Archivi categoria: TFF 39 – 2021

“C’È UN SOFFIO DI VITA SOLTANTO” BY MATTEO BOTRUGNO AND DANIELE COLUCCINI

Article by Cristian Cerruti

Translated by Francesca Luna Lombardo

“Why can’t a woman be named Luciano?”
Lucy Salani

C’è un soffio di vita soltanto, presented in the section “Fuori concorso / L’incanto del reale”, tells the story of Luciano Salani, the oldest living transsexual in Italy, whose existence was marked by survival in the Dachau concentration camp. Starting from the idea of making a documentary on the story of a survivor, Botrugno and Coluccini find themselves faced with a character who goes far beyond any possible categorisation. Lucy is fluid, multifaceted, alien. A fluidity that emerges right from her choice to keep her first name: Luciano. The proposal to officially change her name to a feminine one, made several times to Lucy, has always received a negative answer. The name is not seen as a label to define her gender, but represents the memory of her parents, a memory that forges Lucy Salani’s personality.

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“BULL” DI PAUL ANDREW WILLIAMS

«Se sopravvivo, vi uccido tutti» . Bull (Neil Maskell), rivolto ai suoi nemici, che un tempo erano la sua famiglia, pronuncia queste parole che sembrano costituire il banale prologo per un classico revenge movie. Il regista britannico, però, stupisce il pubblico del TFF39 e presenta una straordinaria opera che ha la sua essenza non nell’insperato e disperato bisogno di vendetta, ma in una spietata ricerca di salvezza.

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“NUMBER ONE” DI GIANNI BUFFARDI

Grazie al perfetto restauro del Centro Sperimentale di Cinematografia, particolarmente attento a curare le tracce sonore (fondamentali per il senso del film), e alla presentazione nella sezione “Back to Life” del TFF39, il pubblico torinese ha potuto vedere, molto probabilmente per la prima volta, Number One di Gianni Buffardi (1973). L’opera, nonostante faccia della confusione il suo marchio distintivo e la sua ragion d’essere, è pervasa da una lucida follia e da una chiarezza d’intenti spesso sconosciuta ai “poliziotteschi” che in quel periodo inondavano i cinema italiani.

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“QUATTORDICI GIORNI” DI IVAN COTRONEO

Presentato fuori concorso al TFF39, Quattordici giorni è il quarto lungometraggio di Ivan Cotroneo, affermato autore televisivo e sceneggiatore italiano che firma l’adattamento di un suo omonimo romanzo del 2020, scritto a quattro mani con Monica Rametta, co-sceneggiatrice anche di questa trasposizione.

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“RAGING FIRE” BY BENNY CHAN

Article by Sara Longo

Translated by Mattia Prelle

The incorruptible agent Cheung Sung-bong (Donnie Yen) and his former partner Yau Kong-nao (Nicholas Tse) portray two faces of the same coin: facing each other is more or less like watching your own reflection through an opaque glass without recognizing yourself. Their destinies, indissolubly interwoven, could have switched, if they would have made different choices a long time ago. But now that the past is knocking at their door the time has come at last to settle the score.

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“UNE JEUNE FILLE QUI VA BIEN” BY SANDRINE KIBERLAIN

Article by Marco Ghironi

Translated by Elèna Bellino

The radiant lightheartedness of youth in 1940s France, scourged by anti-Semitic laws. “Une jeune fille qui va bien” is the debut full-length movie by Sandrine Kiberlain, presented in May during la Semaine de la Critique in Cannes and in competition at the Torino Film Festival 39.

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“BIPOLAR” BY QUEENA LI

Article by Niccolò Buttigliero

Translated by Lorenzo Papa and Elena Soldà

Bipolar inaugurates the new section of the Torino Film Festival called “Incubator”, a new space dedicated to idiosyncratic gazes, to what cannot be pigeonholed. A feverish creative buzz that Queena Li perfectly conveys in her movie.

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“EXTRANEOUS MATTER – COMPLETE EDITION” BY KENICHI UGANA

Article by Lisa Cortopassi

Translated by Rebeca Tirgovetu

Extraneous Matter – Complete Edition starts as an intimist movie with a “modest” (but steady) black and white 4:3 format and the familiar image of a bonsai, followed by a close-up of a sleeping girl who, once she has woken up, makes herself some coffee. Later the film, once the episodic nature is revealed, unexpectedly expands its gaze and leaves the domestic dimension of the girl’s house (who is not the main character) to turn to other characters and to the big city. In this way, it extends its reflection to a universal dimension deeply related to the demons of the contemporaneity.

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“CALYPSO” BY MARIANGELA CICCARELLO

Article by Giulia Seccia

Translated by Federica Maria Briglia

Mariangela Ciccarello’s movie, shown in the “Italiana.doc” section, presents itself as a documentary that follows the daily life of two actresses, Angela and Paola. It is focused on their rehearsals of dialogues about the mythical characters of Ulysses, Circe and Calypso. However, the dimension of reality constantly and gradually overflows into a dreamlike dimension, enveloping the protagonists’ bodies and fading their contours along with their words, especially when they act. In those moments, the Italian language of their dialogues mixes with the Neapolitan dialect of their considerations on the mythical characters.

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“RE GRANCHIO” BY ALESSIO RIGO DE RIGHI E MATTEO ZOPPIS

Article by Michelangelo Morello

Translated by Martina Rosso

“Per gli umani non c’è nessuna cosa reale se non è raccontata”
“To humans, nothing is real if it’s not told”

Alessandro Baricco

The village elders gather around the fire to tell ancient country stories that have influenced popular culture, and which are now shrouded in the mantle of legend. They evoke and give life to mythical characters, men who have challenged princes and kingdoms in the name of justice, freedom and love and who have distinguished themselves for their virtues or for having committed “deeds”.

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“PICCOLO CORPO” BY LAURA SAMANI

Article by Elio Sacchi

Translated by Mirko Giumentaro

Laura Samani starts from the base elements with which she gets her hands dirty: water and blood, milk and tears. But above all, she draws on the rituals and popular beliefs of a fishing village in Friuli, an area far from the advent of “progress” and “modernity” (light bulbs seem like a joke), suspended in an almost ahistorical, mythical, and archaic time. Agatha’s stillborn daughter cannot be baptized and she is therefore destined to wander eternally in limbo, unless her mother sets off to reach the distant and cold Val Dolais, where there is a sanctuary of breath where the miracle takes place: the stillborn child is brought back to life for the duration of one breath, enough to make it able to be baptized and named.

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“C’È UN SOFFIO DI VITA SOLTANTO” DI MATTEO BOTRUGNO E DANIELE COLUCCINI

“Perché una donna non può chiamarsi Luciano?”
Lucy Salani

C’è un soffio di vita soltanto, presentato nella sezione “Fuori concorso / L’incanto del reale”, racconta la storia di Luciano Salani, la transessuale più anziana d’Italia, segnata dalla sopravvivenza al campo di concentramento di Dachau. Partendo dall’idea di realizzare un documentario sulla storia di una sopravvissuta, Botrugno e Coluccini si trovano di fronte a una figura che va ben oltre qualsiasi possibile incasellamento. Lucy è fluida, sfaccettata, aliena. Una fluidità che emerge fin dalla scelta di mantenere il proprio nome di battesimo: Luciano. La proposta di modificare ufficialmente il suo nome al femminile, fatta più volte a Lucy, ha sempre ricevuto infatti una risposta negativa. Il nome non viene visto come un’etichetta per definire il proprio gender, ma rappresenta la memoria dei propri genitori, una memoria che forgia la personalità di Lucy Salani.

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“LE BRUIT DES MOTEURS” DI PHILIPPE GRÉGOIRE

Infiniti titoli di testa, accompagnati da immagini di macchine da corsa che, sgommando, compiono infiniti giri su sé stesse, aprono il primo lungometraggio di Philippe Grégoire, presentato in concorso al TFF39. Il film, non rinunciando a un pungente umorismo, racconta uno squarcio della vita di Alexander Mastrogiuseppe (Robert Naylor), cresciuto a Napierville, sperduto e dimenticato paesino canadese, che si allontana dal suo luogo natale per lavorare alla dogana tra U.S.A. e Canada. Grégorie racconta lo stesso percorso che ha vissuto lui passando dalla vita nel suo paesino natio al lavoro come doganiere per potersi pagare gli studi di cinema. La migrazione verso un mondo altro è solo uno dei punti di contatto tra la vita del regista e quella del protagonista. Grégorie si concentra infatti proprio su quell’humus culturale cui lui stesso è legato grazie alla pista per gare automobilistiche che i suoi nonni costruirono a Napierville.

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“BERGMAN ISLAND” DI MIA HANSEN-LØVE

La regista francese Mia Hansen-Løve, con Bergman Island, costruisce un film che, riprendendo i temi a lei cari e mettendo in discussione il suo stile di sceneggiatura, si trasforma in una profonda (auto)riflessione sul processo creativo dell’artista. Per far ciò, mette in scena un vero e proprio alter ego, che ha le fattezze di Chris Sanders (Vicky Krieps), regista e sceneggiatrice. Chris, in compagnia del marito Tony (Tim Roth), anch’egli cineasta, si stabilisce per un’estate a scrivere il suo prossimo film sull’isola svedese di Fårö, celebre residenza di Ingmar Bergman.

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“LINGUI” DI MAHAMAT-SALEH HAROUN

In lignua ciadiana, la parola “Lingui” indica il precetto di convivenza armonica tra i membri di una comunità. Non è specificato da quanti membri tale comunità debba essere costituita, e l’armonia che regola la loro convivenza può essere spezzata da fattori di vario tipo. Nel caso di Amina (Achouackh Abakar), venditrice ambulante di cesti ricavati da reti metalliche, e di sua figlia Maria (Rihane Khalil Ario) si tratta della gravidanza indesiderata di quest’ultima, che potrebbe potenzialmente distruggere le loro esistenze. Da una parte il terrore di subire l’ostracismo della comunità islamica conservatrice di cui fanno parte, dall’altra la prospettiva ancora più spaventosa di far abortire la ragazza. Nonostante l’apparente impossibilità di portare a compimento una simile impresa, Maria è determinata a non tenere il bambino e Amina non potrà non starle accanto.

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“PICCOLO CORPO” DI LAURA SAMANI

Laura Samani parte da elementi bassi con cui si sporca le mani: l’acqua e il sangue, il latte e le lacrime. Ma soprattutto attinge dai riti e dalle credenze popolari di un villaggio di pescatori in Friuli, una zona lontana dall’avvento del “progresso” e della “modernità” (le lampadine sembrano uno scherzo) sospesa in un tempo quasi astorico, mitico e arcaico. La figlia di Agata, nata morta, non può ricevere battesimo e quindi è destinata a vagare in eterno nel limbo; salvo che la madre si metta in cammino per raggiungere una lontana e fredda val Dolais, dove si trova un santuario del respiro in cui il miracolo accade: il bambino nato morto viene riportato in vita per il tempo di un respiro così che possa essere battezzato e avere un nome.

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“RAMPART” DI MARKO GRBA SINGH

Il regista osserva l’appartamento vuoto in cui ha vissuto per venticique anni. E’ in vendita, è spoglio. I muri, nudi e lividi, evocano ricordi, suscitano sondaggi profondi nella memoria. Il film prende le mosse da una casa vuota che si riempie, nella penombra, del vissuto d’infanzia di chi l’ha abitata. Presentato in concorso Internazionale Doc al TFF39, il documentario di Marko Grba Singh raggiunge un grado d’intimità potente. Quasi un memoriale cinematografico, Rampart afferra e rielabora il passato percorrendo la storia personale del regista e, con essa, un estratto doloroso della storia del suo paese: la guerra che, come un temporale improvviso, colpì Belgrado il 24 marzo del 1999.

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“LA CHICA NUEVA” BY MICAELA GONZALO

Article by Laura Anania

Translated by Gianluca Zogno

Micaela Gonzalo joins TFF39 with her first full-length film, which follows a young Argentinian girl called Jimena (Mora Arenillas) along her journey towards self-awareness and personal growth.

Her path is marked by the dualities between solitude and companionship, between individual and universal and between family and work. The protagonist must solve these issues in order to find her own place in the world.

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“BANGLA – LA SERIE” BY PHAIM BUYAN AND EMANUELE SCARINGI

Article by Alessandro Pomati

Translated by Francesca Schiavello and Benedetta Di Fiore

It was 2019 when the Italian audience got to know the world that the debuting director Phaim Buyan brought to the big screen in Bangla, his first work: a gentrified, suburban, Roman world (the events of the film took place in “Torpigna”, short for Tor Pignattara), perfect for the zoomers generation; an ironic world, sometimes even cynical when it comes to the condition of second generation immigrants and their difficult process of integration; a world and an atmosphere perfectly recognizable by those born in the second half of the nineties onwards.

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“ALL LIGHT, EVERYWHERE” BY THEO ANTHONY

Article by Cristian Cerutti

Translated by Francesca Luna Lombardo

One eye turns to the camera. The camera enters to examine the optic nerve from which the connections to the brain branch off, while the cold, unaffected voice-over explains how it is responsible for reconstructing the data received. However, the reconstruction is never impartial. It’s always influenced by the cultural structures in which we are immersed. The opening sequence of All Light, Everywhere immediately reveals the intention behind the visual essay directed by Theo Anthony: to overturn the dialectic between observer and observed. At the same time it demonstrates how, historically, it has been concealed by observers to hide the connection between dialectics and the management of power.

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