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Report

“MATHIEU AMALRIC, L’ART ET LA MATIÈRE” DI ANDRÉ S. LABARTHE E QUENTIN MÉVEL

Mettere a nudo la propria arte lasciandosi filmare durante un processo creativo: Mathieu Amalric, l’art et la matière è un film di André S. Labarthe e Quentin Mével che scruta proprio in ogni sua sfaccettatura l’attore e regista Mathieu Amalric, mostrando allo spettatore il suo modo di lavorare e di inventare sul set del film Barbara.

Come ha dichiarato nel dibattito in sala Quentin Mével, i due registi hanno microfonato il loro protagonista per l’intera durata delle riprese, lasciando che un ingegnere del suono provvedesse ad avvisarli quando avvertiva un momento interessante o un’illuminazione di Amarlic.

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“DOVLATOV” DI ALEKSEY GERMAN JR.

Tra il biopic e l’invenzione, Dovlatov è la storia di un uomo che, nel suo vagabondare, intercetta storie di corpi e volti che gli sono incidentali – storie di resistenza (e non di dissidenza) contro il potere e i suoi dispositivi banali, in questo caso soprattutto editoriali. Perché Dovlatov, scrittore e giornalista nella Russia sovietica degli anni ’70, non riesce a farsi pubblicare, colpevole di inopportuna ironia e troppa fraintendibile sincerità. Accanto a lui le storie di quella gran folla di personaggi che popola gli spazi dell’ambiziosissima messa in scena che ricostruisce magnificamente un’epoca. Ed è questa galassia di volti russi e di corpi nomadi che costellano il tragitto esistenziale di Dovlatov, la forza viva del film.

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“SANS RIVAGES” DI MATHIEU LIS

A volte si possono incontrare per strada persone che non si conoscono e notare in loro uno sguardo perso e smarrito. Dal volto di un individuo possiamo immaginare la sua storia, da dove viene, cosa ha fatto, perché è solo.

Nel dibattito che ha seguito la proiezione di Sans Rivages, il regista Mathieu Lis ha parlato proprio delle suggestioni che possono venire dagli sconosciuti, suggestioni che lo riconducono al personaggio del suo film. Il protagonista infatti potrebbe essere l’emblema di uno di quegli uomini di cui non conosciamo la storia e Lis stesso ha affermato di non avere idea di quale possa essere stata la vita di Andrea, ma di aver seguito l’istinto nel raccontare gli eventi del film.

Sans Rivages  racconta di un uomo anziano la cui esistenza è in declino a causa dell’alcolismo. La narrazione si articola su due livelli: da un lato l’immaginazione, ovvero ciò che Andrea pensa di vivere durante i suoi deliri causati dall’alcool, e dall’altro la realtà, che lo mette di fronte alla sua solitudine e alle sue paure.

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“PROCESSO A CATERINA ROSS” DI GABRIELLA ROSALEVA

“Questo film è uno sguardo che guarda, non tutti gli sguardi guardano ma lui lo fa, è vivo, attento.
Non falsifica, non aggiunge, non ci sono effetti speciali.
Non vuole accalappiare lo sguardo del pubblico, mostra la realtà per com’è: dura e crudele.
Questa realtà non è piacevole ma va guardata, non bisogna mai abbassare la guardia”.

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“FIGURAS” BY EUGENIO CANEVARI

Article by: Beatrice Ceravolo

Translation by: Luca Bassani

“Do you like black and white films? No? Neither do I”. This is the question Valeria asks her mother Stella, and she does so in a documentary which is shot entirely in black and white. As stated by director Eugenio Canevari during his Q&A at Cinema Massimo, this film comes from an urgent need. After meeting Valeria and getting to know her difficult situation, Canevari felt that he had to do something for this family of three that was struggling with an ailment such as ALS, with no help from any institution whatsoever. The footage was collected through daily, thorough observation of Stella’s reality. Once a very dynamic woman, she ended up having to rely on her daughter and her boyfriend Paco, who also struggles with health issues, to help her in her daily life. Therefore, there was no script during the shooting: the director had to join different elements in order to create an accessible story for the audience.

In this sense, Canevari’s work is indeed praiseworthy: the director’s camera follows the three figuras discretely and respectfully, daring to show each and every part of this sickness without blaming the daughter, who finds it difficult to handle her mother’s profound change. The shots often reflect every character’s claustrophobia by showing the oppressive spaces inside Stella’s flat and enclosing them in frames which consist of doors, door frames and narrow hallways. The main narrative is also punctuated by the parties Valeria goes to in the evening, which represent the passing of days.

Stella cannot speak anymore, but her gentle and alert presence is audible as it is visible: Stella can be heard anywhere, with her breath, the tablet on which she continuously plays with interactive figuras of animals in order to keep her mind active, her loud western films, her old-fashioned songs and the Argentinian tango she dances with Paco, with the help of her medical walker. The overt choice of the black and white aesthetic fits this vision: Stella was living in another time and in another space, watching western films all day long, and Canevari managed to represent this distance through such technique.

The film does not dwell solely on the tragic aspects of the story, as explicitly wanted by the director, but it sometimes alternates impotence with humour, especially from Paco’s character. Canevari and Valeria stated that elements of fiction were added to the real facts in order to tell Stella’s story in the best way, considering that the film is dedicated to her.

At the end of the screening, some members of the audience went to hug Valeria and Canevari, who told them: “The film is for you”. And we thank him.

“FIGURAS” DI EUGENIO CANEVARI

“Ti piacciono i film in bianco e nero? No? A me nemmeno”: questa la domanda di Valeria a sua madre Stella, proprio in un documentario girato interamente in bianco e nero. Il film nasce, come riferito dal regista Eugenio Canevari, al Q&A presso il Cinema Massimo, da una forte esigenza: dopo aver conosciuto Valeria e la sua difficile situazione familiare, Canevari sentì il bisogno di fare qualcosa per tre persone che si stavano misurando con un male come la SLA sostanzialmente senza aiuti da parte di alcuna istituzione. Il materiale è stato raccolto grazie ad un’osservazione giornaliera ed a lungo termine della realtà di Stella, una donna un tempo molto attiva e poi costretta ad essere aiutata in ogni parte della sua vita quotidiana dalla figlia e dal compagno Paco, a sua volta afflitto da problemi di salute; non è dunque stato preparato alcun copione, mentre il compito del regista è stato di unire degli elementi per creare una storia accessibile per il pubblico.

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“THE FRONT RUNNER” BY JASON REITMAN

Article by: Tommaso Dufour

Translation by: Priscilla Valente

“A film written by a journalist and a political activist with the Ghostbusters director’s son”. With these words Jason Reitman opens the TFF36 press conference, of which The Front Runner is the opening film. He refers to Matt Bai – author of All the Truth Is Out, the novel the film is inspired by – and to Jay Carson – House of Cards producer and consultant. Reitman reveals then that the first frames, the Columbia’s vintage logo from Stripes (Ivan Reitman, USA, 1981), are a tribute to his father and to the film which accompanied the director’s childhood.

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“THE FRONT RUNNER – IL VIZIO DEL POTERE” DI JASON REITMAN

“Un film scritto da un giornalista e un attivista politico insieme al figlio del regista di Ghostbusters”. Con queste parole Jason Reitman apre la conferenza stampa del TFF36, di cui The Front Runner è il film d’apertura, facendo riferimento a Matt Bai, autore di All the Truth Is Out, romanzo cui il film si ispira, e Jay Carson, produttore e consulente per House of Cards. Reitman rivela poi che i primi fotogrammi della pellicola sono un omaggio al padre, il logo vintage della Columbia da Stripes (Ivan Reitman, USA, 1981), ovvero il film che ha accompagnato l’infanzia del regista.

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36TH TORINO FILM FESTIVAL OPENING PRESS CONFERENCE

Article by:  Marco De Bartolomeo

Translation by: Luca Bassani

Turin, 13th November 2018. In theatre 3 of Cinema Massimo, Sergio Toffetti and Emanuela Martini inaugurate the 36th Torino Film Festival press conference. Beautiful Rita Hayworth’s dancing body, portrayed in the 1942 film You Were Never Lovelier by William A. Seiter, stands out in the background.

The picture we chose as the official logo for this edition – explains artistic director Martini – adequately represents the spirit of this festival, which has been involved in the research, support and promotion of the most innovative filmmakers in the global cinema industry since 1982. Therefore, freshness, energy and vitality are the keywords that led the curators’ selection.

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CONFERENZA STAMPA DI APERTURA DEL 36° TORINO FILM FESTIVAL

Torino, 13 novembre 2018. Nella sala 3 del cinema Massimo, Sergio Toffetti ed Emanuela Martini inaugurano la conferenza stampa del 36° Torino Film Festival. Sullo sfondo campeggia il corpo danzante della bellissima Rita Hayworth, ritratta nel film del 1942 Non sei mai stata così bella, di William A. Seiter.

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SOUNDFRAMES: LA MUSICA NEL CINEMA D’AUTORE

La musica rappresenta da sempre una delle forme espressive maggiormente capaci di donare, a chi ne fruisce, la possibità di immergersi in un mondo a sé stante: le note si mescolano con le emozioni, le accelerano, le inibiscono e le regolano. È interessante notare come questo carattere empatico della musica si accordi con un tipo di cinema che è stato, quasi sempre, in grado di veicolare attraverso le immagini una sensazione, uno stato d’animo: il cinema d’autore. In questo ambito, molti registi hanno spesso scelto di non accompagnare semplicemente le sequenze dei loro film con temi ripetitivi, come poteva accadere nel cinema classico hollywoodiano, ma di dare allo spettatore la possibilità di interpretare le immagini anche attraverso la melodia e il suono a esse legate, sfruttando la possibilità di dar loro un colore diverso .

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SOUNDFRAMES: DAL MUTO AL SONORO

Il cinema muto non è mai stato completamente silenzioso, perché le proiezioni in sala erano accompagnate da musica dal vivo suonata da pianisti o orchestre. Tuttavia, il rapporto tra cinema e musica nei primi trent’anni della storia del cinema era ben diverso da quello attuale, e la potenzialità che oggi è attribuita alla colonna sonora di un film è molto diversa dalla percezione che ne avevano i cineasti e i critici nei primi decenni del ‘900.

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SOUNDFRAMES: MUSICA E CINEMA HORROR

L’horror è, insieme al musical, il genere che ha saputo maggiormente sfruttare le potenzialità della colonna sonora: la musica e il suono modificano la fruizione delle immagini entrando in stretto rapporto con loro, dando vita a un contesto polisensoriale che fornisce suggestioni ed inferenze, capaci di amplificare il significato della rappresentazione, creando un valore aggiunto. Continua la lettura di SOUNDFRAMES: MUSICA E CINEMA HORROR

SOUNDFRAMES: DAL MUTO AL SONORO

Il cinema muto non è mai stato completamente silenzioso, perché le proiezioni in sala erano accompagnate da musica dal vivo suonata da pianisti o orchestre. Tuttavia, il rapporto tra cinema e musica nei primi trent’anni della storia del cinema era ben diverso da quello attuale, e la potenzialità che oggi è attribuita alla colonna sonora di un film è molto diversa dalla percezione che ne avevano i cineasti e i critici nei primi decenni del ‘900.

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RICHARD DYER PRESENTA LA MONOGRAFIA SU “LA DOLCE VITA”

Se chiedessimo a studiosi e appassionati di nominare il più iconico o il più famoso film della storia del cinema italiano, La dolce vita guadagnerebbe senza dubbio il posto d’onore.

Nel 1960 Federico Fellini realizzava la sua opera più celebre, destinata a diventare non solo uno dei film più importanti della storia del cinema, ma anche un’ispirazione, un riferimento, un modello, per il cinema e non solo, sia in Italia che all’estero.

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SOUNDFRAMES: I GRANDI COMPOSITORI

La mostra Soundframes, ospitata all’interno del Museo del Cinema fino al prossimo gennaio, propone un viaggio multimediale attraverso le molteplici contaminazioni tra musica e cinema. Non poteva mancare quindi un’area tematica dedicata ai grandi compositori di Hollywood. E così tre schermi ci mostrano, mediante alcune brevi sequenze di film, l’evoluzione del modo di ideare le colonne sonore nel corso della storia del cinema.

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MASTERCLASS: SERIAL LOVERS

Quest’anno il Lovers Film Festival, in collaborazione con il DAMS Università degli Studi di Torino e con la curatela di Elisa Cuter, ha presentato una masterclass dal titolo Serial Lovers.

Durante l’incontro moderato da Matteo Pollone, si sono susseguiti gli interventi di Eugenia Fattori, Attilio Palmieri, Ilaria Feole e Violetta Bellocchio che hanno riflettuto su come nel passato la serialità abbia interpretato le questioni di genere e come le cose oggi siano cambiate.

Ad aprire la masterclass è stata Eugenia Fattori, scrittrice per “Seriangolo” e “Point Blank”, con un intervento dal titolo Reboot seriali nell’era Trump. Queer Eye e Will&Grace tra passato e presente.

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LOVERS WORDS SESSION

L’evento speciale Lovers Words Session a cura di Salone del Libro, Torino Jazz Festival e Lovers Film Festival ha dato luogo a un’intensa serata letteraria in cui sono stati presentati tre libri a tematica LGBTQI.

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“120 BATTITI AL MINUTO” DI ROBIN CAMPILLO

120 battiti al minuto è un film politico, schietto, fatto di collera e di sangue, di amore e sofferenza, di paura.

Narra la storia di una guerra contro l’AIDS portata avanti senza l’appoggio delle istituzioni, di una lotta contro il tempo e in opposizione al silenzio di chi potrebbe agire ma non lo fa.

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SOUNDFRAMES: CINEMA E MUSICA IN MOSTRA

Dal 26 gennaio 2018 al 7 gennaio 2019 l’Aula del Tempio del Museo Nazionale del Cinema ospita una mostra dal titolo evocativo: Soundframes, ovvero quando la musica entra nel cinema, in onore del centenario della nascita del celebre compositore Leonard Bernstein.
Ventiquattro schermi si susseguono lungo la rampa elicoidale che traccia il perimetro della Mole Antonelliana e portano il visitatore in un viaggio multimediale grazie alle cuffie wireless fornite all’inizio del percorso che permettono di immergersi completamente in una vera e propria  visita esperienziale, solitaria e immersiva.

Otto sono le aree tematiche, costituite da montaggi di centinaia di spezzoni di film ai quali è associata la colonna sonora originale o nuove proposte di sonorizzazione che trasformano ciò che già si conosceva in qualcosa di completamente nuovo (ad esempio, quali sensazioni suscita sentire le note di Purple Rain mentre scorrono sullo schermo le immagini de Il Fuoco di Pastrone?).
All’ultimo piano di questo percorso si incontrano le sei stanze interattive, dove, oltre a vedere ciò che scorre sugli schermi e sentire le musiche correlate, si può anche sperimentare direttamente, giocare con le associazioni suono-immagine, per comprendere quanto una certa colonna sonora sia rilevante per la resa finale dell’intero prodotto filmico.
Nell’arco dell’anno, alla mostra Soundframes si associa la programmazione di svariati eventi che si terranno  all’interno dell’Aula del Tempio stessa e presso il Cinema Massimo (il programma è consultabile mensilmente  online sulla pagina del sito del Museo del Cinema dedicata alla mostra, sia sul programma in distribuzione presso il cinema Massimo).
La mostra, nata da un concept di Donata Pesenti Campagnoni, è a cura di Grazia Paganelli e Stefano Boni, con la collaborazione di Maurizio Pisani, ed è dedicata a Gianni Rondolino.
Nei prossimi mesi Cinedams si occuperà da vicino degli eventi in programma e dedicherà diversi approfondimenti alle aree tematiche, ai film e ai generi cinematografici presenti in mostra.