È affetta da autismo, bloccata in un mondo di gesti rituali e di atteggiamenti vagamente infantili, e forse crede che le medesime leggi fisiche che regolano il mondo dei cartoon valgano anche nella realtà. Sta di fatto che non ci pensa due volte a spingere giù dal tetto suo fratello Emad (Soroush Saeidi, anche produttore del film), colpevole un giorno di averla derisa una volta di troppo.
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“FILM” By FABRIZIO BELLOMO
Article by Arianna Vietina
Translated by Nadia Tordera
Is one hour enough to re-discuss the complex issues of work and technology in the contemporary world? Obviously the answer is no, but Fabrizio Bellomo is capable of taking advantage of this time, even if short, to propose a huge amount of suggestions and questions, just as he normally does with his peculiar art works. It is an experimental film, in which an exorbitant number of images taken directly from real life is represented on the screen: from Facebook scrolls to Power Point presentations to municipal council recordings and television broadcasts. But Film proposes a clear way through the contradictions of progress, leaving us the questions: has technology made us less slaves than work? Does it allow us to be more masters of our tools? Or will we continue to live forever subject to objects and to the power they have to give us sustenance and dignity? What does dignity mean for a man/worker?
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Basta un’ora per ridiscutere i complessi temi della tecnologia e del lavoro nel mondo contemporaneo? Certamente no, ma l’artista Fabrizio Bellomo riesce a usare un tempo così limitato per proporre una enorme quantità di suggestioni e domande, proprio come normalmente fa con le sue peculiari opere d’arte. Ci troviamo di fronte a un film sperimentale, in cui entrano nello schermo un numero esorbitante di immagini prese direttamente dalla vita vera, dagli scroll di Facebook alle presentazioni in Power Point fino alle registrazioni di consigli comunali e trasmissioni televisive. Ma Film propone un percorso chiaro attraverso le contraddizioni del progresso, lasciando a noi le domande: la tecnologia ci ha reso meno schiavi del lavoro? Ci permette di essere maggiormente padroni dei nostri strumenti? O continueremo per sempre a vivere sottomessi agli oggetti e al potere che questi hanno di darci sostentamento e dignità? Cosa vuol dire dignità per un uomo/lavoratore?
Continua la lettura di “FILM” di FABRIZIO BELLOMO“CALIBRO 9” BY TONI D’ANGELO
Article by Cristina Danini
Translated by Simona Sucato
Milan, Frankfurt, Moscow, Antwerp, a calabrian city. Places in the movie marked by red lettering, squares on the chessboard of a game with no holds barred. Playing for life Fernando Piazza (Marco Bocci), that the mother has not been able to turn away from his father’s underworld; on the other side of the table, the ‘ndrangheta. To help him, in a game more difficult than he could imagine, there is only Maia (Ksenia Rappoport), the girl he once loved, now a woman belonging to Corapi’s clan.
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Milano, Francoforte, Mosca, Anversa, una città calabrese. Luoghi del film scanditi da scritte rosse, caselle sulla scacchiera di una partita senza esclusione di colpi. A giocare per la vita è Fernando Piazza (Marco Bocci), che la madre non ha saputo allontanare dal mondo della malavita del padre; dall’altro lato del tavolo, la ‘ndrangheta. Ad aiutarlo, in una partita più difficile di quanto potesse immaginare, c’è solo Maia (Ksenia Rappoport), la ragazza che un tempo ha amato, ora donna del clan dei Corapi.
Continua la lettura di “CALIBRO 9” DI TONI D’ANGELO“A MACHINE TO LIVE IN” BY YONI GOLDSTEIN and MEREDITH ZIELKE
Article by Angelo Elia
Translated by Nadia Tordera
«Just for a moment, let’s dream together». This is the beginning of A Machine To Live In, directed by Yoni Goldstein and Meredith Zielke and shown at the Torino Film Festival “ TFFDOC/Paesaggio” section. The dream in which the film wants us to live is about Brasilia, the Brazilian capital built on a bare plain in a thousand days. Desired by the President Kubitschek, planned and designed by the architects Lúcio Costa and Oscar Niemeyer, it was introduced as a utopia that has become reality at its inauguration in 1960. Brasilia is a shimmering example of modernist architecture: It is a city with many shapes, many triangles, lots of white, lots of mirrors and «completely shadowless». Probably this is the reason why the incidence of ultraviolet rays causes many cases of visual impairment. But if we want to live in a dream, we have to see less.
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“A MACHINE TO LIVE IN” DI YONI GOLDSTEIN E MEREDITH ZIELKE
«Per un momento, immaginiamo insieme un sogno», ci viene detto all’inizio di A Machine To Live In, opera prima diretta da Yoni Goldstein e Meredith Zielke e presentata al Torino Film Festival nella sezione TFFDOC/Paesaggio. Il sogno di cui il film vuole farci partecipi è quello di Brasilia, capitale del Brasile costruita in mille giorni dove prima c’era solo una nuda pianura: voluta dal presidente Kubitschek, pianificata e progettata dagli architetti Lúcio Costa e Oscar Niemeyer, fu presentata alla sua inaugurazione nel 1960 come un’utopia divenuta realtà. Scintillante esempio di architettura modernista, Brasilia è una città con molte curve, molti triangoli, molto bianco, molti specchi e «completamente senza ombre». Per questo sembra che la sua configurazione aumenti l’incidenza dei raggi ultravioletti causando molti casi di disabilità visive. Bisogna accettare di vedere meno se si vuole vivere in un sogno. Continua la lettura di “A MACHINE TO LIVE IN” DI YONI GOLDSTEIN E MEREDITH ZIELKE
“MOVING ON” BY YOON DAN-BI
Article by Alessandro Pomati
Translated by Paola Macchiarella
“I long that far away place, where my loved ones come from”: these song lyrics open “Moving on”, first Yoon Dan-bi work, winner of four awards at the Busan International Short Film Festival. These lyrics seem to suggest a return to the roots for the director, back to her starting point.
And this is also what happens to the main characters of Yoon’s film, a brother and a sister who leave the house of their divorced father, a humble street vendor selling knockoff designer shoes. The children move to their grandfather’s, a suffering old man who is often hospitalized.
Continua la lettura di “MOVING ON” BY YOON DAN-BI“MOVING ON” DI YOON DAN-BI
“Bramo quel luogo lontano, dove vivono i miei cari”: su questi versi di una canzone si apre “Moving On”, opera prima di Yoon Dan-bi, premiata con ben 4 premi all’ultima edizione del festival di Busan. Versi che sembrano indicare un ritorno, per chi li ha scritti, alle proprie origini, al proprio nucleo di partenza.
Ed è proprio questo che accade ai due protagonisti, fratello e sorella, del film di Yoon quando, abbandonata la casa del padre divorziato, un modesto venditore ambulante di imitazioni di scarpe di marca, si trasferiscono nella casa del nonno paterno, un anziano sofferente e spesso costretto al ricovero in ospedale.
Continua la lettura di “MOVING ON” DI YOON DAN-BI“MICKEY ON THE ROAD” BY MIAN MIAN LU
Article by Noemi Castelvetro
Translated by Simona Sucato
Renegotiating gender rules costs an overseas trip, the Mickey of the title, in a post-adolescence coming of age parable that establishes once and for all, the transition to adulthood. On the road is also the festive path of Mian Mian Lu’s debut feature film: from Taipei, to Vancouver and finally in competition for the 38th edition of Torino Film Festival.
Continua la lettura di “MICKEY ON THE ROAD” BY MIAN MIAN LU“MICKEY ON THE ROAD” DI MIAN MIAN LU
Rinegoziare le norme di genere costa un viaggio oltremare, quello della Mickey del titolo, in una parabola coming of age post-adolescenziale che sancisce, una volta per tutte, il passaggio all’età adulta. On the road è anche il percorso festivaliero del lungometraggio di debutto di Mian Mian Lu: da Taipei, a Vancouver e infine in concorso per la 38esima edizione del Torino Film Festival.
Continua la lettura di “MICKEY ON THE ROAD” DI MIAN MIAN LU“ANTIDISTURBIOS” BY RODRIGO SOROGOYEN
Article by Arianna Vietina
Translated by Simona Assale
The Spanish tv series Antidisturbios represents those urban conflicts that we have witnessed in this 2020, from the riots of the Black Lives Matters movement, to the months of protest in Byelorussia, to the demonstrations in Poland. All of these were provoked by different reasons, but all defined by strong oppositions and incommunicability between protesters and law enforcements. A distance that remains impossible to fill, even if there seems to be no more air or space between these men and women, even if they merge one into another in agitated movements.
Continua la lettura di “ANTIDISTURBIOS” BY RODRIGO SOROGOYEN“ANTIDISTURBIOS” di RODIGRO SOROGOYEN
La serie spagnola Antidisturbios riecheggia quei conflitti urbani che abbiamo visto scatenarsi in questo 2020, dagli scontri del movimento Black Lives Matters, ai mesi di protesta in Bielorussia, alle oceaniche manifestazioni in Polonia. Tutte scatenate da motivi differenti, ma tutte contrassegnate da questa opposizione e incomunicabilità tra manifestanti e forze di polizia. Una distanza che sembra sempre incolmabile nonostante tra i corpi di questi uomini e donne manchi lo spazio e l’aria, nonostante si fondano l’uno con l’altro in movimenti concitati.
Continua la lettura di “ANTIDISTURBIOS” di RODIGRO SOROGOYENU SLAVU LJUBAVI (IN PRAISE OF LOVE), BY TAMARA DRAKULIĆ
Article by Niccolò Buttigliero
Translated by Giulia Neirone
Black screen, wind. Then, human voices together with neighs. In a dusty and austere racecourse, a horse race is interrupted at its acme, through a freeze-frame. Who is the winner, is not for us to know.
At this moment U slavu ljubavi (In Praise of Love) re-starts for the first time. Black screen again, nature sounds again: everything is covered by chirps and bellows. Now, humanity is not even considered on the sound level. From untouched nature to animals. Long static shots, mesmerized by horse bottoms. It seems that Drakulić’s point of view is not special, it is just one of the many possible perspectives. The world flows spontaneously, through every breath. Doesn’t matter if anthropomorphic subjects leave the screen. It is not about décadrages, or the subversion of some rules. It is rather about not identifying ourselves with a hierarchical organization of the audiovisual material. Everything is on the same level, and Drakulić succeeds in giving back the undecidability of one single point of view..
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Schermo nero, vento. Poi, un vociare umano, commisto a nitriti. In un polveroso e spartano ippodromo, una corsa di cavalli viene interrotta al suo acme, con un ricorso ad un freeze-frame. A chi spetti la vittoria, non è dato saperlo.
Ecco che U slavu ljubavi (In Praise of Love) ri-comincia per la prima volta. Di nuovo nero, di nuovo rumori ambientali: a sovrastare ogni cosa sono cinguettii e muggiti. La presenza umana, stavolta, non è contemplata nemmeno sul piano sonoro. Dalla natura, incontaminata, si passa ai corpi animali. Lunghe inquadrature statiche, ipnotizzate da deretani equini. Lo sguardo di Drakulić non sembra porsi come un punto di stazione privilegiato rispetto ad altri, ma come uno dei tanti possibili. Il mondo viene lasciato fluire nella sua spontaneità, in ogni suo respiro. Non importa se i soggetti antropomorfici abbandonano il campo. Non è questione di décadrages, o di sovvertire una qualche regola grammaticale. Si tratta piuttosto di non riconoscersi in un’organizzazione gerarchica del materiale audiovisivo. Tutto è ugualmente meritevole di attenzione, e Drakulić è capace di restituirci l’indecidibilità di un punto di vista.
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La fine del secolo che dà il titolo all’opera prima di Lucio Castro è una cesura sospesa, e la sospensione è elemento cardine di una storia semplice, capace di insinuarsi con delicatezza ed essenzialità nell’incontro di due anime che sembrano conoscersi da sempre e riscoprirsi ogni volta da capo.
È una calda e silenziosa estate spagnola, Ocho (Juan Barberini) è in vacanza a Barcellona: esplora, fotografa, torna nel suo appartamento. Affacciato al balcone vede Javi (Ramon Pujol), lo invita a salire e tra i due scoppia subito la passione. Un erotismo fugace, inconsistente e senza pretese. O almeno parrebbe. Perché Castro rimette tutto in gioco fin da subito, riavvolgendo il tempo e trasformando un romanticismo sfuggente in una storia d’amore universale, slegata da qualsiasi aggancio spazio-temporale.
“FRANCES FERGUSON” DI BOB BYINGTON
North Platte, Nebraska, cittadina di 8.000 residenti in cui “tutti conoscono tutti e chiunque conosce chiunque”. Una giovane donna, Frances Ferguson (Kaley Wheless), supplente di inglese infelicemente sposata con un uomo ossessionato dal porno e con una figlia di nome Perfait (sì, “Perfetta”), viene arrestata dopo essere andata a letto con uno studente minorenne. Ma la macchina da presa decide di non colpevolizzarla per questo. Basta già la comunità in cui vive a farlo.
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Article by: Giulia Leo
Translated by: Giorgia Bellini
The end of the century mentioned in the title of Lucio Castro’s work is an uncertain end, a feeling of uncertainty that manages to craft a simple and delicate story about the encounter of two souls that discover each other all over again.
It is a warm, quiet Spanish night, Ocho (Juan Barberini) is spending his vacation in Barcelona, exploring and taking pictures. When he gets back to his apartment, he sees Javi (Ramon Pujol) from the balcony and invites him upstairs, where the physical attraction between the two takes over. A sudden spark of passion, that seems to be meaningless. But Castro revolves things around, he brings us back in time and makes us realise that the fling between the two men is actually the story of a universal love, not bound to any space or time.
Continua la lettura di “FIN DE SIGLO” BY LUCIO CASTRO“PRÉLUDE” DI SABRINA SARABI
Con il suo primo lungometraggio, la regista Sabrina Sarabi presenta in concorso al Torino Film Festival un film che soltanto all’apparenza rientra nella categoria del classico coming of age adolescenziale.
David (Louis Hofmann) è un giovane pianista che studia in un prestigioso conservatorio assistito dalla fredda e rigorosa professoressa Matussek (Ursina Lardi). Per realizzare il sogno di entrare alla famosa Julliard School, si sfianca esercitandosi anche 8 ore al giorno. Il suo già fragile equilibrio è scosso quando nella sua vita entra una coppia di ragazzi, Walter (Johannes Nussbaum) e Marie (Liv Lisa Fries) con i quali stringe subito un’ambigua amicizia. Dopo aver sottratto la ragazza all’amico, David inizia con lei una storia d’amore che finisce subito per trascurare a causa di uno studio maniacale che ne condiziona l’intera vita.
Continua la lettura di “PRÉLUDE” DI SABRINA SARABI“PRÉLUDE” BY SABRINA SARABI
Article by: Silvia Gentile
Translated by: Lucrezia Villa
Director Sabrina Sarabi’s first feature film, in competition at Torino Film Festival, on the surface seems to belong to the traditional coming-of-age films.
David (Louis Hofmann) is a young pianist, who studies at a prestigious music academy tutored by cold and strict Professor Matussek (Ursina Lardi). In order to achieve his dream and be accepted into The Juilliard School, he spends up to eight hours a day practicing without rest. When he meets Walter (Johannes Nussbaum) and Marie (Liv Lisa Fries), a couple with whom he soon after forms an uncommon friendship, his already fragile mental state gets affected. After stealing his friend’s girlfriend, David gets romantically involved with Marie, however, he devotes himself to piano only, and his lack of commitment to their love story causes it to come to an end abruptly.
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