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“GIRASOLI” di Catrinel Marlon

Nella sezione “La prima volta” del Torino Film Festival è stato presentato l’esordio alla regia della madrina della manifestazione Catrinel Marlon, attrice ed ex modella di origine romena. Il film, Girasoli, di cui è anche co-sceneggiatrice, nasce da una sua intima necessità, dalla volontà di portare sullo schermo una tematica a lei vicina: la malattia mentale.

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Negli anni Sessanta i manicomi esistono ancora: sono luoghi grigi e cupi, le cui pareti trasudano dolore mentale e fisico a causa delle pene corporali, delle “cure” e delle misere condizioni di vita. Sono luoghi in cui si viene rinchiusi e dimenticati per sempre oppure, prima o poi, rigettati nella società. Lucia (Gaia Girace) è una quindicenne schizofrenica, ricoverata da diversi anni presso l’ospedale psichiatrico Santa Teresa di Lisieux, ma non ancora completamente schiacciata dalla vita e dalle terapie. Anna (Mariarosaria Mingione), orfana cresciuta in convento e appena maggiorenne, viene trasferita all’ospedale psichiatrico per diventare infermiera. Una volta giunta nel manicomio deve scegliere da che parte stare: seguire la dottoressa Marie D’amico (Monica Guerritore), donna all’avanguardia nello sperimentare nuove terapie ispirate alle teorie di Franco Basaglia, o conformarsi a quell’ambiente all’epoca prettamente maschile e di vedute ristrette, che crede solo nelle pillole e nell’elettroshock. Dalla scelta di Anna dipenderà il futuro di Lucia e la sua possibilità di salvarsi.


Catrinel Marlon riesce ad affrontare con sguardo autentico una tematica complessa e delicata, ispirata a una storia realmente accaduta. Il racconto è crudo, ma la regista non si sofferma sugli aspetti più degradanti della vita manicomiale, evitando di cadere in una patetica spettacolarizzazione della sofferenza, della reclusione e del dolore. Una narrazione incisiva e puntuale, arricchita da un altro tema centrale di Girasoli: l’amore, il potentissimo mezzo che permette di evadere – anche quotidianamente – da quelle mura soffocanti.

Carlotta Pegollo

articolo pubblicato su “la Repubblica” il 26 novembre 2023

“YOU HURT MY FEELINGS” DI NICOLE HOLOFCENER

Fuori concorso, You Hurt My Feelings è l’ultima brillante commedia della regista e sceneggiatrice statunitense Nicole Holofcener che in punta di piedi e con un’ironia calibrata, mette in scena la complessità e la fragilità delle relazioni umane.

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“LE RÈGNE ANIMAL” DI THOMAS CAILLEY

In un presente alternativo, parte della popolazione è colpita da una mutazione che trasforma le persone in creature ibride, in uomini-animali. Non si conoscono le cause né le ragioni. Si sa solo che le vittime di questa malattia possono mettere a rischio l’ordine e la sicurezza pubblica e che, quindi, devono essere controllate, rinchiuse in riserve appositamente costruite, separate dalla società civile. 

Il regista francese Thomas Cailley in Le règne animal, presentato nella sezione Crazies, ci racconta la creazione di un mondo in cui stanno cambiando le frontiere tra ciò che è umano e ciò che è animale. Un cambiamento vissuto dagli intimi punti di vista di un padre (Romain Duris) e di un figlio Émile (Paul Kircher), entrambi affranti per la scomparsa della moglie (e madre), mutata in una di queste creature. Il film mostra l’accettazione di una realtà tanto brutale quanto rappresentativa di un orizzonte in cui l’uomo è chiamato a stabilire un rapporto di convivenza pacifica con gli altri esseri viventi.

Le règne animal è anche il racconto della crescita di Émile e del suo assecondare un destino di trasformazione – un coming of age atipico, accompagnato dai picareschi brani del musicista torinese Andrea Laszlo De Simone. Émile corre tra gli alberi della foresta in cui trascorre le giornate, caccia, nuota nella palude, e urla a pieni polmoni quel grido di libertà che è espressione della natura stessa che cerca di sopravvivere alla dominazione dell’uomo. Il ragazzo ribalta l’immagine che la cosiddetta società civilizzata crea attorno alle creature ibride, facendosi esempio di come la metamorfosi in animale non sia brutalizzazione di sé, ma liberazione dalle leggi distruttive del sistema. Così, Émile, accettando se stesso come parte del règne animal, riflette e comunica nuove prospettive sull’emergenza ecologica. Nuovi modi – resistenti alle dinamiche di potere e di controllo sulla natura – di re-immaginare il rapporto con l’ecosistema.

Federico Lionetti

Articolo pubblicato su “la Repubblica” il 3 dicembre 2023

“MUMMOLA” DI TIA KOUVO

Il termine “mummola” in finlandese si riferisce alla casa della nonna, ma non si limita a indicare il mero luogo fisico. “Mummola” è la meta delle vacanze natalizie per tutta la famiglia, è un insieme di odori e sapori, un luogo sicuro e accogliente il cui ricordo provoca sempre una gradevole nostalgia, anche quando la famiglia non è proprio perfetta e unita. I ricordi della regista Tia Kouvo – che sceglie la sua città natale come location – prendono vita nel suo film d’esordio, sviluppato con il supporto del TorinoFilmLab e presentato alla 41° edizione del Torino Film Festival.  

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“NOTRE CORPS” DI CLAIRE SIMON

All’inizio c’è un’ombra: è quella di Claire Simon, la regista di Notre corps, presentato nel Concorso documentari internazionali al 41° Torino Film Festival. Riprende il contorno di se stessa e della macchina da presa che si delinea sulla strada prima di entrare – come dice la sua voce – nel racconto di «un valzer folle di destini, dall’inizio alla fine». Torna alla mente la scena in cui un’altra grande regista francese, Agnès Varda, che inquadra le sue mani mentre commenta come il corpo cambi nel tempo in La vita è un raccolto (2000). In entrambi i casi non c’è programmaticità nello sguardo della macchina quanto piuttosto il punto di vista soggettivo e personale di due donne che trasformano ogni inquadratura in un’umana riflessione sulla vita e sul suo essere determinata dalla fine.

Simon inizia da un incontro, quello con la produttrice Kristina Larsen che le dà lo spunto per un documentario. Eccola quindi entrare nel reparto di ginecologia di un ospedale pubblico parigino per raccontare, guardando al cinema di Frederick Wiseman, un microcosmo composito nel quale ogni tassello è una patologia diversa. Le singole esperienze private sono allineate nella narrazione in modo da rivendicarne anche la dimensione pubblica. Lo mostrano due scene che si susseguono: prima alcune manifestanti denunciano la brutalità delle visite mediche che hanno dovuto subire e rivendicano il diritto di scelta sul proprio corpo. Subito dopo, di nuovo dentro l’ospedale, una signora guarda in macchina mentre la preparano per un’operazione sottolineando il suo amore per il cinema e quanto il lavoro della regista sia importante perché bisogna prima di tutto informare. Ed è Claire Simon stessa a testimoniarlo: quando scopre di avere il cancro durante le riprese dice infatti al suo medico che l’avrebbe presa molto peggio se non fosse stata nel pieno della realizzazione di questo film, che proprio sul ruolo del corpo come attore dell’esistenza riflette.

Valentina Testa.

articolo pubblicato su “la Repubblica” il 27 novembre 2023.

“A STRANGER QUEST” DI ANDREA GATOPOULOS

Tracciare i confini di una mappa significa indagare il mondo conosciuto e, soprattutto, rivolgere il nostro sguardo verso l’ignoto. Ruotano intorno a questo le domande che Andrea Gatopoulos lascia che l’intelligenza artificiale ponga a David Rumsey, uno dei più grandi collezionisti di mappe del mondo. Il primo lungometraggio del regista abruzzese conclude una trilogia dedicata al rapporto tra uomo e macchina costituita dai due cortometraggi Happy New Year, Jim (2022) ed Eschaton Ad (2023).

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“INSIDE THE YELLOW COCOON SHELL” DI THIEN AN PHAM

A Saigon, in un bar affollato per i mondiali di calcio di Russia 2018, tre ragazzi discutono sull’esistenza di Dio. Uno è ateo, un altro è convinto di poter trovare una sua testimonianza avvicinandosi alla natura e il terzo, Thien (Le Phong Vu), non riesce a trovare la fede nonostante lo desideri. Questa e tantissime altre “invocazioni” stabiliscono il vero obiettivo del viaggio che inizierà di lì a poco: il tentativo di trovare anche una piccolissima traccia immanente della grandezza del divino. Ciò che stupisce – ed è bene dirlo subito – è l’intuizione di Thien An Pham, qui al suo esordio, di non limitarsi ad assecondare l’indagine del suo protagonista ma di arricchire questo dialogo teologico con la sua personale osservazione effettuata tramite il mezzo cinematografico.  

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“MARIANNE” DI MICHAEL ROZEK

L’esordio alla regia di Michael Rozek è un racconto intimo e insieme universale. Un’architettura metacinematografica ardita ma coinvolgente che grazie alla presenza consapevole e fragile di Isabelle Huppert riesce a proporre una profonda riflessione sulla recitazione e sul cinema, sull’arte e sul tempo.

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“YANNICK” DI QUENTIN DUPIEUX

Una musica off dalla tonalità straordinariamente soave esce da un pianoforte sia all’inizio sia alla fine del film di Quentin Dupieux, in arte Mr. Oizo: è il sottofondo musicale ideale per accompagnare con grazia un’opera cinematografica meta-artistica da cui, seppur in maniera immancabilmente comica (come ormai ci ha abituato il gusto per l’assurdo e per il nonsense del regista), traspare un messaggio per e sull’arte che, lungi dall’essere fuori posto nella filmografia del regista, ben si amalgama alla denuncia della situazione ambientale di Fumer Fait Tousser (2022), al rapporto amicale di Mandibules – Due uomini e una mosca (2020) e all’estremo feticismo per le giacche scamosciate di Doppia pelle (2019).

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“THE SIN” BY HAN DONG-SEOK

Article by Emidio Sciamanna

Translation by Francesca Borgheresi

Lurking in the shadows of a social pessimism and often embodied by the human values of science and justice, the search for rationality takes the ruthless and tragic shape of a great evil, which is a demon that feeds itself with collective discrimination and mutual hate. The second full-length film by Han Dong-seok, The Sin, presented in the category “Crazies” of the 41st edition of Torino Film Festival, suggests a crazy concept of the original sin, where fear and the obsessive desire of revenge insinuate in the mechanic physicality of multiple moving bodies. 

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“THE SIN” DI HAN DONG-SEOK

Celata nell’ombra del pessimismo sociale, la ricerca della razionalità, spesso incarnata dai valori umani della scienza e della giustizia, prende le forme spietate e drammatiche di un male superiore, un demone che si alimenta della discriminazione collettiva e dell’odio reciproco. È in questo modo che il secondo lungometraggio di Han Dong-seok, The Sin, presentato nella sezione Crazies del 41^ Torino Film Festival, propone una folle visione del peccato originale, in cui il sentimento di paura e l’ossessivo desiderio di vendetta si insinuano nella fisicità meccanica di molteplici corpi in movimento.

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“EX-HUSBANDS” BY NOAH PRITZKER

Article by Pietro Torchia

Translation by Alessia Licari

In this edition of the Turin Film Festival, characterized by a surreal, sci-fi and horror atmosphere and a need to escape reality, “Ex-Husbands” – presented out of competition – is a film that instead focuses on the real world.

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“EX-HUSBANDS” DI NOAH PRITZKER

In un’edizione del Torino Film Festival all’insegna di atmosfere surreali, fantascientifiche e horror, che condividono la ricerca di una fuga dalla realtà, Ex-Husbands – presentato fuori concorso – in quella realtà ci si rifugia.

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“RICARDO ET LA PEINTURE” BY BARBET SCHROEDER

Article by Emidio Sciamanna

Translation by Chiara Rotondo

An elderly painter climbs the steep cliff face of Brittany’s coastline, wearing worn-out clothes and holding his palette, easel and brushes in hand. Upon reaching a secluded grotto, he is free to express his imagination against the stunning coastal backdrop. This is the opening scene of Barbet Schroeder’s latest documentary, Ricardo et la peinture (“Ricardo and painting”), which premiered Out of Competition at the 41st Turin Film Festival.

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“RICARDO ET LA PEINTURE” DI BARBET SCHROEDER

Abiti consumati, pennelli in mano, tavolozza e cavalletto sulle spalle: nel cuore della Bretagna, sullo sfondo di un suggestivo paesaggio costiero, un anziano pittore si inerpica faticosamente lungo la ripida parete rocciosa di un litorale, fino a raggiungere una piccola grotta nascosta, dove può dare libero sfogo alla sua fantasia. È l’inizio del nuovo documentario di Barbet Schroeder, Ricardo et la peinture, presentato Fuori Concorso alla 41^ edizione del Torino Film Festival.

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“SMILING GEORGIA” BY LUKA BERADZE

Article by Nicolò Pilon

Translation by Martina Agostino

During the elections in 2012 in Georgia, the Party’s candidate Mikheil Saak’ashvili of “United National Movement” promises free dental visits to all citizens over the age of 50. He does not limit himself to promises, in fact he hires teams of dentists tasked with restoring the smiles of his potential voters. At the end of the two-month campaign, however, Mikheil will lose the election, leaving citizens with half surgery done, but with no teeth. Eight years later, director Luka Beradze decides to go to one of the  regions most affected by this electoral cataclysm, where he will find the Innominatovillage, in the municipality of Chiaturi.

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“SMILING GEORGIA” DI LUKA BERADZE

Durante le elezioni del 2012 in Georgia il candidato del partito “Movimento Nazionale Unito” Mikheil Saak’ashvili promette visite odontoiatriche gratuite a tutti i cittadini che hanno superato il cinquantesimo anno di età. Non si limita alle promesse, ma ingaggia squadre di dentisti incaricate di ripristinare il sorriso dei suoi potenziali elettori. Alla fine della campagna durata due mesi Mikheil perderà però le elezioni, lasciando i cittadini a metà intervento, ovvero senza denti. Otto anni dopo il regista Luka Beradze decide di andare in una delle regioni più colpite da questo cataclisma elettorale, dove troverà il villaggio Innominato, nel comune di Chiaturi.

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“CAMBIO CAMBIO” BY LAUTARO GARCÍA CANDELA

Article by Elena Bernardi

Translation by Camilla Lippi

In Cambio Cambio (“Change Change”), one of the movies presented out of competition in the “Nuovi Sguardi Argentini” (“New Argentinian Perspectives”) section at the 41st Torino Film Festival, Lautaro García Candela paints a picture of Generation Z in a post-pandemic Argentina, somewhere between a thriller and a love story.

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“CAMBIO CAMBIO” DI LAUTARO GARCÍA CANDELA

In Cambio Cambio, presentato fuori concorso nella sezione “nuovi sguardi argentini” alla 41^ edizione del Torino Film Festival, Lautaro García Candela dipinge un ritratto della generazione Z nell’Argentina post-pandemia, a metà tra il thriller e la storia d’amore.

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