Archivi categoria: TFF 36 – 2018

“NERVOUS TRANSLATION” BY SHIREEN SENO

Article by: Beatrice Ceravolo

Translation by: Priscilla Valente

Shireen Seno’s second feature-length film is not the common coming of age. The director claims that she had the idea for it in a dream, and the relationship between real and oneiric and between interior and exterior represents the focus of the film. The audience witnesses a fundamental moment in Yael’s life, a shy child who spends her days alone waiting for her mother to come back home or listening to messages on tapes sent by her absent father. The main character’s obsessions, confusion and solitude are reproduced with the awareness of someone who experienced them and did not forget them. Seno told in a Q&A that much of herself has been poured into the character of Yael, both into her personality and into her experience of familiar expatriation. The growing  experience of the character in such a delicate moment of her life may echo something into every one of us.

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“NERVOUS TRANSLATION” di SHIREEN SENO

Il secondo lungometraggio di Shireen Seno è tutt’altro che il solito coming of age. La regista riferisce di aver avuto l’idea per il film in sogno, e proprio il rapporto tra reale e onirico e quello tra esterno ed interno sono al centro del film. Gli spettatori si trovano a seguire un momento fondamentale della vita di Yael, una bambina molto timida che passa le sue giornate sola ad attendere il ritorno della madre o ascoltando i messaggi in cassetta inviati dal padre lontano: le ossessioni, la confusione e la solitudine della protagonista vengono rappresentate con la consapevolezza di chi le ha vissute in prima persona e non le ha dimenticate: Seno ha infatti dichiarato al Q&A che molto di se stessa è stato riversato in Yael, sia caratterialmente che per le vicende di espatrio familiare, ma l’esperienza di crescita in un momento tanto delicato può risuonare certamente con tutti.

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“TEMPORADA” BY ANDRÉ NOVAIS OLIVEIRA

Article by: Fabrizio Spagna

Translation by: Emiliana Freiria

What clear shots this film has, and what natural colours, free from the aesthetical and lighting limitations that some works show. Temporada has a carioca soul, thanks to the vitality and the refinement that the viewer can feel and understand from the first images, while walking the boulevards on the hills of Contagem, a southern metropolis in Brasil, a huge and contradictory country.

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“TEMPORADA” DI ANDRÉ NOVAIS OLIVEIRA

Che belle immagini nitide, questo Temporada, e che colori sani, finalmente sciolti dai vincoli estetici e luministici che tanto cinema imbrigliano. Carioca, sì, nell’animo, con una vitalità e una leggerezza che fin dalle prime immagini si sente e si comprende, mentre si sale, sotto il sole, per i viali sui colli di Contagem, metropoli meridionale di quell’enorme stato contraddittorio che è oggi il Brasile. Continua la lettura di “TEMPORADA” DI ANDRÉ NOVAIS OLIVEIRA

“DEN SKYLDIGE/THE GUILTY” DI GUSTAV MÖLLER

Negli ultimi anni la Scandinavia e in particolare la Danimarca ci hanno abituati a un cinema di altissima qualità e a dimostrarlo è anche il fatto che film come Il Sospetto di Thomas Vinterberg e Land of Mine di Martin Zandvliet siano entrati nella cinquina dei candidati agli Oscar come Miglior Film Straniero. Citare questi film non è un caso perché The Guilty (in originale Den Skyldige), opera prima del giovane danese Gustav Möller, oltre a essere in concorso a Torino36 è anche la proposta della Danimarca per i prossimi premi Oscar.

Bisogna anche aggiungere che, come ha sottolineato la produttrice Lina Flint in conferenza stampa, “in Scandinavia c’è una generazione di cineasti cresciuti con il noir e che vuole contribuire con qualcosa di nuovo per il pubblico per elevare il genere”. Möller si inserisce proprio in questa ondata di noir di altissima qualità di scrittura e messa in scena, e lo fa con la forza di un’opera prima brillante e sicura di sé che non inciampa mai.

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“DEN SKYLDIGE/THE GUILTY” BY GUSTAV MÖLLER

Article by: Annagiulia Zoccarato

Translated by: Cecilia Facchin

Over the past few years, we have been used to see high-quality films coming from Scandinavia, and in particular Denmark. This is also proved by the fact that films such as The Hunt by Thomas Vinterberg and Land of Mine by Martin Zandvliet entered the top five Academy Awards nominees for Best Foreign Language Film. It is important to mention these films, because The Guilty (Den Skyldige in Danish), first work of young Danish director Gustav Möller, is both one of the nominees for the TFF36 contest and Denmark’s choice for the next Academy Awards.

It should be added, as pointed out by producer Lina Flint during the press conference, that “in Scandinavia there’s a generation of filmmakers who grew up with noir and wanted to offer something new to their audiences in order to promote this genre”. Möller belongs to this new wave of brilliantly written and staged noir, thanks to his brilliant and confident first work, that never ceases to impress.

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“ATLAS” BY DAVID NAWRATH

Article by: Tommaso Dufour

Translation by: Giulia Quercia

Family, interpersonal relationships, forgiveness and violence are just a few of the topics that we can find in David Nawrath’s first feature film. The German director, with the producer Britta Knoller, has presented his film at the TFF36 contest. Walter (Rainer Bock) is the protagonist’s name whom, employed by an entrepreneur colluded with mob, clearing evicted residents’ houses for a living; stoically resisting to trouble and being indifferent to the youngest colleagues’ brutality and aggressiveness, he lives alone, speaks as less as he can and sleeps on the floor of his apartment. Even if it seems like the external events don’t affect him directly, his life is going to change.

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“ATLAS” DI DAVID NAWRATH

Famiglia, rapporti interpersonali, perdono e violenza sono alcuni temi del primo lungometraggio a soggetto del regista tedesco David Nawrath che, insieme alla produttrice Britta Knoller, ha presentato il suo film in concorso per il TFF36. Walter (Rainer Bock) è il nome del protagonista che, alle dipendenze di un imprenditore colluso con la malavita, si guadagna da vivere sgomberando le case degli inquilini sfrattati; resistendo stoicamente alla fatica, mostrandosi impassibile alla brutalità e all’aggressività dei suoi colleghi più giovani, vive da solo, parla il meno possibile e dorme sul pavimento di casa. Nonostante appaia impermeabile agli eventi esterni, la sua vita sta per cambiare. Continua la lettura di “ATLAS” DI DAVID NAWRATH

“HOMO BOTANICUS” BY GUILLERMO QUINTERO

Article by: Andrea Bagnasco

Translation by: Cristiana Manni

The botanist Julio Betancur and his assistant Cristian Castro walk through the Colombian jungle collecting and cataloguing numerous plant species.

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“AZ ÚR HANGJA/HIS MASTER’S VOICE” DI GYÖRGY PÁLFI

Con His Master’s Voice l’ungherese György Pálfi, distintosi grazie al visionario Taxidermia, conferma la libera sperimentazione come imprescindibile approccio al mezzo cinematografico.

Il film, ispirato al romanzo La Voce del Padrone di Stanislaw Lem, racconta del viaggio intrapreso da Péter dall’Ungheria agli Stati Uniti alla ricerca del proprio padre, scienziato fuggito dall’Est Europa comunista abbandonando la famiglia negli anni della Guerra Fredda.

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“CHI-TOWN” BY NICK BUDABIN

Article by: Lorenzo Radin

Translation by: Letizia Bosello

It’s funny how our concept of “self-realisation” may change. Leaving the suburbs of Chicago, learning a new sport in the streets, becoming the Horizon League’s “player of the year” for two years in a row, being a step away from the NBA and being transferred to one of the major Italian professional teams means being successful. However, someone in the audience disagrees: if a basketball player doesn’t join the NBA, he is a loser.

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“CHI-TOWN” DI NICK BUDABIN

È curioso come cambi la nostra concezione di “realizzarsi”. Partire dai sobborghi di Chicago, imparare lo sport dalla strada, diventare per due anni di fila “player of the year” dell’Horizon League, arrivare ad un passo dall’NBA e trasferirsi in una delle principali squadre professionistiche italiane vuol dire realizzarsi. Ma qualcuno in sala non è d’accordo: se un giocatore di basket non entra nell’NBA è un fallito.

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“FIRST NIGHT NERVES” BY STANLEY KWAN

Article by: Gianluca Tana

Translation by: Alice Marchi

Director Stanley Kwan doesn’t need introduction. First Night Nerves represents for the director, who grew up during the Second New Wave of the Hong Kong cinema, a chance to come back home after a long absence. Even if many sequences have been filmed in a sound stage, the city plays a marginal yet fundamental role. The director sets the scene of the fictitious play Two Sisters in the Hong Kong city hall, for which a demolition proposal has been recently put forward. The director’s choice is a declaration of love for this building, where he spent a lot of time directing plays or taking part in film festivals. Continua la lettura di “FIRST NIGHT NERVES” BY STANLEY KWAN

“FIRST NIGHT NERVES” DI STANLEY KWAN

Stanley Kwan è un regista che non ha bisogno di presentazioni. Cresciuto nella seconda New Wave del cinema honkonghese, First Night Nerves rappresenta  per lui il ritorno alla sua città natale dopo un lungo periodo di assenza. Benché molte sequenze siano girate in un teatro di posa o in interni non meglio specificati, la città riveste un ruolo fondamentale – anche se non pregnante come nelle opere precedenti. Ambientare la messa in scena della fittizia pièce teatrale, Due sorelle, nel city hall di Hong Kong è poi una dichiarazione d’affetto per questo edificio, in cui il regista ha trascorso molto tempo tra direzione di spettacoli e festival di cinema, e di cui in anni recenti è stata proposta la demolizione. Continua la lettura di “FIRST NIGHT NERVES” DI STANLEY KWAN

“RIDE” BY VALERIO MASTANDREA

Article by: Alessia Durante

Translation by: Maria Elisa Catalano

Probably, only Valerio Mastandrea could title Ride (which means ‘to laugh’ in Italian) a film about pain and mourning: a title which becomes caustic and, as he declared during the press conference, a little paradoxical too. Especially considering that the protagonist Carolina laughs very little in those ninety minutes of darkness and, if not for what the other characters say to her (and to us), we would not see her laughing at all.

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“DULCINEA” DI LUCA FERRI

Dulcinea nasce dall’ideale fusione nella mente di Luca Ferri di Don Chisciotte e il romanzo Un amore di Buzzati.

Dulcinea racconta di una giovane donna che attende un cliente nel suo appartamento, in una Milano degli anni ’90 che resta sempre fuori dalle finestre e affiora soltanto dai rumori di fondo. Quanto al cliente, il moderno Don Chisciotte, non fa altro che pulire ossessivamente la sua casa, mentre la giovane si mette lo smalto, si trucca, si prova numerosi vestiti, fuma una sigaretta. Continua la lettura di “DULCINEA” DI LUCA FERRI

“RIDE” DI VALERIO MASTANDREA

Probabilmente soltanto Valerio Mastandrea poteva intitolare Ride un film sul dolore e sul lutto: un titolo che proprio per questo diventa caustico e – come egli stesso ha affermato in conferenza stampa – anche un po’ troppo paradossale. Soprattutto considerato che la protagonista Carolina ride pochissimo in quei novanta minuti di buio e, anzi, se non fosse per quello che le (e ci) viene detto dagli altri personaggi, non la vedremmo ridere quasi per niente.

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