Article by: Valentina Velardi Translated by: Lucrezia Villa
Noura (Hend Sabri) dreams of finalizing the divorce proceedings as soon as possible to be able to live with her lover Lassaad (Hakim Boumsaoudi) at last. Her life has not been easy so far; her husband is in jail and she has had to raise her three kids alone while trying to keep a roof over their heads by working in a hospital’s laundry room. Nevertheless, she is happy, she has managed to emancipate and find her own balance. However, when Jemal (Lotfi Abdelli) is unexpectedly released from jail, he comes back abruptly in her life, upsetting her balance.
Il sogno di Noura (Hend Sabri) è quello di chiudere il prima possibile le pratiche del divorzio per poter finalmente vivere con il suo amante, Lassaad (Hakim Boumsaoudi). La sua vita finora non è stata facile: suo marito è in carcere e ha dovuto crescere i suoi tre figli da sola e al contempo mantenerli lavorando come lavandaia in un ospedale. Nonostante tutto però è felice, è riuscita a emanciparsi, a trovare un suo equilibrio. A romperlo è l’improvvisa scarcerazione di Jemal (Lotfi Abdelli), che rientra prepotentemente nella sua esistenza, sconvolgendola.
Un doppio legame unisce Taika Waititia Torino. Dopo What We Do in the Shadows, mockumentary in cui il regista si è divertito a esplorare la quotidianità di un gruppo di vampiri, Waititi torna a Torino per aprire la 37° edizione del Torino Film Festival con Jojo Rabbit, in cui si cimenta con una delle pagine più drammatiche della Storia – la caduta del Terzo Reich –, senza tuttavia rinunciare a un tono ironico e scanzonato. Il film, nato durante la fase di postproduzione di What We Do in the Shadows, ha avuto una lunga gestazione ma non poteva essere realizzato in un momento più adatto.
Article by: Elio Sacchi Translated by: Ilaria Roma
There is a double bond between Taika Waititi and the city of Turin. After the mockumentary What We Do In The Shadows, where the director explored the daily life of a group of vampires, Waititi comes back in town to open the 37thedition of the “Torino Film Festival” with Jojo Rabbit. The movie, focused on one of the most tragic episodes in the history of mankind – the fall of the Third Reich – , is characterized by irony and lighthearted tones. The filmmaker started working on this movie during the post-production of What We Do In The Shadows, but he had to wait for the right time to release it.
Inquieto, medianico, premonitore. È il volto corvino di Barbara Steele – regina dell’horror italiano ed internazionale – a inaugurare la conferenza stampa del Torino Film Festival. Giunta alla sua 37°esima edizione, la kermesse cinematografica curata da Emanuela Martini si svela al pubblico, riconfermandosi evento di punta del panorama artistico torinese.
Article by: Marco De Bartolomeo Translated by: Alice De Vicariis
Anxious, prophetic, mysterious. It’s the raven face of Barbara Steele – queen of Italian and international horror – that introduces the press conference of the Turin Film Festival. Already at its 37th edition, the festival set-up by Emanuela Martini reveals itself to the public, proving once again to be one the most important cultural events of Turin.
Alternativa di pregio per contrastare la nostalgia di fine vacanze, Concorto Film Festival macina edizioni – dal 17 al 24 agosto si è svolta la diciottesima – e riscuote consenso di pubblico e critica con il suo programma interamente dedicato a valorizzare la forma cinematografica del cortometraggio. I dati confermano la bontà di questa operazione: 49 film in concorso, tra cui ben 13 prime italiane, provenienti da 30 paesi diversi, per un Festival votato all’internazionalità, la stessa piacevolmente avvertita durante le giornate. Le opere sono proiettate en plein air nella suggestiva cornice di Parco Raggio a Pontenure – una manciata di chilometri da Piacenza- che, con un arredamento misurato e ospitale, si colora di sfumature uniche.
Si è chiusa sabato 25 maggio la 72esima edizione del Festival di Cannes, in cui l’Asia ha trionfato per il secondo anno consecutivo. Dopo la vittoria nella passata edizione del giapponese Kore’eda, la Palma d’Oro è stata infatti assegnata al regista sud-coreano Bong Joon-ho, che con Parasite conferma la sua abilità nel reinterpretare il cinema di genere.
La sensazione espressa dai volti dei presenti, al termine del Panel Da un altro Pianeta, sembra riflettere un misto di soddisfazione e condivisione, l’idea di aver assistito a uno di quegli eventi culturali che, come non sempre capita, lasciano i partecipanti con la rinnovata curiosità verso l’argomento trattato.
L’incontro a cura di Elisa Cuter, evento collaterale del Lovers Film Festival realizzato in collaborazione con il DAMS e tenutosi al Circolo dei Lettori il 26 aprile, ha visto cinque studiose confrontarsi sull’intersezione tra arte, politica gender e immaginari futuristici.
L’occasione è la riedizione da parte di Fandango del Manifesto contra-sessuale di Paul B. Preciado, scrittore e filosofo spagnolo, militante nell’ambito della teoria queer.
Le
domande da cui ha inizio la discussione aprono un orizzonte ampio,
dalle mille implicazioni: è possibile uscire dalla logica binaria di
genere? Come può l’arte intervenire all’interno del dibattito,
auspicando il cambiamento? E soprattutto è possibile aspirare a un
mutamento radicale in un momento politico che vede il ritorno di
ideologie tutt’altro che utopiche, tra il ritorno di nazionalismi e
la costruzione di barriere fisiche e ideologiche?
Su quest’ultima considerazione in particolare si sofferma Viola Lo Moro, organizzatrice dell’Inquiete Festival, con un’interessante riflessione sul significato di utopia e sulla necessità di flessibilità nel confronto con l’effettiva realtà sociale.
La negoziazione sembra appunto essere la prospettiva adottata dall’arte nell’ambito della questione di genere, in cui avviene l’oscillazione tra l’inclusione delle minoranze e la conservazione di un back-ground tradizionale e confortante.
Questa è almeno la prospettiva adottata nel cinema cosiddetto “mainstream” dei super-hero movies americani, ambito approfondito da Lucia Tralli, docente della American University of Rome. Eppure, dove questo cinema sembra generalmente convergere verso la conferma dello status quo, una piccola ma significativa alternativa nasce dal suo fandom, attraverso la scrittura, a partire dai soggetti dei film in questione, di racconti popolati da eroi che mettono in discussione l’eteronormatività.
L’apertura verso l’inclusività si concretizza quindi anche nella letteratura: ciò accade ad esempio attraverso gli scritti politicamente dirompenti di Preciado, Donna Haraway e Shulamith Firestone, autori essenziali nel dibattito sul gender, evocati da Tiziana Triana, direttrice editoriale di Fandango Libri. O avviene similmente attraverso la costruzione di mondi immaginifici da parte della narrativa, come per i racconti de Le Visionarie. Fantascienza, fantasy e femminismo. Un’antologia, “utopie ambigue” descritte durante l’incontro dalla traduttrice Veronica Raimo.
Dunque cinema, letteratura e cultura come dispositivi di cambiamento, in cui sognare mondi alternativi che non implicano un distacco dal reale, ma al contrario la capacità di concepire alternative, per imparare a concretizzare piccole utopie nel quotidiano. E la realizzazione di incontri di questo tipo rappresenta senza dubbio un passo in avanti in questa direzione.
La serata del 25 aprile, nella sala Rondolino del Cinema Massimo, si è aperta con una voce ed una chitarra, quelle di Matteo Salvadori, che hanno inaugurato la Lovers World Session. E’ intervenuto Giorgio Li Calzi, direttore artistico del Torino Jazz Festival che, con Irene Dionisio, ha discusso dell’importanza della connessione tra i festival torinesi. La direttrice del Lovers ha poi dialogato con la responsabile editoriale di Fandango Libri, Tiziana Triana. Attraverso la collaborazione con la casa editrice il festival torinese ha infatti dato spazio a due romanzi molto differenti di due giovani autori, andando a sottolineare quanto i libri ed il cinema abbiano in comune le storie, che hanno sempre bisogno di essere raccontate.
Si è svolto a Firenze dal 21 al 29 marzo il Florence Korea Film Fest, punto di riferimento per gli appassionati del cinema coreano in Italia. Questa manifestazione punta i riflettori su una cinematografia sempre più studiata e apprezzata in Occidente, grazie soprattutto all’ultima New Wave. Autori come Park Chan-wook, Kim Ki-Duk, Hong Sang-soo e Bong Joon-ho hanno reso il cinema coreano diffuso e popolare in tutto il mondo, grazie all’attenzione loro riservata dai festival internazionali che per primi si sono accorti della loro rilevanza, tra cui la Mostra del Cinema di Venezia, e i festival di Cannes e Berlino. Perché il cinema coreano contemporaneo è così interessante anche per gli spettatori occidentali?
Resistere, mostrare, esistere. È su questa equazione che si è aperta la conferenza stampa del 34° Lovers Film Festival, una delle più longeve rassegne cinematografiche a tematica LGBTQI di tutto il mondo. Con 102 titoli in programma, 28 paesi rappresentati, 50 anteprime nazionali e 10 mondiali, la kermesse curata da Irene Dionisio si presenta – ancora una volta – come una delle più interessanti e innovative manifestazioni culturali del panorama torinese.
Musica e immagini: un connubio potentissimo. Forse il più potente di tutti.
La mostra Soundframes, visitabile al Museo del Cinema di Torino, fino al 7 gennaio 2019 celebra proprio le mille e una forma in cui la musica può fondersi con le immagini: dalle sonorizzazioni del cinema delle origini alle avanguardie, passando per il cinema d’autore e i grandi compositori.
Una sezione della mostra che proprio non poteva mancare è quindi quella dedicata al musical, genere per eccellenza in cui la musica si fa tessuto del film, creando intrecci e trame con la storia e con i personaggi che racconta e che fa vivere.
I due grandi schermi collocati nell’Aula del Tempio alla Mole Antonelliana accolgono con le loro immagini i visitatori e li invitano ad accomodarsi sulle rosse chaise longue da cui si espande il suono p di quelle stesse immagini. Dal 26 gennaio 2018, in occasione della mostra Soundframes –cinema e musica in mostra, questi grandi schermi sono dedicati uno ai Leitmotiv e l’altro alle interpretazioni di brani nel cinema perlopiù contemporaneo.
A poco più di una settimana dalla chiusura di questo Torino Film Festival c’è ancora spazio per tirare le somme, raccontare e commentare un’edizione, quella di quest’anno, che secondo le voci di corridoio, o meglio, di sala, è stata di un livello decisamente alto. Sarà perché quest’edizione ha visto – in più di una sezione – esordire alla regia personalità che nel cinema lavorano già da un pezzo, o semplicemente perché è stata un’ottima annata; anche i numeri dimostrano che il festival continua a riscuotere un notevole successo e ad avere un pubblico che lo segue negli anni, e lo attende. Una conferma, insomma, della rilevanza che il TFF mantiene nel panorama dei festival cinematografici italiani nonostante i problemi di budget con cui ormai da qualche anno deve fare i conti, ma che non scoraggiano affatto il neo presidente del Museo Nazionale del Cinema, Sergio Toffetti. Continua la lettura di TORINO FILM FESTIVAL 36: I VINCITORI→
Due tipi curiosi, Powell e Pressburger. Il primo (classe 1905) inizia a lavorare appena ventenne sui set di Hitchcock come fotografo, poi diventa regista di successo con film di propaganda bellica tutt’affatto scontati e infine – con l’uscita di Peeping Tom (1960), cult metacinematografico che verrà riscoperto da Coppola e Scorsese – saluta la carriera, stroncata da una critica troppo sorniona e insicura per accogliere la sua pioneristica riflessione sul mezzo; il secondo (nato nel 1902), scrittore e produttore ungherese, parte dall’UFA berlinese e, in fuga dai nazisti, arriva a vincere l’Oscar per la migliore sceneggiatura con un film – pensa un po’ – sui nazisti in fuga. Continua la lettura di POWELL E PRESSBURGER: LA RETROSPETTIVA→
“Non mi importa se passeremo alla storia come dei barbari.” Queste le parole di Mihai Antonescu, che in seguito alla conquista rumena di Odessa nel 1941, indiceva una pulizia etnica sull’onda dell’entusiasmo popolare. Il film di Radu Jude è una luce proiettata sul passato torbido della Romania, un paese troppo “pieno di sé” (parole del regista) e ossessionato dall’idea di lasciarsi alle spalle la dittatura comunista di Ceausescu.Continua la lettura di “I DO NOT CARE IF WE GO DOWN IN HISTORY AS BARBARIANS” DI RADU JUDE→
Anche grazie al consolidato sodalizio artistico con Zhao Tao, attrice feticcio presente in quasi tutti i film di Jia Zangke, il regista crea un fil rouge che lega tutti i suoi lavori, i quali, attraverso le storie dei personaggi, narrano da un lato la storia dell’autore, dall’altro la storia della Cina che rimane una presenza sullo sfondo. Ash is the Purest White continua su questa strada, offrendo allo spettatore un viaggio che, dall’inizio di questo secolo, arriva ai giorni nostri, attraversando migliaia di chilometri.
Thanks also to the well-established artistic partnership with Zhao Tao, fetish actress who appears in almost every Jia Zangke’s film, the director creates a fil rouge, which links all his works. These works narrate, through their characters’ stories, the author’s life and, at the same time, the history of China, which remains in the background. Ash is the Purest White keeps going on this path, offering the viewer a journey which goes from the beginning of the century to the present days, walking a thousand miles.
Autore maudit, sia per il suo stile di vita che per le scelte artistiche, Jean Eustache (1938-81) è celebrato al TFF 36 in una retrospettiva pressoché completa. Si tratta di una delle poche rassegne che gli siano state dedicate. I suoi film sono infatti difficili da reperire perché custoditi gelosamente dai figli, riluttanti a concedere il lavoro del padre, in più occasioni bistrattato e svalutato. Negli anni ‘80, poco prima della morte avvenuta per suicidio, a Bologna era già stata proposta una retrospettiva da parte di una cooperativa cinematografica della quale faceva parte anche la direttrice del festival Emanuela Martini. La stessa Martini durante l’incontro “Riscoprire Jean Eustache: Jean-Pierre Léaud e gli altri” -tenutosi giovedì pomeriggio presso la sala conferenze stampa – sottolinea: “È un autore che ogni tanto va tirato fuori, se no scompare”. Continua la lettura di JEAN EUSTACHE – LA RETROSPETTIVA→
Il magazine delle studentesse e degli studenti del Dams/Cam di Torino